Uno Nessuno Centomila. Луиджи Пиранделло. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Луиджи Пиранделло
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 9783963618383
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ho la fossetta, lo so, ma non come tu dici.

      – Entriamo là da quel barbiere, e vedrai, – gli proposi subito.

      Quando l’amico, entrato dal barbiere, s’accorse con maraviglia del difetto e riconobbe ch’era vero, non volle mostrarne stizza; disse che, in fin dei conti, era una piccolezza.

      Eh sì, senza dubbio, una piccolezza; vidi però, seguendolo da lontano, che si fermò una prima volta a una vetrina di bottega, e poi una seconda volta, più là, davanti a un’altra; e più là ancora e più a lungo, una terza volta, allo specchio d’uno sporto per osservarsi il mento; e son sicuro che, appena rincasato, sarà corso all’armadio per far con più agio a quell’altro specchio la nuova conoscenza di sé con quel difetto. E non ho il minimo dubbio che, per vendicarsi a sua volta, o per seguitare uno scherzo che gli parve meritasse una larga diffusione in paese, dopo aver domandato a qualche suo amico (come già io a lui) se mai avesse notato quel suo difetto al mento, qualche altro difetto avrà scoperto lui o nella fronte o nella bocca di questo suo amico, il quale, a sua volta… – ma sì! ma sì! – potrei giurare che per parecchi giorni di fila nella nobile città di Richieri io vidi (se non fu proprio tutta mia immaginazione) un numero considerevolissimo di miei concittadini passare da una vetrina di bottega all’altra e fermarsi davanti a ciascuna a osservarsi nella faccia chi uno zigomo e chi la coda d’un occhio, chi un lobo d’orecchio e chi una pinna di naso. E ancora dopo una settimana un certo tale mi s’accostò con aria smarrita per domandarmi se era vero che, ogni qual volta si metteva a parlare, contraeva inavvertitamente la pàlpebra dell’occhio sinistro.

      – Sì, caro, – gli dissi a precipizio. – E io, vedi? il naso mi pende verso destra; ma lo so da me; non c’è bisogno che me lo dica tu; e le sopracciglia? ad accento circonflesso! le orecchie, qua, guarda, una più sporgente dell’altra; e qua, le mani: piatte, eh? e la giuntura storpia di questo mignolo; e le gambe? qua, questa qua, ti pare che sia come quest’altra? no, eh? Ma lo so da me e non c’è bisogno che me lo dica tu. Statti bene.

      Lo piantai lì, e via. Fatti pochi passi, mi sentii richiamare.
– Ps!
Placido placido, col dito, colui m’attirava a sé per domandarmi: – Scusa, dopo di te, tua madre non partorì altri figliuoli?

      – No: né prima né dopo, – gli risposi. – Figlio unico. Perché?

      – Perché, – mi disse, – se tua madre avesse partorito un’altra volta, avrebbe avuto di certo un altro maschio.

      – Ah sì? Come lo sai?

      – Ecco: dicono le donne del popolo che quando a un nato i capelli terminano sulla nuca in un codiniccio come codesto che tu hai costì, sarà maschio il nato appresso.

      Mi portai una mano alla nuca e con un sogghignetto frigido gli domandai:

      – Ah, ci ho un… com’hai detto?
E lui:
– Codiniccio, caro, lo chiamano a Richieri.
– Oh, ma quest’è niente! – esclamai. – Me lo posso far tagliare. Negò prima col dito, poi disse:

      – Ti resta sempre il segno, caro, anche se te lo fai radere. E questa volta mi piantò lui.

      III. Bel modo d’esser soli!

      Desiderai da quel giorno ardentissimamente d’esser solo, almeno per un’ora. Ma veramente, più che desiderio, era bisogno: bisogno acuto urgente smanioso, che la presenza o la vicinanza di mia moglie esasperavano fino alla rabbia.

      – Hai sentito, Gengè[1], che ha detto jeri Michelina? Quantorzo ha da parlarti d’urgenza.

      – Guarda, Gengè, se a tenermi così la veste mi pajono le gambe.

      – S’è fermata la pèndola, Gengè.

      – Gengè, e la cagnolina non la porti più fuori? Poi ti sporca i tappeti e la sgridi. Ma dovrà pure, povera bestiolina… dico… non pretenderai che… Non esce da jersera.

      – Non temi, Gengè, che Anna Rosa possa esser malata? Non si fa più vedere da tre giorni, e l’ultima volta le faceva male la gola.

