Mentre remava, considerò il problema centrale della cosa che avrebbe dovuto gestire adesso: un avversario che sembrava così ben protetto da non poterlo sconfiggere. Tanto che il solo tentativo lo avrebbe potuto distruggere.
Ma a Dust questo non importava: lui bramava la distruzione. Se gli fosse piombata addosso, l’avrebbe accolta a braccia aperte.
“No,” disse a se stesso. “Non prima di fare ciò che devo.”
Per quanto riguardava il farlo effettivamente, avrebbe trovato un modo. Lui era un Angarthim, con tutto l’addestramento che ne conseguiva. Forse lui era davvero l’unico che poteva farlo. Poteva scivolare silenziosamente sull’isola, e…
“Non funzionerà,” disse. Fu un’occhiata alle nubi sopra all’isola a dirglielo. I segni erano pieni di morte e di ciò che la anticipava. Lui poteva anche essere furtivo, ma avrebbe fallito e sarebbe morto. Doveva trovare un altro modo.
Dust ora lasciò che la barca andasse alla deriva, sapendo che le correnti del punto in cui si trovava l’avrebbero portato all’isola che voleva. Prendendo uno dei remi e il più affilato tra i suoi coltelli, iniziò a intagliare. Avrebbe potuto farne un altro se fosse sopravvissuto a questo.
Tagliuzzava il legno con mani sicure, raschiando riccioli dal manico del remo fino a che iniziò a formarsi una punta. Dust la rifinì con decisione mentre la corrente lo trascinava verso l’isola, trasformando il bastone in una cosa affilata come l’acciaio, producendo un giavellotto leggero, equilibrato e letale.
Prendendo una borsa che teneva alla cintura, Dust mescolò il contenuto con acqua di mare, poi vi immerse la punta della lancia appena creata. Il legno sibilò a contatto con la pozione che aveva creato. Dust gettò la borsa in mare: era troppo pericolosa per toccare adesso ciò con cui la polvere era venuta a contatto.
Si avvicinò di più alla costa, e già poteva sentire l’attrazione verso l’isola in quel frastornante e dolce profumo che sembrava riempire ogni poro, facendogli provare il desiderio di avvicinarsi.
La donna uscì dalla foresta, ed era la creatura più bella che Dust avesse mai visto, anche se parte del suo cervello vide anche oltre, in quel momento. Vide una donna che era tutto ciò che aveva sempre voluto, e allo stesso tempo vide gli artigli.
Lanciò il giavellotto. L’arma volò in aria e la donna ruotò su se stessa, veloce come un serpente, rimanendo solo sfiorata. La punta graffiò la pelle, e Dust poteva solo sperare che il veleno facesse il suo lavoro.
Ma la creatura non cadde. Invece il profumo attorno a Dust si intensificò, e lui capì che doveva lanciarsi in avanti, tuffandosi in acqua e trascinando la sua barca sulla spiaggia.
Lei lo stava aspettando, e lui si rese conto di cos’era. Era impossibile, perché la sua bellezza gli faceva male solo a guardarla. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei in quel momento. Qualsiasi cosa.
“Sono Lethe,” disse lei, con voce morbida come il miele. “Tu come ti chiami?”
“Dust,” le rispose lui.
“E mi ami, Dust?”
“Ti amo,” confermò lui.
Lethe fece un passo verso di lui, le braccia aperte, la sua bellezza completa, perfetta, assoluta.
“Pensavi davvero che la tua piccola lancia mi potesse uccidere?” gli chiese. La sua bocca era schiusa in un sorriso che era allo stesso tempo bellissimo e troppo pieno di denti.
“No,” ammise Dust.
“No?” La cosa parve prendere Lethe di sorpresa.
“Il veleno che contiene non uccide. Non avevo niente che potesse ucciderti. Ma ho delle cose che ti possono indebolire.”
“Indebolirmi?” Dust poteva sentire ora la paura nella sua voce.
“Ti amo, ma sono un Angarthim, e noi possiamo uccidere coloro che amiamo, se il fato lo richiede.”
