Le grida dei Nia-Za fecero saltare i piani del demone. Mik si guardò attorno con occhi di fuoco, poi tutto accadde ad una velocità sovraumana.
Nael gettò uno sguardo alle sue spalle e vide i demoni guardiani scaraventarsi contro di lei.
Sentì Mik gridare ‹‹No!››. Quando si voltò per guardarlo in faccia, lo vide scattare in avanti e spiccare il volo.
Nael si accovacciò a terra, pronta all’impatto con Mik e i Nia-Za. Pregava un qualche Dio di morire velocemente e senza soffrire molto.
All’improvviso, si sentì trascinare via dalla strada. Non era più in grado di ragionare, di dare una spiegazione logica a ciò che stava succedendo. Aveva perso i sensi per la paura e si lasciò trasportare ovunque la stessero portando. In quello stato di semincoscienza riuscì solo a percepire l’odore di umidità e muffa e a sentire l’acqua fredda scorrere sotto i suoi piedi.
La stavano portando all’inferno?
O nelle Terre di Nessuno, in superficie?
Cosa aveva fatto per meritarsi tutta questa attenzione?
Era nei guai fino al collo.
Quando tutto si fermò, si lasciò cadere a terra e un turbinio di pallini neri e grigi le avvolse la mente, facendola cadere in un sonno profondo popolato da demoni e mostri.
Più tardi, quando finalmente riuscì a riprendere conoscenza, aprì gli occhi e si guardò attorno. Era in una specie di tunnel, assomigliava a una caverna in realtà. Ma forse si sbagliava. Le caverne erano situate sottoterra, cosa poteva esserci ancora più in basso della cittadella?
L’inferno ormai si era trasferito ai piani alti.
‹‹Ben svegliata, fuggitiva››.
Qualcuno la fece alzare di scatto e la testa prese a pulsare per il dolore facendole perdere l’equilibrio.
Un ragazzo dai capelli scuri e dalla pelle ambrata corse accanto a lei e la sorresse per un braccio.
‹‹Ehi, non sforzarti. Come ti senti?››.
Nael lo guardò terrorizzata e ritrasse il braccio di scatto. ‹‹Chi sei? Dove sono? Vuoi uccidermi anche tu?››.
Il ragazzo si alzò in piedi e dalla tasca della felpa qualcosa si mosse. Nael indietreggiò per lo spavento e finì spalle al muro.
‹‹Non preoccuparti, è solo il mio amico Pirata››, e tirò fuori dalla tasca un topolino con il manto grigio tendente all’azzurro. Lo avvicinò al viso, naso contro naso, e gli diede un bacetto sul muso. Poi ritornò a fissare Nael.
‹‹D’altronde, posso capirti. Dopo quello che hai passato ieri notte… non è facile. Ah, io sono Crocus, Crocus Bates, e questa è la mia casa, anche se forse tu non hai mai sentito parlare della presenza di sistemi fognari sotto Kali Phi››.
Nael si passò le mani tra i corti capelli a caschetto. ‹‹Che diavolo sta succedendo?››, mormorò fra sé e sé. Guardò il ragazzo spaventata. ‹‹Quanto sono stata priva di sensi?››.
‹‹Più o meno diciotto ore››.
‹‹Diciotto ore?! Diavolo! Non ricordo nulla di quello che è successo ieri sera. Ho delle immagini vaghe, ma sembra più un incubo che la realtà vera e propria. Sto impazzendo››. E si prese la testa fra le mani pensando a quanto in pensiero dovevano essere i suoi genitori non vedendola rientrare dalla sera prima.
‹‹No, non sei pazza. Ci penso io a rinfrescarti la memoria, non preoccuparti››. Crocus e il suo topo si sedettero accanto a lei. ‹‹Allora, i Nia-Za si sono scaraventati addosso a te, pronti a infliggerti chissà quali atroci torture. Spero non volessero strapparti gli organi a mani nude o, peggio, usare gli ultrasuoni. Quelli sì che sono tosti, ti fanno impazzire, dicono che sia come…››.
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