Ma cosa può essere? si domandò Chloe, lanciando uno sguardo verso la porta.
Fu allora che realizzò che non conosceva per niente sua sorella. Una parte di lei sembra ancora la ragazzina diciassettenne dal look gotico che Chloe conosceva così bene. Ma c’è anche qualcosa di nuovo in Danielle, adesso… Qualcosa di più oscuro.
Qualcosa per cui era costretta ad assumere farmaci che tenessero il suo umore sotto controllo e che la aiutassero a dormire e a vivere normalmente.
Chloe si rese conto in quel momento di avere paura per sua sorella e di volerla aiutare in ogni modo possibile.
Anche se avesse significato scavare nel passato.
Ma non adesso. Forse dopo il matrimonio. Dio solo sapeva le emozioni represse che sarebbero riaffiorate parlando della morte della madre e dell’arresto del padre. Eppure, Chloe sentiva i fantasmi del suo passato più forti che mai, seduta lì con Danielle, e questo la portò a chiedersi quanto dovesse esserne perseguitata la gemella.
Quali fantasmi si annidavano nella mente di Danielle? E cosa le stavano dicendo?
Sentiva, come quando stava per scatenarsi un temporale, che qualunque cosa Danielle stesse reprimendo, alla fine l’avrebbe coinvolta. Avrebbe coinvolto il suo nuovo fidanzato, la sua nuova casa. La sua nuova vita, E non avrebbe portato nulla di buono.
CAPITOLO CINQUE
Danielle era seduta sulla poltrona, con la schiena appoggiata a Martin, una gamba allungata sopra quella di lui, ed era perfettamente consapevole di non indossare le mutandine sotto i pantaloni del pigiama. Non che avesse importanza; per qualche motivo, lui l’aveva respinta la scorsa notte, nonostante fosse senza reggiseno e indossasse delle mutandine succinte. A quanto pareva Martin stava prendendo molto sul serio questa storia dell’andarci piano.
Danielle stava iniziando a pensare che Martin cercasse di essere un gentiluomo, oppure che non fosse attratto sessualmente da lei, il che era difficile a credersi, poiché Danielle poteva letteralmente sentire la prova della sua attrazione strofinarsi contro le sue gambe ogni volta che pomiciavano. Cercò di non prendersela. Anche se si sentiva sessualmente frustrata, era degno di nota aver trovato finalmente un uomo che non voleva solo sesso.
Quella sera era un ottimo esempio. Avevano deciso di restarsene tranquilli a casa di lei, a guardare un film. Prima avevano parlato della giornata di Martin, anche se, in quanto vicedirettore di una copisteria, gli spunti di discussione erano limitati. Era come ascoltare qualcuno che raccontava di come la pittura si seccava. Per quanto riguardava Danielle, lei detestava parlare della sua giornata lavorativa. Fare la barista in un ristorante era noioso. Per la maggior parte del tempo stava seduta a leggere. Le serate erano piene di storie da condividere, ma dopo aver dormito ed essersi svegliata all’una del pomeriggio, non voleva tirarle fuori di nuovo.
Dopo la conversazione, si erano baciati un po’ ma era stato tutto molto casto. Ancora una volta, per Danielle non era un problema. Inoltre, fin dalla visita di Chloe, si era sentita giù di morale. Gli stabilizzatori dell’umore probabilmente non avrebbero iniziato a fare effetto prima della seconda dose, che avrebbe preso prima di andare a letto.
Grazie alla visita di Chloe, Danielle aveva ricominciato a pensare alla madre, al padre e a quell’infanzia che era passata come uno schiocco di dita. Tutto ciò che voleva era stare tra le braccia di Martin, anche se faceva fatica ad ammetterlo con se stessa.
Avevano scelto uno dei suoi DVD, Le ali della libertà, e si erano accoccolati sul divano come una coppia di scolaretti nervosi e alle prime armi. Un paio di volte la mano di lui era scesa lungo la sua schiena, e Danielle si era chiesta se stesse prendendo l’iniziativa. Invece non si era spinto oltre, il che era al tempo stesso piacevole e snervante.
