“Dean Chisolm,” disse, facendo a meno dei saluti.
“Cosa?”
“Il ragazzo sui fermoimmagine che mi hai mandato si chiama Dean Chisolm. Non ho dovuto neanche usare il riconoscimento facciale. È taggato in sacco di foto Facebook della Joseph. Indossa sempre un berretto basso sul viso o gli occhiali da sole, come se cercasse di nascondere la sua identità. Però non è molto bravo. Porta sempre lo stesso tipo di maglia nera e i tatuaggi si riconoscono piuttosto bene.”
“Bel lavoro, Kevin,” disse Keri, ancora una volta impressionata dal genio informatico dell’unità. “Allora, che cosa sai di lui?”
“Una quantità decorosa di cose. Molti arresti per droga. Alcuni per possesso, un paio per spaccio, e uno per aver fatto da corriere. Si è fatto quattro mesi per quello.”
“Un bravo e onesto cittadino,” borbottò Ray.
“Non è tutto. È anche sospettato per coinvolgimento in un giro di prostituzione che vede coinvolte ragazze minorenni. Però nessuno è mai stato in grado di metterlo dentro per questo.”
Keri guardò Ray e vide qualcosa cambiare nella sua espressione. Fino a quel momento lui aveva chiaramente pensato che ci fosse una solida possibilità che le ragazze se ne fossero andate a far festa da qualche parte. Ma con le notizie su Dean, era ovvio che era passato dall’essere moderatamente inquieto a molto molto preoccupato.
“Che cosa sappiamo di questo giro?” chiese Keri.
“È gestito da un bel ragazzo che si chiama Ernesto ‘Chiqy’ Ramirez.”
“Chiqy?” chiese Ray.
“Credo che sia un soprannome – il diminutivo di chiquito. Vuol dire piccolo. E dato che il tipo sembra pesare molto più di centotrenta chili, sospetto che sia ironico.”
“Sai dove possiamo trovare Chiqy?” chiese Keri, per nulla divertita.
“Purtroppo no. Non ha indirizzo conosciuto. Sembra più che altro frequentare depositi abbandonati, dove improvvisa bordelli finché non viene fatto un blitz. Però una buona notizia ce l’ho.”
“Va bene tutto,” disse Ray montando in macchina.
“Ho l’indirizzo di Dean Chisolm. E guarda caso è l’esatto luogo in cui i GPS di entrambe le ragazze sono stati spenti. Ve lo mando subito, insieme a una foto di Chiqy.”
“Grazie, Kevin,” disse Keri. “A proposito, potremmo aver trovato un mini-Kevin che lavora come addetto alla sicurezza del centro commerciale; molto ferrato nell’informatica. Vuole diventare poliziotto. Potrei metterlo in contatto con te se ti va bene.”
“Certo. Come dico sempre, nerd di tutto il mondo unitevi!”
“Lo dici sempre?” lo prese in giro Keri.
“Più che altro lo penso,” ammise, poi riappese prima che gli rompessero ancora le palle.
“Sembri incredibilmente composta per una persona che ha appena saputo che le ragazze che stiamo cercando potrebbero essere finite in un giro di prostituzione,” fece notare Ray con voce sorpresa.
“Sto cercando di prenderla alla leggera finché posso,” disse Keri. “Credo che non potrò farlo ancora a lungo. Ma non ti preoccupare. Quando troveremo Chisolm, ci sono buone probabilità che gli rimuoverò alla buona un po’ di tatuaggi con il coltellino svizzero. È carino, e anche spuntato.”
“È bello sapere che non hai perso il controllo,” disse Ray.
“Mai.”
CAPITOLO SEI
Keri tentava di impedire che il cuore le saltasse fuori dal petto mentre si accucciava dietro a un cespuglio accanto alla casa di Dean Chisolm. Si costringeva a respirare piano e lentamente, stringendo la pistola tra le mani in attesa che gli agenti in divisa bussassero alla porta. Ray si trovava praticamente nello stesso posto suo, sull’altro lato della casa. C’erano altri due agenti nel vicolo sul retro.
