“Portatelo al vostro Lord governatore,” disse sorridendo. “Ci fate un favore.”
Gli uomini del Lord spostarono lo sguardo da lei alla bestia e la loro espressione mutò: ora apparivano come se fossero stati morsi da qualcosa di marcio, come se non lo volessero più.
Kyra vide che Anvin e gli altri la guardavano con espressione di approvazione, di gratitudine, suo padre più di tutti. Ce l’aveva fatta: aveva permesso alla sua gente di salvare la faccia, aveva risparmiato loro una guerra ed era riuscita a beffare nello stesso tempo Pandesia.
I suoi fratelli lasciarono cadere il cinghiale a terra. Esso atterrò sulla neve con un tonfo e loro si fecero indietro, umiliati, le spalle chiuse.
Tutti gli occhi erano ora puntati sugli uomini del Lord che stavano lì non sapendo cosa fare. Chiaramente le parole di Kyra aveva colpito nel segno: ora guardavano la bestia come se fosse qualcosa di orrendo trascinato fuori dalle viscere dell’inferno. Era evidente che non lo volevano più. E ora che apparteneva loro, sembravano aver perso ogni desiderio di possederlo.
Il loro comandante, dopo un lungo e teso silenzio, alla fine fece cenno ai suoi uomini di raccogliere la bestia. Poi si voltarono e se ne andarono, chiaramente seccati, come se avessero capito che erano stati beffati.
La folla si disperse, la tensione svanì e si percepì subito un senso di sollievo. Molti degli uomini di suo padre le si avvicinarono guardandola con approvazione e posandole una mano sulla spalla.
“Ben fatto,” disse Anvin. “Un giorno sarai un’ottima sovrana.”
Il popolo del villaggio si disperse e ognuno tornò per la sua strada; la frenesia riprese, la tensione si dissolse e Kyra si voltò cercando gli occhi di suo padre. Lo trovò intento a guardarla a pochi passi da lei. Di fronte ai suoi uomini era sempre riservato quando si trattava di lei e questa volta non fu diverso: aveva un’espressione differente, ma le fece un cenno quasi impercettibile, un cenno che lei sapeva essere di approvazione.
Kyra guardò oltre e vide Anvin e Vidar che stringevano le loro lance e il suo cuore accelerò.
“Posso venire con voi?” chiese ad Anvin, sapendo che era diretto verso il campo da allenamento come il resto degli uomini di suo padre.
Anvin lanciò un’occhiata nervosa a suo padre, sapendo che non avrebbe approvato.
“La neve si stava facendo più fitta,” rispose esitante. “E si sta anche facendo buio.”
“Ma questo certo non vi ferma,” ribatté Kyra.
Lui sorrise.
“No, è vero,” ammise.
Anvin guardò ancora il padre di Kyra e voltandosi lei lo vide scuotere la testa prima di girarsi e tornare all’interno.
Anvin sospirò.
“Stanno preparando grandiosi festeggiamenti,” le disse. “È meglio che tu vada dentro.”
Kyra poteva sentirne il profumo, l’aria era pregna dell’odore di carne arrosta e lei vide i suoi fratelli girarsi e dirigersi verso l’interno insieme a decine di paesani, tutti che si affrettavano a preparare la festa.
Ma Kyra si voltò e guardò bramosamente verso i campi, verso i terreni da esercitazione.
“Un pasto può aspettare,” disse. “L’allenamento no. Lasciatemi venire con voi.”
Vidar sorrise e scosse la testa.
“Sei sicura di essere una ragazza e non un guerriero?” le chiese.
“Non posso essere entrambe le cose?” rispose.
Anvin fece un profondo sospiro e alla fine scosse la testa.
“Tuo padre mi farebbe scorticare,” disse.
Ma alla fine annuì.
“Non accetterai mai un no come risposta,” concluse, “e hai più cuore tu della metà dei miei uomini. Immagino che potremo accettare un altro membro.”
