E in quel momento iniziarono le grida, in mezzo alle ombre, mentre Rose e Ramirez riempivano la stanza con le loro urla agonizzanti.
Ancora al tavolo, Jack la supplicò: “Per l’amore del cielo, fai qualcosa!”
Fu allora che Avery scattò a sedere sul letto, con un grido tra le labbra. Accese la lampada sul comodino con mano tremante. Per un istante ancora, vide l’enorme stanza tutta intorno a sé, che lentamente svanì, cacciata dalla luce e dalla veglia. Fissò la camera da letto ancora nuova della sua cabina e per la prima volta si chiese se lì si sarebbe mai sentita a casa.
Si ritrovò a pensare alla chiamata di Connelly. E poi al pacco di Howard Randall.
La sua vecchia vita la perseguitava nei sogni, certo, ma stava anche invadendo quella nuova esistenza isolata che aveva cercato di costruire per se stessa.
Sembrava che non avesse via di scampo.
Ma forse, solo forse, era il momento di smetterla di fuggire.
CAPITOLO CINQUE
Non appena aveva smesso di bere nei momenti più miserabili del suo periodo di lutto, aveva lentamente sostituito il consumo d’alcool con quello di caffeina. Mentre leggeva beveva solitamente due tazze di caffè intervallate da una Diet Coke. Per quel motivo, dopo qualche settimana, aveva cominciare a soffrire di mal di testa se passava più di un giorno senza caffeina. Non era il modo più sano di vivere ma era certo meglio che affogare la disperazione nell’alcol.
Era per quello che il giorno seguente, dopo pranzo, si ritrovò in un bar. Era uscita principalmente per fare la spesa, avendo finito il caffè alla cabina, e avendone bevuta solo una tazza di prima mattina, le serviva una rapida dose prima di tornare a casa a concludere la giornata. Aveva un libro che voleva finir di leggere e stava anche pensando di tornare nei boschi per provare di nuovo a dare la caccia ai cervi.
Il bar era uno dei posti più alla moda della zona, e c’erano quattro persone curve dietro i loro Macbook nel locale. La fila alla cassa era lunga, persino per quell’ora del pomeriggio. In tutto il posto riecheggiava il brusio di conversazioni, il ronzio delle macchine dietro al bancone del ber e la televisione tenuta a basso volume in un angolo del locale.
Avery arrivò alla cassa, ordinò il suo chai con doppia dose di espresso e si accomodò nell’area d’attesa. Passò il tempo guardando la lavagnetta di sughero piena di volantini di eventi locali: concerti, rappresentazioni teatrali, raccolte di denaro…
E poi notò la conversazione alle sue spalle. Fece del suo meglio per non far capire che stava origliando, tenendo gli occhi fissi sulla lavagnetta degli eventi.
C’erano due donne alle sue spalle. Una era sulla ventina, e portava stretta al petto una fascia per neonati. Il bambino dormiva in silenzio appoggiato a lei. L’altra aveva qualche anno di più, un drink in mano e non sembrava pronta a uscire dal locale.
Entrambe erano concentrate sulla televisione dietro il bancone. Conversavano a bassa voce, ma lei le sentiva ugualmente con facilità.
“Mio Dio… hai sentito questa storia?” stava dicendo la madre.
“Sì,” rispose la seconda donna. “È come se la gente stesse inventando modi sempre nuovi per farsi del male. Che razza di cervello devi avere per inventarti una cosa del genere?”
“Sembra che non abbiano ancora trovato quel maniaco,” disse la madre.
“E probabilmente non lo faranno,” rincarò l’altra. “Se potessero catturare questo tizio, ormai avrebbero già fatto qualcosa. Accidenti… Riesci a immaginare la famiglia della vittima, quando ha scoperto che fine ha fatto al telegiornale?”
Il barista chiamò il suo nome e le tese la bevanda da dietro il bancone, ed Avery distolse subito l’attenzione da loro. Accettò il bicchiere, e voltata verso la televisione, si permise di guardare il telegiornale per la prima volta dopo quasi tre mesi.
