Kendrick era sorpreso.
“Ma non ne lasceremo delle altre tornando indietro?”
Koldo fece un cenno e Kendrick seguì il suo sguardo rivolto verso il retro dei cavalli dei suoi uomini che tiravano alcuni attrezzi che sembravano dei rastrelli.
“Spazzatrici,” spiegò Ludvig avvicinandosi a Koldo. “Cancelleranno le nostre tracce mentre proseguiamo.”
Koldo sorrise.
“È questo che ha tenuto il Crinale invisibile ai nostri nemici per secoli.”
Kendrick ammirò gli ingegnosi strumenti e si udì un grido mentre gli uomini spronavano i cavalli e si voltavano seguendo le tracce, galoppando nel deserto inoltrandosi nella Desolazione verso un orizzonte vuoto. Nonostante tutto Kendrick si guardò alle spalle mentre procedevano, dando un’ultima occhiata al muro di sabbia. Per qualche motivo fu sopraffatto dal pensiero che non avrebbero mai più fatto ritorno.
CAPITOLO QUATTRO
Erec si trovava a prua sulla sua nave con Alistair e Strom al suo fianco, e guardava con preoccupazione il fiume che si restringeva. Dietro di loro a breve distanza si trovava la sua piccola flotta, tutto ciò che restava di quello che era partito dalle Isole del Sud. Si stavano tutti dirigendo lungo quell’interminabile fiume, sempre più a fondo verso il cuore dell’Impero. In alcuni punti quel corso d’acqua era stato largo quanto un oceano, le rive non visibili e le acque limpide; ma ora Erec vedeva come all’orizzonte si stesse restringendo creando una sorta di imbuto di forse una ventina di metri di larghezza, dove l’acqua si faceva più torbida.
Il soldato professionista dentro Erec era completamente all’erta. Non gli piacevano gli spazi confinati quando conduceva un gruppo di uomini, e sapeva che il fiume che si faceva più stretto avrebbe reso la sua flotta più suscettibile a un’imboscata. Erec si guardò alle spalle e non vide alcun segno della massiccia flotta dell’Impero da cui erano sfuggiti in mare. Questo però non significava che non potessero trovarsi là fuori da qualche parte. Sapeva che non avrebbero mai smesso di seguirli fino a che non li avessero trovati.
Con le mani sui fianchi Erec si voltò e socchiuse gli occhi studiando le misere terre dell’Impero dall’altra parte che si allungavano all’infinito: un terreno fatto di sabbia asciutta e dura roccia, niente alberi e nessun segno di civiltà. Erec scrutò le rive del fiume e si sentì riconoscente che almeno non ci fossero forti o battaglioni dell’Impero posizionati lungo il fiume. Voleva portare la sua flotta lungo il corso d’acqua fino a Volusia il più in fretta possibile, trovare Gwendolyn e gli altri e liberarli per poi andarsene da lì. Li avrebbe riportati attraverso il mare fino alla salvezza delle Isole del Sud, dove avrebbe potuto proteggerli. Non voleva nessun disturbo lungo il suo tragitto.
Ma dall’altra parte il silenzio inquietante e il paesaggio desolato lo facevano pure preoccupare: l’Impero si stava forse nascondendo e aspettava di tendere loro un’imboscata?
Ere sapeva che c’era un pericolo ancora più grosso là fuori, più grande di un possibile attacco da parte del nemico: la possibilità di morire di fame. Era una preoccupazione ancora più incombente. Stavano attraversando quello che era sostanzialmente un deserto e tutte le loro proviste erano ormai quasi finite. Mentre Erec stava lì sentiva il brontolio alla pancia dato che aveva limitato se stesso e gli altri a un pasto al giorno ormai da molto tempo. Sapeva che se non fosse apparsa qualche abbondanza presto all’orizzonte avrebbero avuto grossi problemi per le mani. Sarebbe mai finito quel fiume? E se non avessero mai trovato Volusia?
E ancora peggio: se Gwendolyn e gli altri non fossero più lì? O fossero già morti?
“Un altro!” gridò Strom.