Dust colpì con un coltello, la lama che volava contro la gola della donna. Lethe non ebbe neanche il tempo di gridare. Cadde e basta. Dust aveva reso la sua fine il meno dolorosa possibile, perché cos’altro poteva fare per qualcuno che amava così tanto?
Si inginocchiò lì e pianse nel suo dolore. Pianse sia per ciò che aveva perso in Lethe, e perché doveva ancora essere l’assassino che era stato.
A Dust parve di metterci un secolo prima di sentirsi sufficientemente forte da alzarsi di nuovo in piedi e inoltrarsi nell’isola. Il posto sembrava diverso ora, morto come la creatura che prima lo governava, privo di vita e silenzioso mentre Dust cercava.
Trovò quello che stava cercando poco distante dalla capanna, gettato in un mucchio, come se semplicemente fosse roba di nessuna importanza. In effetti, immaginò Dust, non aveva avuto importanza confronto all’amore di Lethe. Dust prese la spada di cristallo, togliendola dal fodero solo per poter ammirare come la lama brillava alla luna prima di riporla. La avvolse nell’armatura, prendendo entrambe e tornando in direzione della sua barca.
Ci mise un’altra ora a intagliare un altro remo, un’ora dopo di questo per raccogliere frutti e acqua fresca dalla foresta. Dust caricò tutto sulla barca e la spinse in acqua.
Iniziò a remare verso la terraferma, sapendo che il destino era lì davanti, per lui, per Royce, per tutti.
CAPITOLO TRE
Genevieve stava scoprendo che la vita alla corte del re era diversa rispetto a quella che conduceva al palazzo del padre di Altfor. Prima di tutto, la gente la guardava come se fosse effettivamente una nobile, piuttosto che lanciarle occhiate commiserevoli e di sprezzo che sottolineavano la sua origine da ragazza contadina portata via dalla sua vita precedente.
E in secondo luogo, c’era la costante sensazione di minaccia che proveniva dal sapere che ogni passo falso la poteva far ammazzare.
“Gli uomini di Lord Ber saranno qui prima dell’offensiva finale contro il nemico?” chiese re Carris a un consigliere, alzandosi dal suo trono e camminando avanti e indietro nella sala dei convegni dove stava discutendo i suoi piani.
“Non ci sono ancora notizie, mio re,” disse l’uomo.
“Il che significa che non ha in programma di venire qui,” rispose il re con tono secco. “Sta aspettando di vedere chi vincerà. Le nostre possibilità sembrano così misere?”
“No, mio re,” disse l’uomo. “Devo inviargli altri messaggi?”
“Solo uno,” disse re Carris. “Digli che se non porta i suoi uomini dal mio esercito in tempo, ucciderò lui e la sua famiglia, e chiunque altro si metta dalla sua parte. Questa è una lotta contro la gente che vuole portarmi via il regno: se non si unisce a me in questa battaglia, allora è un mio nemico.”
“Subito,” rispose l’uomo.
Arrivarono altri consiglieri e messaggeri, ciascuno con alcuni frammenti di notizie sull’imminente conflitto. Un lord venne avanti e si inginocchiò.
“Mio re,” disse. “Sono Sir Verris di Yall. Ho portato trecento uomini con me al servizio del vostro esercito.”
“Avete la mia riconoscenza, Sir Verris,” rispose il re. “Verrete ricompensato. Il vostro posto sarà con la fazione che attaccherà da nord.”
Genevieve stava verso il fondo della folla di gente, cercando di prendere nota dei nomi e dei numeri, man mano che gli uomini venivano a giurare fedeltà alla causa del re. Si sarebbe scritta ogni cosa per essere certa di avere tutto per le mani, ma qualcuno l’avrebbe vista.
Altfor l’avrebbe vista. Lui si trovava più avanti, dove poteva essere notato da tutti, il più vicino possibile al re. Anche così, però, i suoi occhi sembravano sempre seguire Genevieve, sfidandola a fare un errore nel pericoloso gioco che stava conducendo.
“Jani