Kyra correva nel mezzo del paesaggio ammantato di neve, seguendo Anvin, Vidar e numerosi uomini di suo padre, con Leo sempre al suo fianco. La nevicata di stava facendo più intensa, ma lei non se ne curava. Provava un senso di libertà, di esaltazione, come sempre quando oltrepassava il Cancello del Combattente, un basso arco intagliato nelle pareti di pietra che contornavano il campo da allenamento. Respirò profondamente quando il cielo si aprì e lei entrò di corsa in quel luogo che amava più di qualsiasi altro al mondo, con le sue dolci colline ora ricoperte di neve, incasellato tra le mura di pietra che si allungavano forse per quattrocento metri su ogni lato. Sentiva che tutto era come avrebbe dovuto, vedendo gli uomini che si allenavano, che si incrociavano in sella ai loro cavalli, brandendo le lance e mirando a bersagli distanti o scontrandosi tra loro. Questa era vita per lei.
Quel terreno da allenamento era riservato agli uomini di suo padre: alle donne non era permesso entrarvi, né ai ragazzi che non avessero ancora raggiunto l’età di diciotto anni e che non vi fossero stati invitati. Brandon e Braxton attendevano impazientemente ogni giorno di essere convocati, ma Kyra sospettava che non sarebbe mai accaduto. Il Cancello del Combattente era per persone d’onore, guerrieri rafforzati dalla battaglia, non per palloni gonfiati come i suoi fratelli.
Kyra correva in mezzo al prato sentendosi più felice e viva qui che in qualsiasi altro posto sulla faccia della terra. L’energia era intensa, il luogo era gremito da decine dei migliori guerrieri di suo padre, tutti con armature leggermente diverse, guerrieri provenienti da ogni regione di Escalon, tutti gravitati lì nel corso del tempo, all’interno del forte di suo padre. C’erano uomini che venivano dal sud, da Thebus e Leptis; dalle terre di mezzo, soprattutto dalla capitale Andros, ma anche dalle montagne di Kos; c’erano occidentali di Ur, uomini di fiume da Thusis e anche i loro vicini da Esephus. C’erano uomini che vivevano vicino al Lago di Ire e uomini che provenivano da lontano, addirittura dalle cascate di Everfall. Indossavano tutti diversi colori, diverse armature e armi, tutti uomini di Escalon ma ciascuno rappresentante di una specifica roccaforte. Era una stupefacente esibizione di potere.
Suo padre, il campione del precedente re, un uomo che incuteva grande rispetto, era l’unico uomo di quei tempi, in quel regno fratturato, attorno al quale gli uomini potessero raccogliersi. In effetti quando il vecchio re aveva ceduto il suo regno senza combattere, era stato a suo padre colui a cui il popolo si era rivolto perché prendesse il trono e conducesse la battaglia. Nel tempo i migliori guerrieri del re precedente lo avevano cercato e ora, con l’esercito che diveniva ogni giorno più grande, Volis stava raggiungendo una forza che poteva quasi rivaleggiare con la capitale. Kyra si rendeva conto che forse era per questo che gli uomini del Lord sentivano la necessità di umiliarli.
In qualsiasi altro luogo di Escalon i Lord governatori di Pandesia non permettevano ai cavalieri di unirsi, non concedevano tali libertà, per paura di una rivolta. Ma qui a Volis era diverso. Qui non avevano scelta: dovevano per forza permetterlo perché avevano bisogno dei migliori uomini per mantenere Le Fiamme.
Kyra si voltò a guardare, oltre le mura, oltre le ondeggianti colline bianche, in lontananza, all’orizzonte, anche attraverso la nevicata, dove – anche se a malapena – si poteva scorgere il lieve bagliore di Le Fiamme. Il muro di fuoco che proteggeva i confini orientali di Escalon – Le Fiamme – un muro di fuoco spesso quindici metri e altro diverse decine, ardeva con brio come sempre, illuminando la notte. Il loro contorno era visibile all’orizzonte e si faceva più evidente quando calava il buio. Allungandosi di quasi ottanta chilometri, Le Fiamme erano l’unica barriera frapposta tra Escalon e la nazione dei selvaggi troll dell’est.
Anche con queste condizioni parecchi troll irrompevano all’interno ogni anno scatenando il caos, ma se non fosse stato per i Guardiani – i coraggiosi uomini di suo padre che sorvegliavano Le Fiamme, Escalon sarebbe stata una nazione schiava dei troll. I troll, che avevano paura dell’acqua, potevano attaccare Escalon solo via terra e Le Fiamme erano l’unico mezzo per tenerli a bada. I Guardiani sorvegliavano la barriera a turni, pattugliavano a rotazione e Pandesia aveva bisogno di loro. Altri girovagavano nei pressi di Le Fiamme – reclute, schiavi e criminali – ma gli