Nonostante le temperature fredde, Keri sentiva il sudore gocciolarle lungo la schiena, sotto al giubbotto antiproiettile, e cercava di ignorarlo. Erano passate le sette di sera e c’erano poco meno di dieci gradi adesso, ma aveva lasciato la giacca in macchina in modo da muoversi più agevolmente. Sarebbe stata davvero tinca se se la fosse tenuta.
Uno degli agenti picchiò alla porta, mandandole una scarica in tutto il corpo. Si curvò un po’ di più per assicurarsi che nessuno potesse scorgerla dietro al cespuglio sbirciando dalla finestra. Il movimento le causò una lieve fitta alla costola. Se ne era rotte parecchie nello scontro con un rapitore di bambini avvenuto due mesi prima. E anche se era guarita completamente, alcune posizioni le davano ancora fastidio.
Qualcuno aprì la porta e si costrinse a ignorare il rumore che veniva dalla strada per ascoltare attentamente.
“Dean Chisolm?” udì chiedere da uno degli agenti. Percepiva il nervosismo nella sua voce, e sperò che chiunque fosse la persona in ascolto non riuscisse a riconoscerlo come lei.
“No. Adesso non c’è,” rispose una voce giovane ma sorprendentemente sicura.
“Tu chi sei?”
“Sono suo fratello, Sammy.”
“Quanti anni hai, Sammy?” chiese l’agente.
“Sedici.”
“Sei armato, Sammy?”
“No.”
“C’è qualcun altro a casa, Sammy? Magari i tuoi genitori?”
Sammy rise alla domanda, prima di ricomporsi.
“Non vedo i miei da molto,” disse derisoriamente. “Questa è casa di Dean. Se l’è comprata con i suoi soldi.”
Keri ne aveva avuto abbastanza e uscì dal nascondiglio dietro al cespuglio. Sammy guardò nella sua direzione appena in tempo per vederla rinfoderare l’arma. Keri lo vide spalancare gli occhi brevemente, nonostante tutti i suoi sforzi per apparire indifferente.
Sammy sembrava la copia carbone del fratello, completo di pelle pallida e tatuaggi. Anche lui aveva i capelli neri ma troppo ricci per pettinarli a punta. Comunque indossava l’uniforme punk richiesta – t-shirt nera, jeans aderenti con appesa un’inutile catena, e stivali neri da lavoro.
“Com’è riuscito Dean a comprarsi casa a soli ventiquattro anni?” chiese senza presentarsi.
Sammy la fissò, cercando di decidere se poteva ignorarla oppure no.
“È un bravo uomo d’affari,” rispose con un tono che aveva appena un accenno di sfida.
“Gli affari sono andati bene di recente, Sammy?” chiese facendo un passo avanti, rimanendo aggressiva, sperando di tenere il ragazzo a disagio.
I due agenti in divisa si fecero indietro, così non rimase nessuno tra Keri e Sammy. Lei non lo sapeva se era una decisione presa coscientemente da parte loro o se volevano solo non trovarsi tra i piedi durante il confronto. In ogni caso, era contenta di avere il palco tutto per sé.
“Non saprei. Sono solo un umile studente, signora,” disse, più sfrontato.
“Non è vero, Samuel,” caricò Keri, felice di aver letto il file su Chisolm che Edgerton le aveva inviato mentre si recavano lì. Vide che l’uso del suo vero nome lo aveva colto di sorpresa. “Hai lasciato la scuola la scorsa primavera. Hai appena mentito a una detective del dipartimento di polizia di Los Angeles. Non è un buon inizio, per la nostra relazione. Vuoi correre ai ripari?”
“Che cosa vuole?” chiese Sammy, pieno di prudente irritabilità. Cominciava a perdere colpi – era uscito sul portico, contro ogni buon senso.
Era