“Immagino che dipenda da chi mi fa da babysitter,” disse Chantelle pensosamente.
“Tu chi vorresti?” chiese Emily.
“Sono contentissima quando dormo dai miei amici,” spiegò, con aria più matura che mai. “Con Bailey e Toby. E preferisco anche che duri poco. Dopo due notti comincio a preoccuparmi.”
“Okay,” disse Emily con un cenno di assenso, contenta di quanto brava fosse stata Chantelle ad articolare i suoi sentimenti e i suoi bisogni in quel momento. “Allora posso vedere se riesco a organizzarmi per farti dormire da Yvonne o Suzanna? E se stiamo via solo per il weekend?”
“Penso che andrebbe bene,” disse Chantelle con un cenno del capo.
Con gran divertimento di Emily, Chantelle allungò una mano per stringere quella di Emily. Emily prese la mano e gliela strinse di cuore.
“D’accordo!”
Proprio allora raggiunsero l’isola, ed Emily vide il peschereccio di cui aveva parlato Daniel attraccato al meraviglioso nuovo molo. Anche se non era passato moltissimo dall’ultima volta che erano stati lì, Emily era comunque molto elettrizzata di vedere i progressi alle capanne. Le strutture principali adesso erano complete, ed erano cominciati persino alcuni dei lavori di architettura del paesaggio. Era davvero emozionante vedere tutto quanto giungere a compimento. E anche un sollievo, dato che le loro entrate al momento si basavano sull’isola! Stu, Clyde ed Evan avevano davvero superato le sue aspettativa e l’azienda che Daniel aveva assunto per gestire il progetto era davvero fantastica.
“Farei meglio ad andare a sentire i ragazzi,” disse Daniel guardando in direzione del rumore delle seghe e dei martelli. “Per vedere com’è andata oggi con quel nuovo fornitore edile. Torno subito.”
Partì alla volta delle capanne.
Emily e Chantelle si sistemarono sulle rocce a guardare il mare. L’acqua oggi era calma, e il panorama della costa del Maine era bellissimo. Era un momento tranquillo, una fetta di pace in una vita altrimenti movimentata.
“Possiamo chiamare adesso nonno Roy?” chiese Chantelle dopo un attimo. “Lo sai che ormai non lo sentiamo da tre giorni.”
Allora Chantelle l’aveva notato, si accorse Emily. Certo che lo aveva notato. Quella bambina era un’osservatrice incredibile, e il fatto che le telefonate quotidiane sue e del padre fossero cessate non era passato inosservato.
“Pensi che stia bene?” chiese Chantelle.
Emily provò un peso sulle spalle.
“Penso di sì,” disse a Chantelle. “Penso che sia ricaduto nella sua vecchia abitudine.”
Anche se Roy aveva promesso di farsi sentire, Emily sapeva che le vecchie abitudini faticavano a morire, e c’erano ancora delle volte in cui gli sforzi di lei si scontravano col silenzio di lui. La cosa la colpiva adesso proprio come quando era più giovane, quando il suo lungo e lento distacco dalla famiglia aveva preso il via a seguito della morte di Charlotte. Si era allontanato da lei a poco a poco e lei, una bambina confusa e spaventata, aveva lasciato che accadesse. Non più. Aveva diritti su suo padre, aveva diritto di chiedergli di stare nella sua vita, di condividere con lui la propria vita e di aspettarsi di sentire lo stesso da lui.
Prese il cellulare e selezionò il suo numero. Lo ascoltò suonare e suonare. Non ci fu risposta. Provò ancora, consapevole che Chantelle la stava guardando in tralice pensierosa. Ogni nuovo tentativo che faceva di mettersi in contatto con lui le rivoltava lo stomaco dall’ansia. Al quinto tentativo si lasciò cadere il telefono in grembo.
“Perché non risponde?” chiese Chantelle con voce triste e spaventata.
Emily sapeva di dover esibire un viso coraggioso per la bambina, ma era davvero dura. “Dorme molto,” disse debolmente.
“Non per tre giorni di seguito,” rispose Chantelle. “Dovrebbe controllare il telefono quando si sveglia, per vedere se l’hai chiamato.”
