I due giovani erano quindi in strada da due ore buone verso il misterioso bosco con preoccupazione. Era sicuramente pieno di insidie, e sarebbero dovuti restare attenti.
Arrivarono al suo limitare sotto la luce tramontante del giorno, e sembrava il luogo dei bagliori scintillanti. L’inizio dell’autunno non toglieva niente alla bellezza dello spettacolo: alle tinte ancora verdi dell’estate si mescolavano i toni arancioni e rossastri della stagione appena iniziata, su un fondo pittoresco tappezzato di foglie gialle.
Sembrava lo schizzo di un dipinto passionale. Erano stati messi in guardia contro la bellezza del paesaggio? Il pensiero divertì Naëli che ne approfittò al massimo. Le chiazze di luce si dividevano sul terreno, riflettendo il sole come in un incantesimo. Il Lupo di mare passò sotto le fronde degli alberi e si addentrò nella foresta su una larga pista delimitata da ciottoli rotondi.
L’atmosfera selvatica era rafforzata dagli odori campestri che circondavano i ragazzi, e dal silenzio interrotto da pigolii di uccelli appena usciti dal nido. Naëli si ritrovò a sognare ad occhi aperti, persa nei ricordi.
Aveva sempre amato le foreste, a cominciare dal piccolo bosco che cresceva sul terreno vicino a casa sua, a Sarmajor. Nella sua infanzia, adorava passeggiarci con sua madre, che non mancava mai di insegnarle a rispettare gli alberi, le pietre e gli animali. Ogni cosa faceva parte di un tutto, secondo lei, e disturbare il loro ritmo minacciava l’equilibrio del mondo.
Non c’era una vera e propria religione nei Sette Principati. Nel passato, si era sviluppato un credo basato sull’ascolto della natura e dei suoi bisogni, e aveva conquistato numerosi aderenti. Aveva dato inizio a diversi culti legati agli elementi che si disputavano la supremazia mistica, ma l’industrializzazione li aveva spazzati via come pagliuzze.
Alla fine, era quello che Naëli aveva imparato dalle lezioni di sua madre. Era stata educata al rispetto di queste tradizioni puritane, che non piacevano in realtà più di tanto a suo padre. Oggi, nonostante la tragica scomparsa di sua madre, Naëli era fiera di aver conservato questa sensibilità per gli esseri viventi e le cose della vita in un contesto di noncuranza sempre più grande nei loro confronti.
La moto fece una sbandata a destra, riportando bruscamente la ragazza alla realtà.
-Joan! Che succede?
Il ragazzo scosse la testa vigorosamente.
-Scusami. Mi sono lasciato distrarre da… da niente.
Piombò in un silenzio profondo. Se Joan stava sperimentando i suoi stessi pensieri, era inquietante. Propose timidamente:
-Dovremmo fare una pausa magari. Sarebbe più prudente.
Era sicura che lui avrebbe rifiutato. Invece, rallentò il Lupo di mare e si fermò. Scesero dalla moto che lui stese sul fianco in mezzo all’erba alta prima di dire:
-Piccola pausa, allora. Cinque minuti e ripartiamo. Vado…ehm…in bagno.
Si allontanò nel bosco per soddisfare i suoi bisogni. Naëli pensò che avrebbe fatto bene a fare lo stesso, dato che avevano ancora una lunga strada da percorrere.
Cercò un piccolo cespuglio dove nascondersi e abbassò la parte bassa del suo abito.
Come si stava bene, lì. Ci sarebbe rimasta per sempre da quanto era piacevole.
Ma bisognava ripartire. Si alzò e rifece il cammino al contrario.
La moto era scomparsa.
Nessuna traccia del suo passaggio nella boscaglia.
Naëli aggrottò le sopracciglia, sbalordita.
-Joan? Chiamò, preoccupata. Joan, dove sei?
Nessuna risposta.
Si mise a correre in tutte le direzioni chiamandolo a perdifiato, vinta piano piano dal panico. I cespugli diventavano più densi, e la luce del sole tramontava. Si perse completamente e finì per rendersi conto che sarebbe stata incapace di ritrovare il suo cammino.
