Se la infilò dietro la schiena, si voltò e si diresse verso il corridoio, raggiungendo la porta d'ingresso. Caricò il colpo e, con un forte calcio, abbattè la grande porta in quercia scardinandola; un boato riecheggiò in tutto l'edificio vuoto. Kyle ne fu soddisfatto: aveva avuto conferma di aver recuperato tutta la sua forza.
Uscito all'aperto, vide che era ancora notte, e si rilassò. Se avesse voluto, avrebbe potuto volare per tutta la notte, dirigendosi verso il proprio obbiettivo—ma intendeva godersi il momento. La Parigi del 1789 era un luogo speciale. Lo ricordava bene, era piena di prostitute, alcolizzati, scommettitori, criminali. Nonostante i monumenti e l'eleganza della superficie, lì viveva un immenso sottobosco. Lui l'amava. La città aspettava solo di essere dominata da lui.
Kyle restò immobile, ad occhi chiusi, intento ad ascoltare ed a raccogliere informazioni. Riusciva a sentire fortemente la presenza di Caitlin in quella città. E quella di Caleb. Di Sam non si sentiva sicuro, ma sapeva che almeno i due c'erano. Questo andava bene. Ora, non gli restava che trovarli. Li avrebbe colti di sorpresa, e, immaginò, li avrebbe uccisi entrambi abbastanza facilmente. Parigi era proprio un luogo adatto. Non aveva un grande Consiglio di vampiri, come a Roma, a cui doveva rispondere. Ancor meglio, lì dimorava un potente covo malvagio, gestito da Napoleone. E Napoleone era in debito con lui.
Kyle decise che il suo primo compito era quello di localizzare il nanetto e indurlo a pagare il debito. Avrebbe assoldato tutti gli uomini di Napoleone per fare tutto quanto ritenuto necessario a trovare Caitlin e Caleb. Sapeva che gli uomini di Napoleone sarebbero stati utili, se lui ne avesse avuto bisogno. Stavolta, non avrebbe lasciato nulla al caso.
Ma aveva ancora tempo. Per prima cosa, si sarebbe potuto nutrire, ed avrebbe messo i piedi saldamente a terra. Inoltre, il suo piano era già in atto. Prima di lasciare Roma, aveva rintracciato il suo vecchio tirapiedi Sergei, e lo aveva spedito indietro nel tempo lì, dov'era lui. Se tutto fosse andato come aveva progettato, Sergei era già lì, e stava già lavorando proprio per eseguire la sua missione, infiltrandosi nel covo di Aiden. Kyle allargò il suo sorriso. Non c'era nulla che amasse di più di un traditore, di una piccola donnola come Sergei. Era diventato più che un utile piccolo burattino.
Kyle saltellò come uno scolaro, allegro, pronto a piombare dritto in città, e a prendere tutto quello che voleva.
Non appena Kyle si avviò per la via più vicina, un artista di strada gli si accostò, tenendo in mano una tela e un pennello, chiedendo a Kyle il permesso di ritrarlo. Se c'era qualcosa che Kyle odiava era qualcuno che intendesse fargli un ritratto. Nonostante ciò, era di buon uomore, e decide di lasciar vivere l'uomo.
Ma l'uomo cominciò ad insistere, seguendo Kyle aggressivamente, spingendo la sua tela verso di lui: era andato un po' troppo oltre. Kyle si voltò, afferrò il suo pennello, e glielo affondò proprio in mezzo agli occhi. Un istante dopo, l'uomo piombò a terra privo di vita.
Kyle prese la tela e la spaccò sopra il cadavere.
Poi proseguì, soddisfatto di sé. La notte si stava rivelando sempre più grandiosa.
Appena svoltò in un vicolo in ghiaia, diretto al distretto che ricordava, tutto cominciò a tornargli familiare. Diverse prostitute occupavano la strada, chiamandolo. Allo stesso tempo, due grossi uomini erano fuori ad un bar, chiaramente ubriachi, e urtarono brutalmente Kyle, senza guardare dove stessero andando.
“Hey, tu idiota!” uno di loro gli gridò contro.
L'altro si voltò verso Kyle. “Hey, uomo dall'occhio solo!” gridò. “Guarda dove vai!”
Il grosso uomo si fece avanti, spintonando brutalmente Kyle al petto.
Ma i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa, quando si accorse che la sua spinta non aveva sortito alcun risultato. Kyle non si era affatto mosso; era stato come colpire una parete di pietra.
