Era tutto ciò che Thor aveva bisogno di sentire. Senza perdere un altro secondo, si girò e corse attraverso il prato, seguendo le indicazioni, ripetendosele in testa, cercando di memorizzarle. Notò il sole più alto in cielo, e pregò solo che, quando fosse arrivato, non fosse già troppo tardi.
*
Thor corse velocemente lungo le vie immacolate e bordate da conchiglie, girando e svoltando attraverso la Corte del Re. Fece del suo meglio per seguire le indicazioni, sperando di non perdersi. Raggiunse il limitare del cortile, vide tutti i cancelli e scelse il terzo sulla sinistra. Lo attraversò di corsa e poi seguì i bivi, svoltando vicolo dopo vicolo. Correva controcorrente rispetto alle migliaia di persone che si stavano riversando nella città, una folla che si ingrossava ogni minuto di più. Quasi si scontrò con dei suonatori di liuto, giocolieri, ogni sorta di intrattenitore, tutti vestiti nel migliore dei modi.
Thor non poteva sopportare l’idea che la selezione avesse inizio senza di lui e fece del suo meglio per concentrarsi mentre svoltava, sentiero dopo sentiero, cercando ogni minimo segno del campo delle esercitazioni. Passò sotto un arco, svoltò in un’altra strada e poi, in lontananza, avvistò quella che solo poteva essere la sua destinazione: un piccolo anfiteatro fatto di pietra, di forma perfettamente circolare. Aveva al centro un grande cancello, con soldati a guardia. Thor udì delle attutite grida di incoraggiamento provenire da oltre le mura ed il suo cuore accelerò. Quello era il posto.
Corse ancora più velocemente, con i polmoni che gli bruciavano. Quando raggiunse il cancello, due guardie fecero un passo verso di lui e abbassarono le loro lance, sbarrandogli la strada. Una terza guardia avanzò e portò il palmo della mano in avanti.
“Altolà,” ordinò.
Thor si fermò di scatto, ansimando senza fiato, appena capace di contenere il proprio entusiasmo.
“Voi non capite,” disse di getto, con le parole che uscivano disordinatamente tra un respiro e l’altro. “Devo entrare. Sono in ritardo.”
“In ritardo per cosa?”
“Per la selezione.”
La guardia, un uomo basso e tozzo con la pelle butterata, si girò a guardare gli altri, che ricambiarono lo sguardo con espressione cinica. Si voltò di nuovo ed osservò Thor con sguardo denigratorio.
“Le reclute sono state portate dentro un’ora fa, con la carovana reale. Se non sei stato invitato, non puoi entrare.”
“Ma voi non capite. Io devo…”
La guardia allungò un braccio e afferrò Thor per la camicia.
“Sei tu che non capisci, ragazzino insolente. Come osi venire qui e tentare di entrare con la forza? Ora vai prima che ti arresti.”
Diede uno spintone a Thor, facendolo arretrare di parecchi piedi.
Thor sentì un bruciore al petto dove la mano della guardia lo aveva colpito, ma più di quello gli doleva l’offesa del rifiuto. Era indignato. Non aveva fatto tutta quella strada per essere mandato via da una guardia senza neppure essersi fatto vedere. Era determinato ad entrare.
La guardia si girò nuovamente verso i suoi uomini, e Thor si allontanò lentamente, facendo il giro dell’edificio in senso orario. Aveva un piano. Camminò fino ad essere fuori vista, poi iniziò a correre, strisciando lungo le mura. Controllò per assicurarsi che le guardie non stessero guardando, poi accelerò, scattando. Quando era a metà del giro dell’edificio, scorse un’altra apertura nell’arena: su in alto c’erano degli archi scavati nella pietra, sbarrati da barre di ferro. Una di queste aperture non aveva le sbarre. Udì un altro grido, si sollevò sul pianerottolo, e guardò.
