Due settimane più tardi, dopo che un’auto della pattuglia lasciava Jessie in un quartiere in cui si trovava la scena di un crimine, lei ringraziò gli agenti e si diresse verso il vicolo dove già era stato tirato il nastro per circoscrivere l’area. Mentre attraversava la strada, evitando gli automobilisti che sembravano più intenzionati a colpirla che a scansarla, le venne in mente che questo sarebbe stato il suo primo caso di omicidio.
Riguardando indietro al breve tempo che aveva passato alla Stazione centrale, si rese conto che si era sbagliata nel pensare che non sarebbero riusciti a tenerla alla larga dalle cose più pazze. In qualche modo, almeno fino ad ora, ci erano riusciti. In effetti aveva trascorso la maggior parte del tempo in quei giorni alla stazione, analizzando casi aperti per assicurarsi che le carte compilate da Josh Caster prima di andarsene fossero aggiornate. Era stata una noia.
Non era di aiuto il fatto che la Centrale sembrasse una stazione degli autobus. La zona di detenzione temporanea era enorme. La gente le navigava attorno continuamente e lei non era mai esattamente sicura che fossero agenti, gente comune o sospettati. Doveva continuamente cambiare scrivania quando arrivavano profiler non etichettati come temporanei, che usavano il loro status di senior per reclamare le postazioni di lavoro che volevano. Indipendentemente da dove andava a finire, pareva che Jessie venisse sempre collocata sotto una lampada intermettente e mal funzionante.
Ma non oggi. Mentre percorreva il vicolo subito fuori dalla Quarta Strada, vide il detective Hernandez dalla parte opposta e sperò che questo caso fosse diverso dagli altri che le avevano assegnato fino a questo momento. Per tutti gli altri aveva fatto da ombra a detective che non le avevano mai chiesto un’opinione. Del resto non ce n’era stato molto bisogno.
Dei tre casi sul campo a cui aveva marginalmente partecipato, due erano furti e uno era un incendio doloso. In ciascun caso, il sospettato aveva confessato nel giro di pochi minuti ed era stato arrestato, una volta senza neanche bisogno di un interrogatorio. Il detective aveva dovuto leggergli i suoi diritti e fargli ripetere la confessione.
Ma forse oggi sarebbe stato finalmente diverso. Era il lunedì prima di Natale, e Jessie sperava che lo spirito della stagione rendesse Hernandez più generoso di alcuni dei suoi colleghi. Raggiunse lui e il suo compagno di lavoro per quel giorno, un tizio occhialuto sulla quarantina di nome Callum Reid, mentre investigavano sulla morte di un tossico che era stato rinvenuto alla fine del vicolo.
Aveva ancora un ago infilato nel braccio sinistro e l’agente in divisa aveva chiamato i detective solo per formalità. Mentre Hernandez e Reid parlavano con l’agente, Jessie passo sotto al nastro di delimitazione e si avvicinò al corpo, accertandosi di non mettere i piedi in nessun punto strategicamente importante per le indagini.
Guardò il giovane, che non sembrava avere più anni di lei. Era un afro-americano con i capelli rasati ai lati della testa e più lunghi sulla sommità. Anche disteso a terra e senza scarpe, si capiva che era alto. C’era qualcosa di familiare in lui.
“Dovrei forse sapere chi è questo tizio?” chiese ad Hernandez. “Ho come la sensazione di averlo già visto prima.”
“È probabile,” rispose Hernandez. “Sei andata alla University of Southern California, vero?”
“Sì,” rispose lei.
“Probabile che abbia fatto uno o due anni mentre eri lì. Si chiama Lionel Little. Ha giocato a basket lì per un paio di anni prima di laurearsi.”
“Ok, penso di ricordarmene,” disse Jessie.
“Aveva un finger roll pazzesco con la sinistra,” ricordò il detective Reid. “Mi ricordava un po’ George Gervin. Era un esordiente ben sponsorizzato, ma è finito fuori dal giro dopo pochi anni. Non sapeva giocare in difesa e non riusciva a gestire tutti i soldi, senza parlare dello stile di vita da NBA. È durato solo per tre stagioni prima di finire completamente fuori dal campionato. A quel punto la droga ha avuto la meglio. A qualche punto in questo processo è finito sulla strada.”
