Kate avrebbe voluto saltargli addosso da lì. Voleva ucciderlo. Ma non c’era tempo. Doveva tornare da Sofia.
“Se si sveglia,” disse al capitano,” uccidetelo.”
“Lo farei adesso,” disse l’uomo, “ma devo far partire questa barca.”
Kate lo vide indicare verso i soldati di corte che stavano scendendo verso la nave, muovendosi con truce determinazione.
“Fai quello che puoi,” disse Kate. “Io devo aiutare mia sorella.”
Corse di nuovo nella cabina. Sofia era ancora troppo immobile, troppo insanguinata. Kate vedeva che il petto non si muoveva. La mancanza di ogni minimo pensiero nella sua testa le diceva chiaramente che non c’era assolutamente alcuna vita lì. Kate si inginocchiò accanto a lei, cercando di rimanere tutta d’un pezzo, cercando di ricordare quello che Finnael lo stregone le aveva insegnato. Aveva riportato una pianta a verdeggiante vita, ma Sofia non era una pianta: era sua sorella.
Kate si protese verso lo spazio che c’era dentro di lei, dove poteva vedere l’energia attorno alle cose, dove poteva vedere quel soffice bagliore dorato che attorno a Sofia ora era quasi un nonnulla. Ora poteva sentire quell’energia, e Kate ricordava come si era sentita a tirare l’energia fuori dalla pianta, ma non era quello che le serviva adesso, estrapolare l’energia da una pianta.
Dispiegò la propria percezione alla ricerca di altre fonti di energia, cercando il potere di cui aveva bisogno per fare questa cosa. Ci sprofondò dentro, cercando di trovare qualsiasi energia possibile. Allora la percepì, la sentì oltre i confini di quella stanza, oltre gli stretti limiti che definivano la sua carne.
La sentì e l’istante della connessione fu così grande, così travolgente che Kate pensò di non potercisi aggrappare. Era troppo, ma se questo significava salvare Sofia, Kate doveva trovare un modo per farlo. Cercò di afferrare il potere che la circondava…
… e si trovò a percepire il regno intero, ogni vita, ogni accenno di potere. Kate poteva percepire le piante e gli animali, la gente, le cose che rappresentavano poteri più vecchi e sconosciuti. Kate poteva percepirlo, e sapeva cosa fosse quell’energia: era vita, era magia.
Prese il potere con la maggiore delicatezza possibile, in frammenti da centinaia di posti diversi. Kate percepì un riquadro d’erba seccarsi nelle Vie Equestri, alcune foglie cadere dagli alberi sui pendii di Monthys. Prese la minima quantità da ogni posto, non volendo fare maggior danno di questo.
Lo stesso era come contenere un’ondata. Kate gridò per lo sforzo del tentativo di contenere il tutto, ma ce la fece. Doveva.
Kate lo riversò in Sofia, tentando di regolarlo del tutto, tentando di spingerlo a fare quello che lei voleva. Con la pianta si era trattato del semplice caso di aggiungere dell’energia, ma avrebbe funzionato qui? Kate lo sperava, perché non era certa di sapere abbastanza del modo di guarire ferite per poter fare altro. Diede a Sofia l’energia che aveva preso a prestito dal mondo, rinforzando la sottile linea dorata della sua vita, tentando di costruirne un pezzo.
Lentamente, tanto lentamente da essere quasi impercettibile, Kate vide che la ferita iniziava a chiudersi. Continuò ad agire, fino a che la carne non si mostrò perfetta. Ma c’era dell’altro da fare. Non bastava avere un cadavere dall’aspetto perfetto. Continuò a spingere energia in sua sorella, sperando contro ogni speranza che bastasse.
Finalmente vide il petto di Sofia che iniziava a sollevarsi e riabbassarsi. Sua sorella stava respirando da sola, e per la prima volta Kate ebbe la sensazione che non stesse per morire. Quel pensiero di sollievo la pervase. Sofia però non si svegliò: i suoi occhi, per quanta energia Kate stesse usando, restavano chiusi. Kate non era certa di poter continuare ancora a lungo a trattenere quel potere. Lo lasciò andare, cadendo indietro sul ponte per la stanchezza, come se avesse appena percorso di corsa una cinquantina di chilometri.