      – È venuto il signor Firbo, Gengè. Dice che ritornerà più tardi. Non potresti vederlo fuori? Dio, che nojoso!

      Oppure la sentivo cantare:

      E se mi dici di no,
caro il mio bene, doman non verrò; doman non verrò…
doman non verrò…

      Ma perché non vi chiudevate in camera, magari con due turaccioli negli orecchi?

      Signori, vuol dire che non capite come volevo esser solo.

      Chiudermi potevo soltanto nel mio scrittojo, ma anche lì senza poterci mettere il paletto, per non far nascere tristi sospetti in mia moglie ch’era, non dirò trista, ma sospettosissima. E se, aprendo l’uscio all’improvviso, m’avesse scoperto?

      No. E poi, sarebbe stato inutile. Nel mio scrittojo non c’erano specchi. Io avevo bisogno d’uno specchio. D’altra parte, il solo pensiero che mia moglie era in casa bastava a tenermi presente a me stesso, e proprio questo io non volevo.

      Per voi, esser soli, che vuol dire?

      Restare in compagnia di voi stessi, senza alcun estraneo attorno.

      Ah sì, v’assicuro eh’è un bel modo, codesto, d’esser soli. Vi s’apre nella memoria una cara finestretta, da cui s’affaccia sorridente, tra un vaso di garofani e un altro di gelsomini, la Titti che lavora all’uncinetto una fascia rossa di lana, oh Dio, come quella che ha al collo quel vecchio insopportabile signor Giacomino, a cui ancora non avete fatto il biglietto di raccomandazione per il presidente della Congregazione di carità, vostro buon amico, ma seccantissimo anche lui, specie se si mette a parlare delle marachelle del suo segretario particolare, il quale jeri… no, quando fu? l’altro jeri che pioveva e pareva un lago la piazza con tutto quel brillìo di stille a un allegro sprazzo di sole, e nella corsa, Dio che guazzabuglio di cose, la vasca, quel chiosco da giornali, il tram che infilava lo scambio e strideva spietatamente alla girata, quel cane che scappava: basta, vi ficcaste in una sala di bigliardo, dove c’era lui, il segretario del presidente della Congregazione di carità; e che risatine si faceva sotto i baffoni peposi per la vostra disdetta allorché vi siete messo a giocare con l’amico Carlino dettoQuintadecima. E poi? Che avvenne poi, uscendo dalla sala del bigliardo? Sotto un languido fanale, nella via umida deserta, un povero ubriaco malinconico tentava di cantare una vecchia canzonetta di Napoli, che tant’anni fa, quasi tutte le sere udivate cantare in quel borgo montano tra i castagni, ov’eravate andato a villeggiare per star vicino a quella cara Mimi, che poi sposò il vecchio commendator Della Venera, e morì un anno dopo. Oh, cara Mimi! Eccola, eccola a un’altra finestra che vi s’apre nella memoria…

      Sì, sì, cari miei, v’assicuro che è un bel modo d’esser soli, codesto!

      IV. Com’io volevo esser solo

      Io volevo esser solo in un modo affatto insolito, nuovo. Tutt’al contrario di quel che pensate voi: cioè senza me e appunto con un estraneo attorno.

      Vi sembra già questo un primo segno di pazzia?

      Forse perché non riflettete bene.

      Poteva già essere in me la pazzia, non nego, ma vi prego di credere che l’unico modo d’esser soli veramente è questo che vi dico io.

      La solitudine non è mai con voi; è sempre senza di voi, è soltanto possibile con un estraneo attorno: luogo o persona che sia, che del tutto vi ignorino, che del tutto voi ignoriate, cosi che la vostra volontà e il vostro sentimento restino sospesi e smarriti in un’incertezza angosciosa e, cessando ogni affermazione di voi, cessi l’intimità stessa della vostra coscienza. La vera solitudine è in un luogo che vive per sé e che per voi non ha traccia né voce, e dove dunque l’estraneo siete voi.

      Cosi volevo io esser solo. Senza me. Voglio dire senza quel me ch’io già conoscevo, o che credevo di conoscere. Solo con un certo estraneo, che già sentivo oscuramente di non poter più levarmi di torno e ch’ero io stesso: l’estraneo inseparabile da me.

      Ne avvertivo uno solo, allora! E già


<p>1</p>

Mia moglie, da Vitangelo che purtroppo è il mio nome, aveva tratto questo nomignolo, e mi chiamava così; non senza ragione, come si vedrà.