Circa una settimana prima era morto un uomo alla periferia della città, in un appartamento di una palazzina diroccata. Non una semplice morte, era piuttosto chiaro che si trattasse di un omicidio. La vittima era stata ritrovata nel suo armadio, coperta di ragni di varie specie. La polizia stava lavorando sull’ipotesi che si trattasse di un omicidio premeditato, dato che la metà dei ragni non era originaria della regione. Nonostante l’abbondanza degli animali, sul corpo erano stati trovati solo due morsi e nessuno era di un ragno velenoso. Secondo il notiziario, fino a quel momento la polizia ipotizzava che fosse morto per strangolamento oppure per un attacco cardiaco.
Sono due cause di morte piuttosto diverse, pensò Avery tra sé e sé, mentre si voltava lentamente.
Non poté evitare di chiedersi se fosse quello il caso per cui Connelly l’aveva chiamata tre giorni prima. Un caso molto particolare e, fino a quel momento, senza alcuna risposta certa. Già… probabilmente è questo, rifletté.
Con il suo drink in mano, Avery uscì dal locale. Aveva tutto il pomeriggio davanti a sé, ma anche un’idea piuttosto chiara su come l’avrebbe passato. Che le piacesse o meno, avrebbe studiato i ragni.
***
Avery passò il resto del pomeriggio a familiarizzare con il caso. La storia stessa era così macabra che non ebbe problemi a trovare molte fonti diverse. Alla fine dei conti, aveva almeno undici diverse fonti affidabili che raccontavano cosa era successo all’uomo di nome Alfred Lawnbrook.
Il padrone di casa di Lawnbrook era entrato nel suo appartamento dopo che per l’ennesima volta l’affitto era stato in ritardo e subito aveva capito che c’era qualcosa che non andava. Leggendo, Avery si ritrovò a fare un parallelo con la sua recente esperienza con Rose e l’affittuario, e quel pensiero la inquietò. Alfred Lawnbrook era stato infilato nel ripostiglio della sua camera da letto. Era stato ricoperto dalle ragnatele di almeno tre diversi ragni, e morso due volte. I morsi, come aveva detto anche il notiziario al bar, non erano stati particolarmente letali.
Anche se non era stato possibile un conteggio accurato, una stima plausibile di quanti ragni ci fossero stati sulla scena del delitto si aggirava intorno ai cinque o seicento. Alcuni di essi erano esotici e non avrebbero dovuto trovarsi in un appartamento a Boston. Un aracnologo era stato chiamato per aiutare con il caso e aveva sottolineato che almeno tre specie non erano nemmeno originarie dell’America, men che meno del Massachusetts.
Quindi è stato intenzionale, pensò Avery. E anche molto ben pianificato. Tutta questa pianificazione indica che con ogni probabilità il colpevole lo farà di nuovo. E se lo farà di nuovo e nella stessa maniera, potrebbe essere possibile rintracciarlo e catturarlo.
Il rapporto del coroner diceva che Lawnbrook era morto per un attacco di cuore, probabilmente per la paura della situazione. Ovviamente, dato che nessuno era stato presente durante l’omicidio, in realtà poteva essere successo di tutto. Nessuno sapeva niente di certo.
In effetti era un caso interessante… anche se un po’ macabro. Avery non aveva molte fobie, ma i grossi ragni erano in cima alla sua lista di Cose Di Cui Poteva Fare A Meno. E anche se non erano state rilasciate al pubblico immagini della scena (per fortuna), poteva solo immaginare come doveva essere stata.
Una volta che si fu aggiornata, Avery rimase a fissare fuori dalla sua finestra sul retro per un po’. Poi andò in cucina muovendosi in silenzio, come se avesse paura di essere scoperta. Tirò fuori la bottiglia di bourbon per la prima volta dopo mesi e si versò un bicchierino. Lo prese in fretta e afferrò il telefono. Andò sul numero di Connelly e premette CHIAMATA.
L’uomo rispose al secondo squillo, decisamente più fretta del suo solito. Avery immaginò che fosse significativo, considerata la situazione.
“Black,” disse. “Non mi aspettavo di ricevere una tua telefonata.”
Avery ignorò le formalità ed esordì: “Dunque, il caso per cui mi hai chiamata. È quello di Lawnbrook e i ragni?”