Il suo cammino verso dove, dopotutto?
Era come se tutto fosse svanito, come se avesse cambiato epoca in mezzo a queste fitte radure. E Joan era sempre invisibile. Si rimise a correre, il fiato corto. La sua tunica s’impigliò nei rami e si strappò mentre i rovi colpivano la sua carne e laceravano la sua pelle.
Mentre scavalcava dei cespugli che aveva l’impressione di vedere per la quarta volta, il terreno si spalancò sotto i suoi piedi.
Si sentì cadere.
E poi niente.
***
Riprese conoscenza un po’ stordita in una caverna scura scavata nella roccia. Tastò il suo volto alla ricerca di contusioni, ma la sua caduta era miracolosamente avvenuta senza danni. Constatato che la sua salute non era oggetto di preoccupazioni, si mise ad osservare i dintorni.
Il primo riflesso da avere scoprendo un posto sconosciuto: ripararsi.
Mentre i suoi occhi si abituavano all’oscurità, distinse una debole luce sopra la sua testa. Era probabilmente caduta attraverso un piccolo tunnel fino a quel sottosuolo. Tentò di arrampicarsi aggrappandosi alle pareti, ma queste erano bagnate da qualche sorgente sotterranea e la facevano scivolare come se fossero ricoperte d’olio.
Rinunciò con un’imprecazione, poi si mise a tastare la roccia alla ricerca di un’altra uscita. Per fortuna, trovò rapidamente un’apertura, e ci si infilò.
Avanzò per qualche metro, poi intravide una sorgente di luce blu davanti a lei. A tentoni lungo le pareti, si diresse istintivamente verso la luce e finì per sfociare in una grande grotta.
Uscì dal tunnel gemendo, poi si tolse la polvere dagli abiti con cura. Prima di alzare la testa, e di aggrottare le sopracciglia con stupore.
Non era tanto in una grotta quanto… in un posto vissuto. Con sua grande sorpresa, il posto sembrava abitato.
Un muro di ghiaccio occupava tutto il fianco della sala. Era da là che proveniva il bagliore. Il resto era abbastanza semplice, sprovvisto di qualsiasi mobilio o decorazione, ma tenuto troppo bene per essere selvaggio. E poi, certi elementi, come dei manoscritti sparsi, o dei resti di alimenti allineati con pazienza, testimoniavano la presenza di un oste misterioso.
Doveva essere un rifugio di passaggio.
Un sorriso si dipinse sul volto di Naëli.
Il posto doveva per forza avere una via di accesso.
Stranamente, si sentiva calma, lì. La sua paura se ne era andata. In quel luogo regnava una pace straordinaria, come se si trovasse nel cuore della foresta. Studiò le pareti, le accarezzò con la punta delle dita, e riempì i suoi polmoni di aria fresca. Quel posto era un’oasi di pace.
Ma la cosa più accattivante era il ghiaccio che occupava il fondo della sala. Avvicinandosi, Naëli scoprì sulla sua superficie un insieme di caratteri delicatamente scolpiti nel ghiaccio.
“Non c’è niente di più delicato né di più fragile. Ma niente è così distruttivo. Allo stesso tempo multiplo e singolo, visibile e invisibile, ci serve per vivere”
L’ intuito suggerì a Naëli che era questo l’enigma per entrare nel rifugio, che doveva essere riservato agli iniziati.
Immaginò di usare i suoi poteri sull’ostacolo, ma l’acqua in forma solida le aveva sempre resistito, richiedendole una concentrazione fenomenale per un risultato mediocre.
Come se la natura solida rendesse l’esercizio più difficile, e pretendesse una padronanza migliore del suo potere.
Si pizzicò le labbra realizzando che risolvere l’enigma era l’unico modo per uscire da lì.
Si mise a riflettere.
Cos’è allo stesso tempo debole, forte, unico, multiplo, visibile ed invisibile? Era