Fu a quel punto che udì le grida e il combattimento fuori dalla cabina. Kate si sforzò di alzarsi in piedi, e non fu facile. Anche se l’energia per rimettere in sesto Sofia non era venuta da lei, fare da canale le aveva richiesto un grandissimo sforzo. Kate riuscì ad alzarsi, sguainò la spada e raggiunse la porta.
Al di là dei soldati con le uniformi del regno stavano salendo di forza sulla nave, mentre i marinai combattevano per respingerli. Vide il capitano lanciarsi all’attacco, uccidendo un uomo con un coltello lungo mentre un altro marinaio spingeva un uomo oltre il parapetto usando una roncola. Vide anche un marinaio ucciso dal colpo di spada di un soldato, e un altro cadere mentre risuonava lo sparo di una pistola.
Kate non vacillò, ma riuscì piuttosto a scagliarsi contro un soldato trafiggendolo sotto al braccio, ma allo stesso tempo poté a stento schivare un colpo che proveniva da un moschetto. Inciampò e l’uomo si portò sopra di lei, girando l’arma per puntare contro di lei una baionetta.
Poi Kate udì un ruggito e il gatto della foresta la oltrepassò andando a sbattere contro l’uomo per affondargli i denti nella gola. La bestia ringhiò e saltò contro un altro. I soldati esitarono e iniziarono a ritirarsi.
Kate dovette mettersi in ginocchio a guardare, perché era troppo stanca per fare di più. Quando vide uno dei soldati che puntava una pistola contro il gatto, Kate sguainò un coltello e lo lanciò. L’arma andò a segno e l’uomo cadde dalla barca.
Kate vide il gatto saltare oltre il bordo, sul molo, e un secondo dopo sentì un grido mentre colpiva di nuovo.
“Portate questa nave al largo!” gridò Kate. “Siamo morti se restiamo qui!”
I marinai balzarono in azione e Kate si sforzò di alzarsi in piedi tentando di occupare il varco. Alcuni combattevano, ed erano come difensori ai parapetti, intenti a respingere gli avversari che si arrampicavano. Il gatto della foresta schioccò i denti e ringhiò, saltando addosso a quelli che salivano a forza, colpendo con gli artigli e fermando tutti con i suoi denti affilati come aghi. Kate non sapeva quando sua sorella avesse acquisito un compagno come quello, ma di certo era leale, e letale.
Se lei fosse stata in piene forze, avrebbe forse potuto tenere a bada i soldati da sola, muovendosi tra di loro, correndo e uccidendo. In quelle condizioni poteva raccogliere appena l’energia per colpirli insieme ai marinai. Questi ultimi le passarono oltre come a volerle fare da scudo contro il combattimento. Kate voleva che si concentrassero solo sul far salpare la nave allontanandosi dal molo.
Lentamente l’imbarcazione iniziò a muoversi. I marinai usavano remi e lunghi pali per spingerla avanti e Kate sentì lo spostamento del ponte sotto ai loro sforzi. Un soldato saltò verso la nave ma non la raggiunse, andando a cadere tra la barca e il molo.
Sotto Kate poteva vedere il gatto della foresta che continuava a ringhiare e uccidere, accerchiato dai soldati. Kate sospettava che sua sorella non volesse che il suo amico venisse abbandonato, e in ogni caso il gatto della foresta li aveva salvati. Non poteva lasciarlo lì.
“Devi salire a bordo,” gridò, rendendosi poi conto della stupidità nel pensare che potesse capirla. Raccolse invece il poco potere che le era rimasto e avvolse il bisogno di salire a bordo con un’immagine della barca che se ne andava, lanciandolo verso la creatura.
Il gatto girò la testa, annusò una volta l’aria e corse verso la barca. Kate vide i suoi muscoli contrarsi, e poi distendersi nel salto. Gli artigli si piantarono nel legno della nave mentre si tirava su lungo il fianco, spostandosi poi sul parapetto e spingendo la testa contro la mano di Kate facendo le fusa.
Kate si lasciò cadere indietro, sentendo la solidità dell’albero maestro alle sue spalle. Si lasciò scivolare seduta sul ponte, dato che non aveva più la forza per reggersi in piedi. Ma questo non aveva più alcuna importanza. Erano già ben lontani dal molo, solo pochi colpi di arma da fuoco a segnare la precedente presenza