Kyle scosse lentamente il capo, meravigliato dalla stupidità di quei due energumeni. Prima che potessero reagire, impugnò la spada appesa sulla schiena, la estrasse con un rumore metallico e, con una sola mossa, li decapitò entrambi in una frazione di secondo.
Osservò con soddisfazione le teste mozzate rotolare via, mentre entrambi i corpi piombavano al suolo. Rimise a posto la spada, e si chinò, afferrando un cadavere decapitato. Poi, infilò i suoi canini nel collo aperto, e bevve con avidità, mentre il sangue schizzava.
Kyle poteva sentire le grida delle prostitute, che avevano visto quanto era appena accaduto. Mentre bevava, udì il suono di porte che sbattevano, e di persiane che si chiudevano.
L'intera città aveva già paura di lui, si rese conto.
Bene, pensò. Questo era il tipo di benvenuto che amava.
CAPITOLO SETTE
Caitlin e Caleb volarono lontano da Parigi, sopra la campagna francese alle prime luci del mattino: lei era aggrappata saldamente alla sua schiena, mentre attraversavano l'aria. Ora si sentiva più forte e sapeva che, se avesse voluto, avrebbe potuto volare. Ma non intendeva staccarsi da lui. Amava sentire il suo corpo. Voleva solo stringersi a lui, sentire come sarebbe stato stare di nuovo insieme. Sapeva che era folle, ma dopo essere stati separati per così tanto tempo, temeva che se lo avesse lasciato andare, sarebbe volato via per sempre.
Sotto di loro, il paesaggio continuava a cambiare. Rapidamente la città lasciò il posto ad una folta foresta, estesa in un paesaggio collinare. Nei dintorni della città si notavano case isolate, fattorie. Ma più si allontanavano, e più la terra si apriva. Sorvolarono campo dopo campo, prati, qua e là una fattoria, pecore al pascolo. Il fumo usciva dai comignoli, e lei si chiese che cosa stessero cucinando quelle persone. Le corde stendipanni erano stese sui prati rasati, le lenzuola asciugavano al sole. Era una scena idilliaca, e la temperatura di luglio era scesa abbastanza da rinfrescare l'aria, specialmente a quell'altezza.
Dopo ore di volo, svoltarono e il nuovo paesaggio lasciò Caitlin senza fiato: lì, all'orizzonte, c'era un mare luccicante, di un blu acceso, con le onde che s'infrangevano sulla sterminata battigia. Quando si fecero più vicini, notarono le colline che si innalzano proprio lungo la costa.
Arroccato tra le colline, circondato dall'erba alta, Caitlin vide un singolo edificio ergersi contro l'orizzonte. Era un glorioso castello medievale, tutto in antica pietra calcarea, decorato da elaborate sculture e gargoyle. Costruito sulla sommità della collina, sovrastava il mare, e circondato da prati punteggiati da fiori di campo, in ogni direzione. Era bello da mozzare il fiato e a Caitlin sembrava di essere all'interno di una cartolina.
Il cuore di Caitlin batteva con eccitazione, mentre si chiedeva, mentre sperava … che fosse la casa di Caleb. In qualche modo, sentiva che lo era.
“Sì,” lui gridò, oltre il vento, leggendole la mente, come sempre. “E' questo.”
Il cuore di Caitlin quasi esplose di gioia. Era così eccitata, e si sentì così forte, pronta a volare da sola.
Improvvisamente si staccò dalla schiena di Caleb, e balzò volando nell'aria. Per un momento, fu terrorizzata, chiedendosi se le sue ali si sarebbero aperte. Un istante dopo, lo fecero, sostenendola nell'aria.
In quel momento, ricordò d'improvviso quanto amasse quella sensazione. Era grandioso riavere le sue ali, essere indipendente. Lei andò su e giù in picchiata, vicino a Caleb, che le sorrise. Volarono entrambi in picchiata, poi tornarono su, incrociandosi ripetutamente, con le punte delle loro ali che a volte si toccavano.
Come una cosa sola, volarono insieme in picchiata, avvicinandosi di più al castello. Sembrava antico; appariva consumato, ma non in modo negativo. A Caitlin già sembrava una casa.
Quando lei osservò tutto quanto intorno - il paesaggio, le colline, l'oceano in lontananza - per la prima volta, da quando aveva ricordi, avvertì un senso di pace. Finalmente, sentì di trovarsi a casa. Visualizzò la sua vita insieme a Caleb lì, immaginò persino di cominciare una famiglia assieme, se fosse stato possibile. Sarebbe stata felice di vivere i suoi giorni lì con lui— e finalmente