Il cuore gli accelerò in petto. Lì, sparpagliati sul grande anello del campo di esercitazione, si trovavano decine di reclute, anche i suoi fratelli. Allineati, erano tutti schierati di fronte a decine di soldati dell’Argento. Gli uomini del Re camminavano tra di loro, chiamandoli per nome.
Un altro gruppo di reclute se ne stava da parte, di lato, sotto gli occhi attenti di un soldato, tirando lance verso un bersaglio lontano. Uno di essi lo mancò.
Thor si sentì ribollire di indignazione. Lui stesso avrebbe potuto colpire quei segni, era bravo tanto quanto ciascuno di loro. Solo perché era più giovane, un po’ più piccolo, non era giusto che fosse lasciato fuori.
All’improvviso Thor sentì una mano sulla schiena e si sentì tirare indietro, volando in aria. Atterrò pesantemente a terra, ansimante.
Guardò in su e vide la guardia del cancello che lo guardava con un ghigno.
“Cosa ti ho detto, ragazzo?”
Prima che potesse reagire, la guardia gli sferrò un forte calcio. Thor sentì una profonda fitta alle costole, mentre la guardia si preparava a colpirlo di nuovo.
Questa volta Thor afferrò il piede della guardia a mezzaria e lo tirò bruscamente, facendogli perdere l’equilibrio e facendolo cadere.
Thor si rimise velocemente in piedi. Nello stesso istante anche la guardia fece lo stesso. Thor esitò, ripensando scioccato a ciò che aveva appena fatto. Di fronte a lui la guardia lo guardava in cagnesco.
“Non solo ti farò arrestare,” sibilò la guardia, “ma te la farò anche pagare. Nessuno può permettersi di toccare una guardia del Re. Dimenticati di entrare a far parte della Legione: ora ti crogiolerai in gattabuia. Sarai fortunato se mai qualcuno ti rivedrà!”
La guardia tirò fuori una catena con un ceppo all’estremità. Si avvicinò a Thor, con la vendetta stampata in volto.
La mente di Thor cercava rapida una soluzione. Non poteva permettere che lo arrestassero, del resto non era stata sua intenzione fare del male ad una Guardia del Re. Doveva pensare a qualcosa, e doveva farlo in fretta.
Si rammentò della sua fionda. I suoi riflessi agirono per lui e la afferrò, inserì una pietra, prese la mira e lanciò.
La pietra si librò nell’aria e, con stupore della guardia, fece volar via i ceppi dalla sua presa, colpendogli le dita. La guardia si ritrasse e scosse la mano, urlando di dolore, mentre i ceppi ricadevano rumorosamente a terra.
La guardia fissò Thor con sguardo di morte. Tirò fuori un caratteristico anello metallico.
“Questo è stato il tuo ultimo errore,” disse con tono lugubre e minaccioso, poi andò alla carica.
Thor non aveva scelta: quell’uomo semplicemente non gli avrebbe risparmiato la vita. Infilò un’altra pietra nella fionda e la lanciò. Tirò ponderatamente: non voleva uccidere la guardia, ma doveva fermarla. Quindi, invece di mirare al cuore, al naso, ad un occhio o alla testa, lanciò verso il punto che sapeva l’avrebbe fermato senza ucciderlo.
Tra le gambe.
Fece volare la pietra, non con piena forza, ma a sufficienza da mettere l’uomo al tappeto.
Fu un colpo perfetto.
La guardia collassò, lasciando cadere la spada e stringendosi le mani sull’inguine mentre cadeva a terra rannicchiandosi a palla.
“Sarai impiccato per questo!” gemette tra grugniti di dolore. “Guardie! Guardie!”
Thor guardò verso l’alto e in lontananza vide diverse Guardie del Re che correvano verso di lui.
Doveva agire ora o mai più.
Senza sprecare un attimo di più, si mise a correre verso il pianerottolo dell’arcata. Avrebbe dovuto saltare dentro l’arena da lì, e farsi così vedere. E avrebbe combattuto contro chiunque si fosse messo sui suoi passi.
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