Ai lati della sala si succedevano diverse bacheche di vetro con le foto dei vari vincitori dei concorsi precedenti. In alto invece erano appesi quadri che ritraevano esclusivamente Sarah Kattabel: lei al pianoforte, lei in un teatro di Parigi, lei circondata dai ragazzi della Royal College of Music di Londra, lei al Teatro Real di Madrid.
âNon ho parole!â esclamò la studentessa continuando a guardarsi intorno. Passò una mano su una sedia e ne sentì la stoffa morbida.
âà tutto bellissimo, questa sala è così diversa dal resto dellâistitutoâ.
âCi abbiamo lavorato duramenteâ rispose Sarah guardandola come fosse la prima volta. I suoi occhi si riempirono di luce al solo ricordo di quanta fatica era stato necessario sopportare nel corso degli anni prima di vedere costruita una bellezza simile.
âOgni volta che si tiene il concorso si fa il tutto esaurito, vero?â domandò Jane, anche se conosceva perfettamente la risposta.
âSempre, ogni anno. Non è mai avanzato un postoâ rispose la musicista con fierezza.
Jane si avvicinò ai quadri e sembrò studiarli uno per uno con scrupolosa attenzione come farebbe un falsario mentre guarda lâopera da copiare.
âProfessoressa, posso farle una domanda?â
âTi ho già detto che puoi chiamarmi Sarah o sbaglio?â disse lei fingendo di rimproverarla.
âPosso davvero?â domandò Jane. Era un sogno, si disse, sicuramente quello era un sogno.
âFine di ogni formalità â.
âGrazie, Sarahâ.
âAllora, volevi chiedermi qualcosa?â disse per riprendere il filo del discorso.
âSì: perché suoni in questo liceo nonostante il tuo immenso successo?â
Posò la borsa su una delle sedie e con la testa le fece un cenno.
âVieni con meâ.
La professoressa la precedette, le fece salire i sei scalini laterali e la posizionò al centro del palco, davanti al pesante tendone rosso che divideva gli artisti dal pubblico.
âQuando aprirò questo sipario sono sicura che risponderò, senza parlare, a ogni tua domanda. Sei pronta?â domandò lei puntando lâindice destro su un tasto bianco al centro del quadro elettrico generale.
âSono prontaâ mentì lei.
Con un movimento fluido e continuo il sipario si spalancò, Jane allargò gli occhi e, effettivamente, ogni sua domanda sparì del tutto.
* * *
Trovarsi davanti a tutte quelle sedie vuote dava unâemozione di gran lunga superiore a quella che ognuno avrebbe potuto immaginare.
Jane Madison rimase immobile al suo posto: in quelle sedie vuote vide, come in un flash interminabile, persone di varia estrazione sociale, uomini e donne, signori anziani, qualche bambino, qualche suo coetaneo, parenti venuti da lontano; riuscì persino a sentire quel rumore di sottofondo, anche se minimo, che fa una folla che cerca di rimanere in silenzio, mentre ascolta le ultime delicatissime note del pianoforte. Un attimo di pausa in cui è congelato tutto il terrore dellâartista che teme dâaver fallito, poi lo scoppio di un grandioso applauso, mani che si agitano e si scontrano tra di loro per manifestare al meglio il gioioso fiume dâemozioni che lâartista ha fatto scaturire nei cuori dei presenti.
Jane si girò verso Sarah.
âTi sei immaginata la folla, vero?â le domandò, come se le avesse appena letto segretamente il pensiero.
âSìâ rispose la ragazza incredula. âCome hai fatto?â
âOgni artista in fasce lo fa: come lâartista emergente che durante la proiezione di un film non riesce a vedere altro che il suo di film o come lo scrittore che tra gli scaffali delle librerie di tutto il mondo vede solo il suo romanzoâ. Sarah gettò gli occhi in pasto alle centinaia di poltrone.
âCome me quando ho visto per la prima volta una platea del genereâ raccontò lei. âLâeffetto è quello di immaginarsi, anche per un solo frammento di secondo, di essere il più grande, lâinimitabile, colei o colui che mai era nato prima nella storia; allora vedi le persone che si alzano per applaudire il tuo genio. Chi ti stringe la mano, chi ti chiede lâautografo, chi la foto, chi vorrebbe essere come te. Il vero artista raggiunge tutto ciò, ma non è questo a renderlo feliceâ.
Jane si accigliò.
âIl vero artista non crede che sia stato il pubblico a raggiungere il suo talento, ma che sia stato il talento a raggiungere le persone, sono punti di vista: io la vedo cosìâ.
âPer quanto riguarda il motivo per cui insegno qui, beh, sono convinta che la musica possa salvare i giovani in difficoltà ; nel corso degli anni, ho visto alcuni ragazzi abbandonare certi mondi terrificanti come violenza, droga, depressione; quando hanno incontrato il loro strumento che non sapevano di amare, tutto è cambiato fino a migliorargli la vita; si sfogavano, creavano, emozionavano e molti hanno capito che quella era la loro strada quando hanno provato lâemozione che hai provato tu stando davanti alla sala vuota: lì, come unâilluminazione improvvisa, hanno capito quale doveva essere il prosieguo della loro storia iniziata malissimo. In alcuni casi la musica ha fatto e sono sicura che farà ancora altri miracoli. Io mi sento dâessere venuta in questa scuola con una missione: salvare più persone possibili con questâarte. Ci sono però anche altri casi in cui i ragazzi hanno una visione distorta della musica e credono serva solo a diventare famosi fino a che, nelle loro teste, quello diviene il solo e unico obiettivoâ.
âEffettivamente è vero, ma dimmi: perché si sogna di essere famosi?â domandò Jane spostandosi dal centro del palco. Anche se la bellissima sala era vuota, si sentiva in soggezione a rimanere lì.
âDiventare famosi è solo la conferma che quello che si fa è fatto bene, ma in certi casi questo non è veroâ rispose enigmaticamente la musicista che, sfiorando i tasti bianchi e neri di un pianoforte a lato del palco, parve rattristarsi al ricordo di un qualcosa di lontano e cupo.
âVuoi dire che lâeterno artista emergente rimarrà infelice per sempre per non aver raggiunto la fama?â
âPer molti è così e probabilmente non stiamo parlando di veri artistiâ disse lei. Poi la guardò negli occhi.
âSei famosa quando suoni un pezzo e chi ti ascolta, anche solo una persona, piange. Famosa per quella persona. Esiste una fama più gratificante?â
Jane sembrò riflettere a fondo.
âNon confondere mai la bravura di una persona con il suo successo, Jane: conosco pianisti mille volte più bravi di me che però lavorano undici ore al giorno, sei giorni a settimana in un ufficio e fanno fatica ad arrivare a fine mese. Apri il cuore e valuta la bravura di una persona, un poâ come ho fatto io quando stavo per prendere il treno alla stazione di Manchester. Lâartista che mi ha emozionato di più nella mia vita chiedeva lâelemosina, scalzo, a dicembre, davanti a una vecchia chiesa abbandonataâ.
* * *
âSono tornata da lui il giorno dopo, ma non lâho ritrovato mai piùâ. Sarah si era seduta sullo sgabello disposto davanti al pianoforte.
âProbabilmenteâ¦â
âLo avevano uccisoâ tagliò corto