Shelley passò silenziosamente una foto alla sua partner. Mostrava un cadavere annerito e contorto, quasi al punto da essere irriconoscibile come essere umano. Sembrava un oggetto di scena, piuttosto che una persona in carne e ossa. Tanto di cappello a chi era riuscito a determinare la causa della morte, pensò Zoe. Deve essersi trattato di un lavoraccio.
C’era un’altra foto nel dossier, l’immagine sorridente di un giovane uomo. Mostrava John Dowling in vita; probabilmente era stata presa da uno dei suoi account social. Si trovava in una stanza piuttosto buia, e sullo sfondo erano visibili delle persone: probabilmente si trattava di una festa. Il ragazzo sembrava felice.
“Al momento abbiamo qualche indizio su di lui? Nemici, rancori?”
“Ancora niente. L’indagine è in corso.”
“Ok. E la seconda vittima?”
Shelley chiuse il primo dossier e prese il secondo, respirando con la bocca. “Storia simile. Sgozzata, poi bruciata. Una giovane donna, Callie Everard. Circa venticinque anni. Era anche bella.”
Zoe riuscì a stento a trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo. La stupiva sempre il fatto che le persone, persino la sua esimia partner, dessero importanza a cose del genere. Giovane, vecchia, carina, brutta, magra, grassa: un morto era un morto. Ogni vita tolta era qualcosa sui cui investigare, ogni assassino qualcuno da punire. I particolari facevano poca differenza.
“Il luogo?”
“Questa volta è successo tutto nello stesso vicoletto. Sembra che l’assassino si sia avvicinato a lei, le abbia tagliato la gola, abbia aspettato che morisse e poi le abbia dato fuoco. Almeno ha avuto un po’ di pietà. A quanto pare, non era cosciente quando è stata bruciata.”
In questo caso, Zoe condivideva il sentimento della sua partner. C’erano pochissimi modi piacevoli di morire, ed essere bruciati non faceva parte di quella lista ristretta. “Cosa sappiamo di lei? Era stata forse presa di mira in qualche modo?”
“Gli agenti locali non hanno ancora finito di indagare. È stata trovata ieri, e sono riusciti a identificarla soltanto stamattina presto. Hanno informato i suoi familiari, tutto qui.”
Zoe cercò le foto. Questo cadavere era meno ustionato, anche se leggermente. Era comunque possibile capire che si trattava di una donna, e sul cadavere c’erano ancora brandelli di carne rossa e cruda che spiccavano su quella massa annerita.
“Riesci a capire qualcosa dalle immagini?” domandò Shelley.
Zoe alzò lo sguardo e si rese conto che la sua partner la stava osservando intensamente. “Non ancora. Non vedo niente di utile. il fuoco distrugge le cose, le altera. Non riuscirei neanche a stabilirne in modo attendibile l’altezza e il peso, se non avessimo i rapporti medici.”
“Entrambi giovani e in forma. Forse si tratta semplicemente di un delitto passionale. Magari avevano un amico in comune, o un ex amico, che ha perso la testa e ha deciso di sistemare la cosa a modo suo.”
“Magari.” Zoe sospirò e appoggiò la testa al sedile. Perché gli aeroplani dovevano essere sempre così scomodi? Aveva letto che i passeggeri in prima classe avevano dei letti. Figuriamoci se l’FBI metterebbe a disposizione dei suoi agenti qualcosa del genere.
“Allora, come vanno le cose?” chiese Shelley. Ripose i dossier nel suo bagaglio a mano e si accomodò sul sedile con un’espressione di complicità. “Sei uscita con John ieri sera?”
Era venerdì sera, e John sembrava felice del modo abituale con cui Zoe portava avanti la propria vita. Le stesse cose alla stessa ora. L’unica differenza era il luogo di incontro. “Sì.”
“E …?” domandò Shelley con impazienza. “Dettagli, Z. Sta andando bene tra di voi, vero?”
Zoe scrollò le spalle, voltando nuovamente la testa verso il finestrino. “Abbastanza bene, credo.”
Shelley si lasciò sfuggire un sospiro di insofferenza. “Abbastanza bene? Cosa vuol dire? Lui ti piace o no?”