“Lo vedevo in giro di tanto in tanto,” aggiunse Hernandez. “Era una ragazzo tranquillo: mai richiamato per cose più gravi che urinare in luogo pubblico o bighellonare.”
Jessie si chinò avanti e guardò Lionel con maggiore attenzione. Cercò di immaginarsi nella sua posizione, un ragazzo perso, drogato ma senza causare tanti guai, lasciato a girovagare tra i vicoli secondari del centro di Los Angeles per gli ultimi anni. In qualche modo era riuscito a mantenere quello stile senza dosi eccessive né arresti. Eppure ora eccolo lì, disteso in quel vicolo, un ago nel braccio, senza scarpe. C’era qualcosa che non andava.
Si inginocchiò per guardare meglio il punto in cui l’ago si infilava sotto la pelle. Era piantato profondamente nella pelle liscia.
La pelle liscia…
“Detective Reid, avete detto che Lionel aveva un bel finger roll con la sinistra, vero?”
“Una cosa meravigliosa,” rispose lui con apprezzamento.
“Quindi posso dare per scontato che fosse mancino?”
“Oh sì, aveva di certo la sinistra come mano dominante quando giocava. Faceva davvero fatica a usare la destra. I difensori lo battevano da quel lato e lo chiudevano completamente. È un altro motivo per cui non ce l’ha fatta a diventare professionista.”
“Strano,” mormorò Jessie.
“Cosa c’è?” le chiese Hernandez.
“È solo che… potreste venire un momento qui tutti e due? C’è qualcosa che secondo me non quadra in questa scena del crimine.”
I due detective si avvicinarono, fermandosi proprio dietro di lei. Jessie indicò il braccio sinistro di Lionel.
“Quell’ago sembra essere infilato a metà nel braccio e non pare neanche lontanamente vicino a una vena.”
“Cattiva mira, magari?” suggerì Reid.
“Magari,” gli concesse Jessie. “Ma guardategli il braccio destro. C’è una riga precisa di segni lungo le vene. È piuttosto preciso per essere un drogato. E ha senso, perché era mancino. Ovvio che andasse a iniettare il braccio destro usando la mano dominante.”
“Ha senso,” confermò Hernandez.
“Quindi ho pensato che fosse solo stato più approssimativo usando la destra,” continuò Jessie. “Come avete detto voi, detective Reid, può darsi che avesse solo una cattiva mira.”
“Esatto,” disse Reid.
“Ma guardate,” disse Jessie indicando il braccio. “A parte il punto con l’ago che c’è dentro adesso, il braccio sinistro è liscio: nessun segno in assoluto.”
“E questo cosa ti dice?” chiese Hernandez, iniziando a capire dove volesse andare a parare.
“Mi dice che probabilmente non si è iniettato niente nel braccio sinistro, praticamente mai. Da quello che posso vedere, questo non è il genere di tipo che si farebbe iniettare sull’altro braccio da qualcun altro. Aveva un sistema. Era molto metodico. Guardate il dorso della mano destra. Ci sono dei segni anche lì. Si faceva sulla mano piuttosto che chiedere a qualcun altro. Scommetto che se gli levassimo i calzini, troveremmo dei segni anche tra le dita del piede destro.”
“Quindi stai suggerendo che non sia morto di overdose?” chiese Reid scettico.
“Sto suggerendo che qualcuno vuole farla passare per una morte da overdose, ma ha lavorato in maniera approssimativa e gli ha messo l’ago in un punto a caso nel braccio sinistro, quello che avrebbe usato un destrorso.”
“Perché?” chiese Reid.
“Beh,” disse Jessie cauta. “Ho iniziato pensando al fatto che gli mancano le scarpe. Gli altri vestiti sono a posto. Mi sto chiedendo se, essendo stato un giocatore professionista in passato, le sue scarpe fossero costose. Non ne vendono certe marche per centinaia di dollari?”
“Sì,” rispose Hernandez con tono entusiasta. “In effetti, quando è entrato