Envy strinse le spalle “È un’idea, ho sempre sperato di avere una casa quando avrei deciso di avere dei figli.”.
L’espressione di Kriss si rianimò immediatamente “Si va a caccia di case!”.
La sua esclamazione fece sobbalzare Envy, che alzò la testa di scatto e lo guardò attonita. “A caccia di case?”.
“Certo.” disse Kriss. “Non vuoi stare al club quando nascerà il bambino, giusto? Trovare una casa e riempirla di mobili e oggetti per lui sarebbe una distrazione perfetta.”.
“Ma dove li prendo i soldi per una casa nuova?” gli chiese Envy. “Guadagno bene lavorando al Moon Dance... ma non fino a questo punto.”.
Kriss sorrise in modo rassicurante e le prese la mano “Tesoro... questo è l’ultimo dei problemi. Ti aiuterò a trovare la casa dei tuoi sogni, se è quello che vuoi... e non ti azzardare a farmi la predica. Stiamo parlando del mio figlioccio.” disse, indicando di nuovo il suo basso ventre. Envy sorrise ma scosse la testa “Non posso permettertelo, Kriss... tu non hai tutti quei soldi. Voglio dire... io faccio la barista e tu lo spogliarellista part-time.”.
“L’unico motivo per cui faccio spogliarelli è perché mi diverte. Ho un conto in banca, titoli, obbligazioni e altre cose di cui non so neanche il nome.” rispose Kriss, sembrando quasi impertinente. “Non so perché ma il tizio della banca continua a chiamarmi ‘il suo miliardario preferito’.”.
“Sei un deficiente.” disse Envy con una risatina e gli lanciò un cuscino.
“Ahia.” disse lui impassibile quando il cuscino lo colpì in pieno viso.
Dean nascose il suo sorrisetto, sapendo che quello era esattamente ciò di cui Kriss aveva bisogno... qualcuno di cui occuparsi, anche se solo per poco. A quanto pare, entrambi attiravano casi umani.
Ignorò il giocoso litigio dei due e osservò la città impietosa dall’enorme finestra dell’attico. Era ovvio che Kriss sarebbe stato impegnato per un po’ e, alla fine, Envy avrebbe avuto la sicurezza di cui lei e il bambino avevano bisogno. Era l’occasione perfetta per rincorrere di nuovo il caduto ibrido che era stato intrappolato da Misery.
Dean lo aveva trovato per caso e, da allora, lo aveva silenziosamente tenuto d’occhio da lontano. Dopo alcuni giorni di osservazione, aveva iniziato a lasciargli vestiti puliti, coperte e qualcosa da mangiare. Non mangiava spesso ma, d’altra parte, il cibo umano non era una necessità. La sua razza poteva anche vivere senza. Gli abiti e le coperte, invece, sparivano ogni volta.
Finora l’ibrido non aveva mostrato tendenze malvagie ed evitava i demoni come la peste. Era un segno positivo del suo stato mentale... ma le cose tendevano a cambiare se tali creature venivano lasciate sole per troppo tempo.
Da ciò che aveva osservato Dean, l’ibrido era più un caduto che un demone e avrebbe scommesso i suoi miliardi che sarebbe riuscito a convincerlo a fidarsi di lui, se avesse avuto un po’ più di tempo. Se ciò fosse accaduto forse avrebbe potuto salvarlo dalla stranezza di questo mondo, in cui era stato improvvisamente catapultato.
Chiuse gli occhi, ricordando le lacrime dell’uomo mentre schizzava fuori dalla parete della caverna e fuggiva nella notte. Quello era stato il fattore determinante... i demoni non piangono.
“Esco un attimo.” disse Dean all’improvviso, e si diresse verso la porta.
“Prendi lo sciroppo di cioccolato, già che ci sei.” urlò Kriss prima che lui arrivasse alla porta.
Dean si fermò e si girò a guardarlo “Sciroppo di cioccolato? A che cavolo ti serve?”.
“Latte al cioccolato.” risposero Kriss ed Envy all’unisono.
Dean scosse la testa sorridendo e uscì dall’attico, chiudendo la porta divertito.
