Lo stava evitando come poteva e sembrava che, alla fine, lo aveva seminato di nuovo... almeno per ora. Stargli accanto le aveva lasciato una sensazione nauseante nello stomaco e non sapeva per quanto tempo ancora avrebbe potuto combatterlo, prima di arrendersi a ciò cui era abituata.
Lo odiava ma, allo stesso tempo, quasi desiderava ciò che lui le offriva... ciò che lei aveva accettato dopo tanto tempo. Stare da sola era eccitante ma anche spaventoso.
Provava qualcosa per Samuel... aveva goduto del suo corpo e, per un breve periodo, anche della sua compagnia. Nell’altra dimensione gli era sfuggita innumerevoli volte, solo per essere messa all’angolo da demoni che non facevano parte del suo esercito. Era stata quasi uccisa e una piccola parte di sé aveva bramato l’idea di libertà... in qualsiasi modo.
Samuel era sempre arrivato appena in tempo per salvarla... aveva recitato la parte dell’eroe diverse volte, ma lei non era una stupida. Non la salvava perché la amava, anzi, la puniva sempre in modo brutale per essere scappata. Era una sua proprietà... gli serviva per sfogare la propria crudeltà e per fare l’amore. Adesso che aveva di nuovo la sua spada forse aveva una possibilità per separarsi completamente da lui.
Guardando l’arma nella sua mano, Aurora sospirò profondamente. L’aveva scoperta quando era piccola. Era orfana e per molto tempo aveva creduto che il suo nome fosse “Topo di Fogna”. Era stato un demone a chiamarla con il suo vero nome... poco prima che tentasse di ucciderla. Mentre si difendeva aveva sentito la lama comparire nella sua mano e aveva vinto.
Non seppe mai come faceva il demone a conoscere il suo nome ma, alla fine, non le importava davvero. Di sicuro era molto meglio di ‘Topo di Fogna’.
Da allora la spada l’aveva protetta fin quando non finì nella crepa. Aveva passato gli ultimi mille anni in un regno controllato da demoni e sotto il dominio di Samuel. L’arma non era mai apparsa per salvarla lì, a prescindere da quali guai affrontasse. Sospirò, desiderando avere qualcuno con cui parlarne e a cui porre domande che necessitavano di una risposta.
La lama brillò improvvisamente quando svanì di nuovo nel suo corpo. Riteneva che lei fosse al sicuro, quindi probabilmente era così. Aurora sentì i propri muscoli tesi rilassarsi e decise che era ora di scendere da quell’edificio, prima che qualcuno la vedesse.
Guardò giù oltre la statua del falco e inspirò mentre il vento soffiava verso l’alto, spettinandole i capelli sul viso. Era ancora troppo in alto e non si sarebbe lanciata per due motivi. Primo, probabilmente si sarebbe fatta male; secondo, il motivo principale, non voleva che nessuno la vedesse.
Aveva pensato di morire quando era nella crepa, mentre ora aveva una possibilità di libertà... non voleva più morire, quindi non si sarebbe lanciata da un grattacielo.
Arrampicandosi sull’ala del falco, vide un balcone diversi piani più sotto e ne calcolò la distanza. Si tenne al bordo dell’ala e si lanciò verso il balcone, godendo della sensazione della caduta libera. Atterrando accovacciata in silenzio, guardò oltre la finestra e si bloccò.
Percepì un movimento attraverso le tende e si avvicinò per vedere meglio. Rimase sorpresa quando vide una donna in camicia da notte, che sorrideva timidamente ad un uomo seduto sul divano dall’altra parte della stanza. La donna si scostò le spalline di seta, lasciandole cadere lungo le braccia e scoprendo la biancheria succinta.
Aurora spostò lo sguardo sull’uomo, vedendo i suoi occhi pieni di passione. Lui si alzò e si tolse la camicia, gettandola dietro di sé prima di avanzare verso la donna come un gatto che si avvicina lentamente alla sua preda. Lei sorrise di nuovo e lasciò cadere la camicia a terra... scoprendo tutto ciò che aveva da offrire.
L’uomo le si avvicinò e la prese tra le braccia. Si diedero un bacio appassionato prima che l’uomo si abbassasse per prenderla in braccio. Le lunghe gambe di lei gli si avvolsero attorno alla vita e, quando lui la scostò leggermente, la donna piegò la testa all’indietro esponendo la propria gola.