“Potrebbe non averci pensato,” le disse Emily, tentando un sorriso rassicurante. “Lo sai com’è con la tecnologia.”
Ma Chantelle era troppo intelligente per le scuse di Emily, e non si risollevò davanti alla sua flebile battuta. La sua espressione rimase seria e tetra.
“Pensi che sia morto?” chiese.
“No!” esclamò Emily sentendo la rabbia prendere il posto della preoccupazione. “Perché dici una cosa così brutta?”
Chantelle parve sorpresa dallo scoppio di Emily. Aveva gli occhi sgranati dallo shock.
“Perché è molto malato,” disse docilmente. “Volevo solo dire…” Le svanì la voce.
Emily fece un respiro profondo per calmarsi. “Scusa, Chantelle. Non volevo scattare così. Mi preoccupo molto quando non sento nonno Roy da un po’, e quello che hai detto è il mio incubo peggiore in questi casi.”
Roy. Solo. Morto nel letto senza nessuno accanto. Fece una smorfia al pensiero, il cuore serrato.
Chantelle la guardò con esitazione. Sembrava insicura di se stessa, come se camminasse sulle uova temendo che Emily le avrebbe risposto male di nuovo.
“Ma non c’è modo in cui possiamo saperlo, vero? Se è ancora vivo?”
Emily si costrinse a essere l’adulta che Chantelle aveva bisogno che fosse, anche se ogni domanda la colpiva come se una vecchia ferita le venisse lavata. “Sappiamo che è vivo perché se ne sta occupando Vladi. E se Vladi non ha chiamato, non c’è niente che non va. Era questo l’accordo, ti ricordi?”
Fece affiorare alla mente il viso abbronzato e segnato dal sole di Vladi, il pescatore greco con cui suo padre aveva stretto amicizia. Vladi aveva promesso di tenerla informata sulle condizioni di Roy, anche se Roy invece voleva che i suoi peggioramenti le venissero tenuti nascosti. Che Vladi stesse mantenendo la promessa era un’altra questione, però. A chi sarebbe poi stato più fedele: a lei, una giovane donna che aveva visto per pochi giorni, o al suo amico di una vita Roy?
“Mamma,” disse dolcemente Chantelle. “Stai piangendo.”
Emily si toccò la guancia e scoprì di averla bagnata di lacrime. Se le asciugò con la manica.
“Ho paura,” disse a Chantelle. “Per questo piango. Nonno Roy mi manca tantissimo. Vorrei solo che riuscissimo a convincerlo a venire a stare qui da noi.”
“Anch’io,” disse Chantelle. “Voglio che lui e nonna Patty vivano alla locanda. È triste che siano così lontani.”
Emily avvolse un braccio attorno a sua figlia e la tenne stretta. Riusciva a udire il delicato singhiozzare di Chantelle, e si sentiva malissimo per il ruolo che aveva nell’infelicità della bambina. Piangere davanti a lei non era mai stato il suo piano. Ma da un certo punto di vista si chiedeva se non aiutasse Chantelle vedere le emozioni della madre, vedere che a volte si poteva anche essere deboli, spaventati e preoccupati. La bambina aveva trascorso tanti anni della sua vita dovendo essere forte e coraggiosa, e forse vedere sua madre piangere le avrebbe mostrato che a volte si poteva anche perdere il controllo.
“Perché le persone devono morire?” disse allora Chantelle, la voce soffocata perché teneva il viso schiacciato contro al petto di Emily.
“Perché...” cominciò Emily prima di fermarsi e pensarci molto seriamente. “Credo perché la loro anima deve andare da un’altra parte.”
“Vuoi dire in Paradiso?” chiese Chantelle.
“Potrebbe essere il Paradiso. Potrebbe essere un posto completamente diverso.”
“Papà non ci crede,” disse Chantelle. “Dice che nessuno sa se dopo la morte si va da qualche parte, e che nella religione ebraica sta a Dio decidere se avrai una vita nell’aldilà oppure no.”
“Questo è quello che crede papà,” le