“Ovvio che mi piace.” Zoe aggrottò la fronte. “Altrimenti per quale motivo ci uscirei tanto spesso?”
Shelley esitò, il suo riflesso nel finestrino inclinò lateralmente la testa. “Mi sembra giusto. Anche se ci sono persone che continuano a uscire insieme senza provare una vera e propria attrazione. Ma tu hai capito cosa intendo. I vostri incontri stanno diventando seri?”
Zoe chiuse gli occhi. Forse, così facendo, Shelley avrebbe capito l’antifona. “Non so cosa voglia dire, e comunque non credo di voler rispondere.”
Shelley si zittì e non disse nulla per un po’. Poi, silenziosamente, aggiunse: “Lo sai, non devi continuare a respingermi. Sai che puoi fidarti di me. Non dirò niente a nessuno. Non ho tradito il tuo segreto, o sbaglio?”
C’era la piccola questione di quella volta in cui Shelley aveva detto al loro superiore, Maitland, che Zoe era “brava in matematica”; ma Zoe non ritenne utile rivangare quell’argomento.
Non rispose, almeno non subito. Cosa avrebbe potuto dire? Certo, era parecchio riservata, lo era sempre stata. Doveva giustificare anche quello? Prima la dottoressa Monk, e adesso Shelley, stavano parlando come se lei avesse un problema. Come se fosse assurdo che una persona volesse tenere per sé la propria vita privata.
“Non capisco neanche perché continui a tenerlo segreto,” continuò Shelley. “Potresti davvero fare del bene.”
“Come?”
“Mettere a frutto le tue capacità. Catturare gli assassini.”
“Catturo già gli assassini.”
Shelley sospirò. “Sai cosa voglio dire.”
“No, in realtà non lo so,” rispose Zoe, più propensa che mai a cambiare discorso. “Quanto manca per arrivare?” Iniziò a battere le dita sullo schermo che aveva di fronte, cambiando pagina per mostrare il percorso e la posizione del loro volo, anche se sapeva perfettamente dove si trovassero e quanto tempo mancasse all’arrivo.
“Dovresti rifletterci su, comunque,” disse Shelley. “Mi pare che tu sia più felice quando hai attorno persone che conoscono il tuo segreto. Ti irrigidisci, tieni tutto dentro, quando credi che non sia sicuro. Forse, in generale, la tua vita sarebbe più facile se tutti sapessero.”
“Cinquantasei minuti,” disse Zoe, come se non l’avesse ascoltata. “Dovremmo prepararci. Ci converrà dirigerci direttamente sulla scena del crimine più recente dall’aeroporto. Hai l’indirizzo?”
Shelley non disse nulla, limitandosi a rivolgerle uno sguardo prolungato e strano prima di tornare ai dossier e cercare le informazioni di cui avevano bisogno.
CAPITOLO CINQUE
Zoe strizzò gli occhi, guardando su e giù per il vicoletto e verso il cielo. Era una giornata limpida e chiara. Sulle loro teste si intravedeva una sottile striscia color celeste che si restringeva in lontananza, incorniciata dai sudici mattoni dei palazzi e dei magazzini.
Questo posto era decisamente distante dal lusso e dalle palme ondeggianti di Beverly Hills. Le strade e i marciapiedi erano rotti e scoloriti, e l’edificio più vicino alla fine del vicolo era un rifugio per senzatetto. Eppure, i monolocali che si ergevano sul lato opposto probabilmente costavano più della sua casa d’infanzia nella campagna del Vermont.
Qualcosa era ancora presente nell’aria, nonostante la rimozione del cadavere. Zoe riusciva a sentirne l’odore. Probabilmente non sarebbe andato via per un sacco di tempo. Il fetore di carne umana e capelli bruciati tendeva a rimanere nei paraggi.
Zoe rivolse nuovamente la propria attenzione al suolo e alla macchia creata dal fuoco, che si estendeva lungo l’asfalto della strada e i mattoni, i sacchetti della spazzatura e gli aghi gettati a terra. La maggior parte di quella roba, ormai, era bruciata e contorta su se stessa, trasformata in irriconoscibili forme di plastica nera che si aggiungevano all’odore quasi soffocante.