Appena finito di pranzare, Jane non sapeva come avrebbe potuto passare il resto della giornata. La noia era arrivata davvero al limite quindi, alla fine, decise di ripassare quello che aveva studiato.
A un certo punto, passando davanti alla camera della bestia per andare nella sua, Jane notò con grande sorpresa che la porta era semichiusa. Con un poâ dâesitazione decise di entrarci, cosa che le era stata severamente proibita, un poâ come la sala di musica che non poteva essere frequentata dai non addetti. Entrando non poté fare a meno di guardarsi alle spalle. Aveva il terrore di vederlo entrare, anche se sapeva benissimo che era impossibile: in quel momento solo Dio poteva sapere dove fosse.
Lâemozione era simile a quella dei ragazzi che provano a fumare in soffitta cercando e sperando di non essere scoperti dai genitori. Prendono con mano tremante lâaccendino, lo attivano e lo portano, incerti, vicino alla sigaretta. Jane si trovava nella stessa situazione. Credeva che se un poliziotto lâavesse vista lì dentro lâavrebbe arrestata. Suo padre le aveva fatto venire il terrore di quella camera. Cosa poteva esserci di tanto segreto? Non se lo sapeva spiegare, era uno dei tanti misteri di quellâuomo e la noia di quella giornata la spinse a scoprirne qualcuno. Aprì le ante dellâarmadio per sbirciare dentro e si accorse che in basso a sinistra câera una piccola cassettiera che non aveva mai visto. Si mise in ginocchio e aprì delicatamente il primo cassetto, trovando subito qualcosa di interessante. Alla vista di una âRevolver 44 magnumâ si sentì gelare e invadere da un senso di agitazione. Jane chiuse immediatamente il cassetto cercando di far finta di niente e passare a quello centrale. Lo aprì e vide solo un mucchio di lettere. Erano disposte in modo disordinato e ne prese una a caso. La lesse velocemente.
San Francisco 17/02/83
Caro Gary,
il periodo che sto passando con te è a dir poco favoloso. Mi fai dimenticare di tutti i problemi che ho con mio marito. Ho commesso un grave errore a sposarlo! Quando lo chiediamo questo maledetto divorzio? Io non ce la faccio più. Anche tu mi racconti sempre che non sopporti più tua moglie, quindi è destino che dobbiamo scappare via insieme. Non ci posso credere che sei venuto a casa mia il giorno del vostro anniversario. Hai lasciato da sola tua moglie con il piccolo insetto, come la chiami tu. Che ridere! Le sta bene. Se fai così significa che non è una moglie che merita il tuo amore.
Sei da amare follemente.
So che non le dai tutte le attenzioni che dai a me.
à come se avessi due personalità e con me usi solo quella buona. Come dici spesso, tua moglie si merita il peggio di te. Ed è giusto che tu glielo dia. Ora ti saluto. Ci vediamo mercoledì. Ti aspetto. Un bacio.
Con affetto, Katherine.
Gli occhi erano fissi sulla strana grafia della donna.
Lo sguardo di Jane percorreva ogni lineamento e analizzava ogni singola parola. Mentre rileggeva per la quinta volta la lettera le si formarono alcune immagini in testa, sfocate; suo padre che estrae la lettera dalla busta, i suoi avidi occhi divorano ogni pensiero perverso scritto dalla donna, sulla sua bocca nasce un malizioso sorriso; come se fossero quelli di un ventenne i suoi ormoni crescono, si moltiplicano. Nessuno sa che non vede lâora di incontrare Katherine per prenotare di nuovo quella camera dâalbergo, per bere champagne nudi, nella vasca da bagno ricoperta da petali di rosa, petali finti, di plastica. La donna dal seno prorompente che sâimmerge con lui nellâacqua bollente, i seni in faccia, lei che lo lecca dappertutto, lui che tira la testa allâindietro e si lascia andare, la perversione nei primi giochi erotici, le lancette dellâorologio non esistono più, il tempo si è trasformato in unâinutile banalità e ogni cosa è al suo posto, proprio come quella stupida moglie che aspetta a casa e che dovrebbe passare il resto del suo tempo a pulire e stendere panni: per quello serve una moglie.
Il ruolo di bravâuomo, anni prima, gli era riuscito davvero bene; sua moglie, allâepoca, aveva ceduto veramente allâuomo che sembrava essere il suo, quello che si incontra una volta e mai più.
