âTutto questo per dirti che lâarte è un mondo a parte; è vero che ci sono persone famose che sono acclamate, ma è anche vero che troverai spesso geni poveri e poveri geniâ concluse lei. âSei dâaccordo?â
âDecisamenteâ. Soffocò lâidea di chiederle in quale categoria si collocasse.
Sarah si alzò dallo sgabello e fece un cenno a Jane. Voleva che si mettesse seduta.
âDovrei suonare?â chiese la ragazza incerta. Non sapeva fare praticamente nulla davanti ai tasti bianchi e neri.
âSieditiâ incitò la musicista.
Jane obbedì e si accorse dellâestrema morbidezza dello sgabello. Posò le dita sui tasti e li carezzò dolcemente, senza premerli.
âNon esplode se ne spingi unoâ scherzò Sarah.
Premette un tasto a caso.
âVorrei davvero imparare a suonarlo; tu saresti disposta a insegnarmi le basi?â domandò Jane. Nella sua voce riconobbe un tono di sicurezza finalmente, come se quel contatto le avesse scatenato dentro un indefinibile incantesimo senza nome.
âCerto che sarei disposta. Ne sarei anche feliceâ aggiunse lei.
âAllora considerami una tua allievaâ.
* * *
Una seconda possibilità .
Le era stata concessa da un giovane sconosciuto entrato nella sua vita allâimprovviso, senza presentazioni, senza nessuna formalità , come la testa di un minuscolo fiore che spunta fuori dalle viscere di una parete rocciosa. Le aveva salvato la vita senza vantarsene o pretendere alcunché in cambio e adesso, dopo che Sarah Kattabel aveva accettato di impartirle lezioni di pianoforte, quella seconda possibilità iniziava a colorarsi di un senso tutto nuovo ed era pronta a vivere la seconda vita che le era stata concessa; aveva promesso a se stessa che non avrebbe ripetuto mai più un errore simile. Forse era questo ciò di cui a volte parlava la luce che aveva negli occhi quel ragazzo e che Jane, come unâabile ed esperta esploratrice, aveva scoperto. Ogni volta che la guardava, le dava un senso indefinito, ma forte, di quello che Noel riusciva a trasmettere. Solo avvolta in quello sguardo, si poteva leggere la voglia di vivere e di godersi ogni attimo che quel ragazzo aveva nellâunica vita che gli avevano dato; avrebbe dovuto registrare nella pellicola della sua memoria lâespressione che assumeva quando parlava o quando le diceva una cosa e subito dopo sorrideva godendo di una felicità palpabile, di quelle che contagiano.
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