Inoltre si era accorta che il suo cellulare aveva suonato un paio di volte. Era sul tavolino davanti a loro, ma Martin non guardò chi fosse. All’inizio Danielle immaginò che volesse semplicemente essere educato e non interrompere il loro appuntamento. Ma dopo un po’, dopo il settimo o ottavo trillo, la cosa iniziava a darle sui nervi. Proprio durante la scena in cui Tim Robbins si chiude nell’ufficio del direttore e trasmette dagli altoparlanti un’opera lirica per i detenuti del carcere di Shawshank, trillò ancora una volta. Danielle guardò prima il telefono, poi Martin.
“Non guardi chi è?” chiese. “Si vede che qualcuno ha proprio bisogno di te.”
“No, non credo” disse lui. La strinse di più a sé e si stiracchiò. Adesso erano sdraiati uno di fianco all’altra. Volendo, Danielle avrebbe potuto facilmente baciargli il collo. Osservò il pezzetto di pelle nuda e ci pensò, chiedendosi come avrebbe reagito lui se oltre a baciarlo gli avesse fatto scorrere lentamente la lingua sul collo.
Il telefono trillò di nuovo. Danielle ridacchiò e, senza preavviso, si sporse oltre il petto di Martin, afferrò il telefono e se lo portò al petto. Non riuscendo a togliere la schermata di blocco, chiese “qual è la tua pass…”
Martin le strappò con violenza il cellulare di mano. Sembrava più sorpreso che arrabbiato. “Perché diavolo l’ha fatto?” sbottò.
“Così” disse lei. “Per scherzo. Guarda che puoi usare il cellulare mentre sei com’è. Non mi dà fastidio. Però se si tratta di un’altra ragazza, potrei dover attivare la modalità stronza.”
“Non ho bisogno che tu mi dica come usare il mio cellulare” scattò lui.
“Ehi, aspetta. Non c’è bisogno di scaldarsi tanto, stavo solo scherzando.”
Lui sogghignò e si mise il telefono in tasca. Sospirò e si alzò, a quanto pare non più interessato a restare lì a coccolarla.
“Ah, allora sei uno di quelli” disse Danielle, in bilico tra lo scherzo e la troppa insistenza. “Uno di quelli che protegge il telefonino come se fosse il suo cazzo.”
“Lascia perdere” disse lui. “Non ti fissare così.”
“Io? Martin, credevo che mi avresti spezzato il polso per togliermelo di mano.”
“Be’, non è mica il tuo cellulare, no? Non ti fidi di me?”
“Non lo so” disse lei alzando la voce. “Non è che ci frequentiamo da così tanto. Cristo, non c’è bisogno di essere così sulla difensiva.”
Martin alzò gli occhi al cielo, poi tornò a guardare la TV. Era un gesto sprezzante, che la fece incazzare. Danielle scosse la testa e, facendo del proprio meglio per mantenere un atteggiamento scherzoso, si mise a cavalcioni su di lui. Allungò una mano come puntando alla zip dei suoi pantaloni, poi invece la infilò nella tasca dove aveva messo cellulare. Con l’altra mano iniziò a fargli il solletico sul fianco destro.
Martin fu colto alla sprovvista, non sapendo bene come reagire. Eppure, nell’istante in cui le dita di lei toccarono il telefonino, fu come se qualcuno avesse schiacciato un interruttore. Le afferrò un braccio e lo tirò verso l’altro con una stretta poderosa. Poi se la tolse di dosso senza lasciarle andare il braccio. Le faceva un male cane, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di sentirla gridare dal dolore. La sua velocità e la sua forza le ricordarono che un tempo praticava la boxe amatoriale.
“Ehi, cazzo, lasciami il braccio!”
Lui lo fece, guardandola con espressione stupita. Il suo sguardo le fece capire che non aveva intenzione di essere così violento. Aveva sorpreso persino se stesso, ma era anche arrabbiato; le sopracciglia aggrottate e le spalle che tremavano di rabbia ne erano la prova.
“Adesso devo andare” disse lui.
“Sì, buona idea” disse Danielle. “E non disturbarti a richiamarmi se non ha intenzione di scusarti.”
Lui scosse la testa, ma Danielle non era sicura se fosse per le proprie azioni o se fosse rivolto a lei. Lo osservò andarsene dalla porta, chiudendosela alle spalle con un movimento deciso. Danielle rimase seduta sul divano, guardando verso la porta per parecchi secondi mentre cercava di capire cosa fosse