Poi rilesse la città : San Francisco. Gary più di una volta aveva spiegato a Jane, a male parole, che si erano trasferiti a Seattle dopo lâincidente fatale costato la vita alla povera donna di casa. Il dolore, stando alle sue parole, era così acuto che ogni cosa di quella città , ma soprattutto di quella casa, le ricordava lei e andare avanti così era impossibile. Ma se quello che aveva scritto Katherine era vero e cioè che se la spassava con lei, non era vero che la bestia amava sua moglie, anzi, la odiava! Quindi, era impossibile che avesse sofferto così tanto.
Qualcosa non quadrava circa la motivazione del trasferimento.
Qualcosa di molto grande.
* * *
Jane scoprì molto del passato del padre che prima le era totalmente sconosciuto.
Non immaginava neanche che avesse tutte quelle donne pronte a sposarlo, pronte a scappare con lui e a lasciare i propri mariti. Cosa aveva di affascinante suo padre? Non riusciva proprio a capirlo. Perché invece, da quanto capiva dalle lettere, con sua madre era un mostro? Se era vero che una parte buona ce lâaveva, perché non lâaveva usata con lâeffettiva moglie? Questo restò un mistero fino a quando Jane non lesse altre decine e decine di lettere, scoprendo così lati di queste donne che, negli scritti precedenti, non erano emersi. Da quanto si poteva dedurre, erano donne dipendenti da droghe, da uomini, donne sole da anni, vedove o infelici con il proprio marito. Erano queste le caratteristiche principali di chi impazziva per Gary. Si spiegò solo con la lettura incredula di quelle lettere perché lasciasse sempre sole le donne di casa. Le uniche che avrebbe dovuto amare e proteggere. Invece, nei vaghi e pochi ricordi di Jane, erano ancora vive le botte che riservava alla moglie. Sua madre a terra, molto spesso sanguinante e lui che, dopo averla presa a calci come aveva fatto con lei al night, finiva per ubriacarsi in chissà quale bar coi soldi che avrebbe potuto impiegare per comprare un misero giocattolo alla figlia. Lei, per quanto impotente, cercava di aiutare la mamma. Poi il vuoto. Non câera nessuna figura a popolare quel gap che Jane, anche dopo essersi sforzata molto, non riusciva a ricordare. Mancavano dei pezzi, degli anelli fondamentali che agganciassero i ricordi di quei giorni terribili, fino al famoso incidente di cui parlava il padre e che lei non ricordava. Forse il dolore le aveva cancellato quel terribile ricordo. Era questo che Jane, tolte le pochissime foto, conservava della madre. Tutto il resto non lo ricordava.
Jane sciolse i capelli togliendosi lâelastico rosso che li teneva raccolti in una sinuosa coda e si grattò la nuca; la confusione che aveva in testa era indescrivibile; sperava che in quelle lettere ci fosse qualcosa che lâaiutasse a sapere altre cose che suo padre le aveva sempre tenuto nascoste, ma niente. Si lesse decine e decine di lettere di donne ninfomani che scrivevano con un linguaggio volgare e spesso provocatorio, un linguaggio che non lasciava spazio né a un poâ di passione né a un poâ di romanticismo.
Non appena Jane chiuse la porta della camera, sapeva benissimo di non poter rivelare a nessuno le due ore spese a leggere segretamente la posta privata del padre.
Gli interrogativi sullâintera faccenda sembravano moltiplicarsi senza freni; domande apparentemente senza risposte plausibili e fondate iniziarono a farle oscillare la testa. Fino ad allora aveva sempre trovato scuse ai suoi comportamenti: la violenza che usava con lei poteva essere uno sfogo, una grande rabbia che non riusciva a controllare se solo pensava alla moglie e al dolore provato dopo la sua morte. Ma adesso che sapeva qualcosa di più riguardo al suo oscuro passato, dopo lâuragano scatenato dalle lettere le sue ipotesi, già in bilico appena formulate, crollavano definitivamente. Jane aveva addirittura teorizzato che si fosse fidanzato con una tipa ridicola come Ginger perché, avendo avuto solo una donna nella sua vita, dopo tanti anni cercava di scaricare le sue pulsioni dâamore sullâunica donna che gli donava qualche attenzione, ma anche questa conclusione