“Sono a favore,” disse d’un fiato Emily. “Penso che ci sia un mercato che la locanda di Raven potrebbe conquistare. Assicura la ristorazione per gente d’affari e aziende, con conferenze e cose del genere. Io mi occupo più di famiglie, matrimoni e festività. C’è spazio per entrambe.”
Parlò molto velocemente, cercando di spiegarsi prima che la voce le venisse completamente soffocata dal putiferio. Ma fu inutile. Tutti parlavano a voce alta, sovrastandosi uno con l’altro, dirigendo la frustrazione verso di lei, come se fosse lei a essersene uscita con il progetto invece di essere la persona che ne avrebbe subito le conseguenze maggiori, se fosse giunto a termine!
E ancor peggiori erano le espressioni minacciose di Harry e Amy. Sembrava che avesse appena detto la peggior cosa al mondo, che li avesse delusi terribilmente. Ma non sarebbe stato giusto né corretto portare tutti dalla sua parte, dire a Raven di no. Sarebbe stata una cosa assolutamente crudele.
Tutto ciò che poteva fare adesso era sperare che persone sufficienti votassero no, in modo da non dover fare i conti con le conseguenze della propria generosità.
Emily fece un passo indietro, in cerca dell’ombra. Ma in una città piccola come Sunset Harbor non c’era posto dove nascondersi. Aveva voluto la bicicletta, e adesso doveva per forza pedalare.
*
“Che diavolo era, Emily?” domandò Amy una volta che la riunione fu finita. “Penseranno tutti che vuoi andare in bancarotta e rovinare la città!”
La sua amica le aveva permesso di percorrere meno di cinque passi fuori dal municipio prima di dar via all’attacco e fermarla sul primo gradino. Si era fatto più freddo rispetto a quando erano dentro, ed Emily rabbrividiva dall’improvviso abbassamento delle temperature.
Però, nonostante il freddo, aveva le guance calde dall’imbarazzo. Emily odiava fare scenate in pubblico, soprattutto dato che metà della città si stava riversando fuori dal municipio dietro di loro.
“Possiamo parlarne dopo?” disse Emily sottovoce.
“No!” esclamò Amy. “Voglio sapere che cosa ti ha preso. Perché ti abbassi come un cane di fronte a Raven Kingsley?”
“Non è per niente così,” ribatté Emily, colpita dalla ferocia delle parole di Amy. “Solo perché non voglio distruggere il suo sogno non vuol dire che faccia i salti mortali per soddisfare le sue richieste.”
Amy si portò le mani ai fianchi. “Buffo, perché sicuramente la cosa pare così. Cioè, appena l’altro giorno mi stavi raccontando di tutti i dispiaceri dati dal lasciare a casa lo staff per l’inverno e dal non avere prenotazioni. Che cosa credi che accadrà quando avrai una rivale come Raven Kinsgley a offrire stanze e cibo più a buon mercato in un posto migliore? Puoi pure licenziare Harry subito.”
“Ames, ti prego, calmati,” disse dolcemente Emily. Cercò di toccarla, ma Amy la spinse via. Non era una che piangeva, non lo era mai stata, ma Emily notò che aveva il viso rosso dallo sforzo di controllarsi.
“Proprio non ti capisco,” disse Amy voltandosi dall’altra parte. “Non capisco che cosa stai facendo.”
Emily non aveva parole. Era difficile spiegarsi, a parte il fatto che voleva essere una brava persona e diffondere gentilezza. Aveva visto il modo in cui Chantelle aveva risolto il suo problema con Laverne a Halloween e si era sentita mortificata dalla capacità della bambina di donare premure e perdono. L’unico modo in cui riusciva a comprendere la cosa adesso era che scocciare qualcuno non era giusto, a prescindere da tutto.
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