Erec si voltò e vide uno dei suoi uomini che tirava una lenza con un pesce giallo appeso all’estremità che veniva trascinato sul ponte. Il marinaio lo pestò ed Erec vi si avvicinò insieme agli altri osservandolo. Scosse la testa contrariato: due teste. Era un altro di quei pesci velenosi che sembravano popolare in abbondanza quel fiume.
“Questo fiume è maledetto,” disse un uomo scagliando a terra la canna da pesca.
Erec si avvicinò al corrimano e scrutò le acque con delusione. Percepì una presenza e voltandosi vide Strom che gli si avvicinava.
“E se questo fiume non conducesse a Volusia?” chiese.
Erec scorse la preoccupazione sul volto del fratello, e la condivideva.
“Da qualche parte ci porterà,” rispose. “Va verso nord. Se non a Volusia, allora attraverseremo la terra a piedi e tracceremo la nostra strada.”
“Dovremmo abbandonare le nostre navi allora? Come potremo mai fuggire poi da questo posto? Tornare alle Isole del Sud?”
Erec scosse lentamente la testa e sospirò.
“Potremmo non farcela,” rispose onestamente. “Nessuna impresa d’onore è semplice. Eppure ci siamo mai fermati io o te?”
Strom si voltò verso di lui e gli sorrise.
“È per questo che viviamo,” rispose.
Erec sorrise a sua volta e si girò a guardare Alistair che si avvicinava dall’altra parte, aggrappandosi al corrimano e fissando il fiume che si stava restringendo sempre più man mano che avanzavano. Aveva gli occhi velati e lo sguardo distante. Erec percepì che era perduta in un altro mondo. Aveva notato che anche qualcos’altro era cambiato in lei, ma non era sicuro di cosa fosse. Era come se gli stesse tenendo nascosto qualche segreto. Moriva dalla voglia di chiederle qualcosa, ma non voleva essere invadente.
Suonò un coro di corni ed Erec, sorpreso, si voltò guardandosi alle spalle. Gli balzò il cuore in gola quando vide cosa incombeva su di loro.
“IN RAPIDO AVVICINAMENTO!” gridò un marinaio dall’alto dell’albero maestro indicando freneticamente. “FLOTTA DELL’IMPERO!”
Erec attraversò il ponte di corsa tornando verso poppa insieme a Strom, passando oltre tutti i suoi uomini, tutti in assetto da guerra, con le spade in mano e gli archi pronti mentre si preparavano mentalmente allo scontro.
Erec arrivò a poppa e si aggrappò al corrimano guardando fuori e vedendo che era vero: lì, dietro un’ansa del fiume a poche centinaia di metri da loro, si trovava una fila di navi dell’Impero con le loro vele nere e oro.
“Devono aver seguito le nostre tracce,” disse Strom accanto a lui.
Erec scosse la testa.
“Ci hanno seguiti per tutto il tempo,” disse rendendosene conto. “Stavano solo aspettando di farsi vedere.”
“E cosa aspettavano?” chiese Strom.
Erec si voltò guardandosi alle spalle, verso il fiume davanti a loro.
“Quello,” disse.
Strom si voltò e guardò con attenzione il fiume che si restringeva.
“Hanno aspettato che arrivassimo al punto più stretto,” disse Erec. “Hanno aspettato che fossimo costretti a navigare in fila indiana e che ci trovassimo troppo avanti per girarci e tornare indietro. Ora ci hanno esattamente dove ci volevano.”
Erec guardò di nuovo la flotta e mentre stava lì fermo provò un incredibile sensazione di concentrazione, come spesso gli accadeva quando conduceva i suoi uomini e si trovava in un momento di crisi. Sentì un altro senso che si faceva spazio in lui, e come spesso accadeva in momenti come quello gli venne un’idea.
Si voltò verso suo fratello.
“Guida quella nave accanto a noi,” ordinò. “Prendi il retro della flotta. Fai uscire ogni uomo, falli imbarcare nella nave accanto. Mi hai sentito? Svuota quella nave. Quando sarà vuota, sarai l’ultimo ad uscirne.”
Strom lo guardava