Il respiro di Aurora accelerò quando le labbra dell’uomo sfiorarono la pelle della donna, facendola rabbrividire. Lui si voltò e si diresse in un’altra stanza, chiudendo la porta e impedendo ad Aurora di vedere altro. Un lieve sorriso triste le sfiorò le labbra e, per un momento, desiderò essere umana.
Si girò e si appoggiò all’edificio, scivolando lentamente lungo il muro finché non fu seduta con le ginocchia piegate davanti a sé.
Aveva passato la sua infanzia a nascondere ciò che era, cercando di fingersi un essere umano. Il suo unico desiderio era sempre stato quello di essere come gli umani. Se lo fosse stata, non avrebbe scoperto l’inferno di Samuel e sarebbe stata libera di amare chiunque avesse scelto.
Era stato un suo coetaneo ad informarla di ciò che era veramente. Il suo nome era Skye. Per gli umani, lui aveva solo sette anni ma lei sapeva la verità. Era stato il suo migliore amico per molto tempo e l’unico compagno di cui potesse fidarsi.
Sorridevano quando gli umani li scambiavano per fratelli, avevano quasi gli stessi colori e, secondo i canoni di questo mondo, erano bellissimi.
Skye le aveva raccontato le storie sui caduti e sui demoni che essi avevano inavvertitamente generato. Lui lo sapeva, era una di quelle creature, ma ciò non lo preoccupava. Una volta le disse che gli piaceva somigliare ad un caduto, perché era meglio essere un angelo che un demone. L’aveva anche avvertita che gli umani avevano paura e, se avessero mai scoperto cos’era veramente, avrebbero cercato di ucciderla.
Per anni lei e Skye erano stati insieme, spostandosi periodicamente da un luogo all’altro prima che gli umani si accorgessero che non crescevano come i bambini normali.
Ricordava ancora l’ultima volta che aveva visto Skye. Le aveva sorriso prima di addentrarsi nella foresta con alcuni uomini del villaggio, per una perlustrazione.
Quello fu il giorno in cui arrivarono i demoni... erano in tanti ed eliminavano tutto ciò che li ostacolava. La terra tremò e si squarciò, sprofondando prima che una grande spaccatura fendesse la piazza centrale del villaggio.
Aurora non poté fare altro che assistere terrorizzata a ciò che stava accadendo. Inciampò all’indietro quando un demone corse ruggendo verso di lei, proprio mentre tre uomini si precipitavano per fermarlo. Gridò per lo spavento quando, invece di cadere a terra, sentì il terreno sollevarsi.
Un guerriero del villaggio si lanciò dietro di lei ma fu afferrato a mezz’aria da un demone... quella fu l’ultima volta che lo vide. Anche altri uomini stavano sprofondando e, all’improvviso, si rese conto di essere finita proprio nell’enorme crepa. Le sue ali apparvero come un’ombra e lei cercò di tornare in superficie, ma una forza inspiegabile continuava a trascinarla giù... lontano dalla casa che aveva scelto con Skye.
Prima che le grida svanissero, l’intero villaggio era già sprofondato nella crepa... intrappolando umani e demoni allo stesso modo. Aurora chiuse gli occhi per cancellare dalla mente ciò che era successo e rivolse i propri pensieri a Skye, contenta che lui non fosse lì ad assistere alla distruzione. Ancora adesso, l’unica speranza a cui si aggrappava era che fosse ancora vivo e felice.
Tornando al presente, Aurora si avvicinò al vetro per sbirciare, la coppia umana non era tornata dall’altra stanza. Allungò una mano e sospirò quando il balcone si aprì facilmente. Sgattaiolò all’interno e si diresse silenziosamente verso la porta d’ingresso, uscendo nell’atrio del palazzo.
Arrivata in strada, si assicurò di camminare nelle zone ben illuminate, nel caso in cui Samuel fosse riapparso per un altro round... non si sentiva più così sicura di poter vincere. Non sapeva dove stesse andando né da quanto tempo stesse camminando... tutto quello che voleva era riposare per una notte.
Quand’era stata l’ultima volta che aveva dormito davvero, senza temere di essere attaccata? Era successo prima di cadere nella crepa e, da quando si era liberata, l’unico attimo di felicità l’aveva vissuto con quell’uomo nel tunnel della metropolitana.
Allungò