Kyoko alzò lo sguardo e lui capì che temeva che lui l’avrebbe fermata… in realtà voleva fermarla ma non lo avrebbe fatto. Lei avrebbe fatto la sua scelta.
Annuendo con riluttanza, le prese la mano e la trattenne per un momento, guardandola negli occhi. Capì che aveva una giornata difficile, decifrava i suoi sentimenti attraverso il colore dei suoi occhi… aveva imparato a farlo tanti secoli fa. Desiderava solo che lei ricordasse.
«D’accordo, allora. Ci vediamo domani. Stai attenta, dolcezza.». Chinandosi, le sfiorò la fronte con le labbra e si voltò per andarsene.
Kyoko sorrise, «Grazie, Kotaro.». La fronte le formicolava nel punto in cui le sue labbra calde l’avevano toccata. Era contenta che fosse più facile da gestire rispetto a Toya. Le baciava spesso la guancia, la fronte o la mano, lasciando quel punto sempre accaldato.
Si chiese che cosa avrebbe pensato se avesse saputo che non aveva mai ricevuto un bacio sulle labbra. Nessuno avrebbe mai creduto che, a diciotto anni, era ancora pura… fisicamente. Arrossì di nuovo, sapendo che i suoi pensieri non erano troppo irreprensibili. Era tutta colpa di quel cuore traditore che batteva ogni volta che pensava a lui.
Kotaro aprì la porta ma si fermò e, sorridendo, aggiunse: «Ricorda, sei comunque la mia ragazza.». Se ne andò chiudendo la porta, e sogghignò per quel commento.
Sapeva che lei non avrebbe superato il limite con Toya e non era preoccupato. Anche in passato, quando entrambi si scontravano, lei prendeva sempre le sue difese a scapito di Toya. Aveva sempre amato l’altro ragazzo ma Kotaro sapeva che, in realtà, era innamorata di lui. La velocità del suo battito cardiaco quando erano vicini svelava sempre i suoi veri sentimenti… in questa vita come in passato. Doveva solo aspettare che lei se ne rendesse conto ancora una volta.
Kotaro inspirò, assaporando il suo profumo. Sentiva l’odore della sua purezza e lei non era una persona che prendeva alla leggera una cosa del genere. Era così innocente e quel pensiero fece svanire il suo sorriso. Non era così sicuro di volere che lei scoprisse il lato oscuro di questo mondo… non voleva rischiare la sua felicità. Neanche lui era come lei credeva. Sapeva che Kyoko lo avrebbe accettato in entrambi i modi, ma il ricordo della sua morte gli impediva di parlarle del passato. Alcune cose era meglio non ricordarle.
Mentre usciva dall’edificio e tornava sul marciapiede, Kotaro alzò lo sguardo verso la sua finestra, chiedendosi che cos’avrebbe fatto quando avrebbe scoperto la verità su di lui. Le avrebbe detto tutto… ma non era ancora il momento. Come fai a spiegare che sei più vecchio di qualsiasi essere umano e che hai dei poteri che si vedono solo nei film?
Scosse la testa mentre tornava verso il college, contemplando la sua prossima mossa riguardo alle ragazze scomparse.
Sapeva che cosa stava accadendo e, probabilmente, erano già morte… o non morte, almeno. I suoi occhi brillarono di rabbia per un momento, rivelando il lato oscuro della sua anima di Lycan. Doveva rintracciare l’odore di quei maledetti succhiasangue e di chi li guidava, prima che trovassero di nuovo Kyoko.
Capitolo 3
Kyoko setacciò l’armadio alla ricerca del vestito che Suki l’aveva convinta a comprare lo scorso fine settimana. Ridacchiò tra sé ricordando che Shinbe le aveva seguite per dare dei consigli su qualsiasi cosa volessero. Il clou era stato quando era sgattaiolato nel camerino delle signore.
Da dietro la tendina, si era finto un assistente e aveva chiesto a Suki se aveva bisogno di aiuto con la zip.
Lei aveva risposto di sì e si era voltata. Kyoko era quasi caduta quando Shinbe fu scagliato contro la parete opposta.
Le aveva chiesto come avesse fatto a capire che era lui e la sua amica aveva risposto: «Non credo che permetterebbero a un assistente gay di entrare nel camerino delle signore e, quando ha infilato la mano nel vestito invece di tirare su la zip, si è fatto smascherare.».
«Povero Shinbe.» sospirò Kyoko mentre estraeva una camicetta bianca, corta e arricciata, con maniche di seta che si allargavano dal gomito al polso. La trovava davvero carina, In un certo senso le ricordava la veste di un angelo ma più sexy. Era abbastanza corta da mostrare l’ombelico, con la minigonna nera che le fasciava i fianchi.
Dopo essersi vestita e aver trovato le scarpe adatte, si legò i capelli in uno chignon spettinato, lasciando qualche ciocca libera. Si truccò e indossò una catenina con un ciondolo a forma di goccia, era pronta per andare ovunque Suki avesse intenzione di portarla.
Avrebbe voluto poter dire a Kotaro dove stavano andando, ma nemmeno lei sapeva la risposta. Si morse il labbro inferiore rendendosi conto di sentire la sua mancanza, poi cercò di scacciare la malinconia perché Suki l’avrebbe notata.
L’ultima cosa di cui aveva bisogno era la sua migliore amica che le faceva un milione di domande alle quali non voleva rispondere.
Shinbe si passò le dita tra i capelli mentre si appoggiava allo stipite della porta, sorridendo. Si era precipitato da Suki quando per telefono gli aveva detto di non passare perché sarebbe uscita.
“S’illude se pensa di potersi liberare di me così facilmente.” si disse con un sopracciglio alzato.
Quando lei aprì la porta con i capelli ancora avvolti in un asciugamano, le disse: «Oh… mi sono perso te che facevi il bagno?». Fece un sorrisetto vedendo la sua espressione. Non appena aveva incontrato Suki e Kyoko aveva sentito il bisogno di stare vicino a loro in ogni momento. Spesso uscivano in quattro insieme a Toya.
Suki sapeva che lui si considerava “il suo ragazzo” solo perché era l’unico con cui usciva, ma non gradiva molto la sua petulanza. Tentò di nascondere il rossore che minacciava impadronirsi de suo viso e ribatté: «Ci vorrebbe la candeggina e una palla da demolizione per sgomberare una mente come la tua.».
Lui le si avvicinò mentre i suoi occhi di ametista si oscuravano in modo attraente. «Se mi fai entrare… penso che potrei trovare un motivo per farti fare un altro bagno.» le disse.
Suki sentì il proprio battito cardiaco accelerare al suono della sua voce roca e fece un paio di passi indietro mentre lui faceva alcuni passi avanti, chiudendo la porta dietro di sé. Decidendo di non fargli prendere il sopravvento, gli lanciò uno sguardo di avvertimento e fu ricompensata quando lui si fermò. Se avesse scoperto che effetto aveva su di lei… sarebbe finita davvero nei guai.
«Ascolta, devo finire di prepararmi perché stasera ho un impegno. Te l’ho già detto al telefono, ricordi?» gli disse. Sapeva che sarebbe venuto comunque… se non altro per provare a scoprire dove sarebbe andata.
Togliendosi l’asciugamano dalla testa, si diresse verso il bagno, parlando ad alta voce per farsi sentire: «Possiamo fare qualcosa domani sera, ok?».
Shinbe si appoggiò alla penisola che separava la cucina dal soggiorno. Stava per iniziare a lamentarsi quando il suo sguardo cadde su un volantino poggiato sul ripiano. Lo prese e lo esaminò rapidamente.
Alzò le sopracciglia per quell’illuminazione.
IL CLUB PIÙ GRANDE E FAMOSO DELLA CITTÀ
“CLUB MIDNIGHT”
SPECIALE VENERDÌ SERA
“SERATA AL FEMMINILE”
Le parole “serata al femminile” erano state cerchiate con la penna. Shinbe poggiò il volantino dov’era e si diresse verso il bagno. Nascose il proprio sorriso mentre entrava senza bussare e sgattaiolò dietro Suki, che stava per spazzolarsi i capelli.
«A domani allora.» le sussurrò all’orecchio, poi la baciò su una spalla. Poi si voltò per andarsene senza dire altro.
Suki rimase immobile a fissarsi allo specchio, non le piacevano le vibrazioni che aveva appena sentito. Non era da Shinbe arrendersi senza supplicarla. Essendo troppo bello per essere vero, si affrettò e finì di prepararsi. Temendo che Shinbe avesse in