Envy guardò Kriss “Non ho portato niente con me e inizio ad avere sonno. È stata una giornata lunga... Hai qualcosa che posso mettermi?”.
Kriss annuì “Nella seconda camera da letto.” Indicò una porta chiusa, poi le fece l’occhiolino “È lì che dormo quando sono incazzato con Dean. Nell’armadio ci sono alcune magliette larghe e qualche paio di boxer, serviti pure.”.
“Litigate spesso?” disse Envy preoccupata, non volendo privare Kriss del suo rifugio.
“Solo quando si comporta da coglione.” Kriss sorrise, poi indicò un’altra porta chiusa. “Quella sarà la sua stanza, se lo caccio.”.
Envy non poté fare a meno di ridere “Sei proprio matto... lo sai?”.
“È la mia ambizione nella vita.” Kriss sospirò scherzosamente, poi si avviò verso la cucina. Doveva fare una nuova lista della spesa, prima che iniziassero le sue voglie e quelle di Envy. Si fermò a metà strada e si voltò verso l’ingresso. Al diavolo la lista... aveva voglia di sottaceti, adesso. “Vado a svuotare il supermercato... non aspettarmi alzata.”.
Envy aspettò fin quando non se ne fu andato, prima di alzarsi lentamente dal divano per dare un’occhiata alla sua stanza. Chiudendo la porta dietro di sé, aprì l’armadio e sorrise vedendo le magliette. Alcune erano simpatiche, con piccoli pupazzetti, altre avevano frasi divertenti e altre ancora erano a tinta unita. Scegliendo una semplice maglietta nera e un paio di boxer di Sponge Bob, li mise sul letto e si spogliò.
La propria immagine riflessa allo specchio attirò la sua attenzione e lei si accarezzò la pelle morbida e liscia della pancia. Piegò la testa di lato, cercando di immaginare la pancia cresciuta, e si mise di profilo per esaminarla.
“Chissà come sarai.” disse rivolta al piccolo. “Sarai come me, selvaggio e testardo, o come lui, intelligente e... testardo? Spero di essere una buona madre e... so che Trevor sarà un bravo papà.”.
Envy sorrise al proprio riflesso, immaginando la piccola anima dentro di lei. “Sei già fortunato, lo sai? Avrai tanti zii e padrini che ti proteggeranno, scommetto che non ti taglierai neanche con un foglio di carta.”.
Vide un movimento dietro di sé, nel riflesso dello specchio, e si voltò per vedere cosa fosse. Avvicinandosi al balcone, scostò la tenda e sussultò per il bellissimo gufo bianco poggiato sulla ringhiera, che la osservava con occhi neri e profondi.
L’animale piegò la testa come se la stesse esaminando, prima di girarsi dall’altro lato. Envy non ne aveva mai visto uno così da vicino e temeva che, distogliendo lo sguardo, sarebbe sparito.
Il gufo girò di nuovo la testa verso di lei, prima di voltarsi e volare via. Spiegò le ali nel vento e volò sulla città, verso la Foresta Nazionale.
Envy ricordò di aver letto da qualche parte che i gufi erano simbolo di saggezza e sperò che fosse un segno che stava facendo la cosa giusta.
*****
Aurora strinse più forte la sua piccola spada e guardò l’edificio, cercando una traccia di Samuel. Non riusciva a credere di essere stata così negligente da permettergli di avvicinarsi di soppiatto in quel modo. Era stato un incredibile colpo di fortuna l’essersi allontanata dal tetto del grattacielo tutta intera.
Mentre cadeva giù si era rassegnata al dolore che avrebbe sentito, ma un insolito salvatore l’aveva aiutata. Su quel grattacielo c’erano statue di falchi che, per fortuna, erano sporgenti. Lei era riuscita ad afferrarne una e ad appendersi essa, nascondendosi da Samuel quando lui guardò giù.
Le sembrò di aver resistito per un tempo infinito, quando la presenza della sua aura iniziò finalmente a svanire. Quando fu sicura che Samuel se n’era andato, si tirò su e riuscì a strisciare sulla testa del falco.
Stanca e senza fiato, si appoggiò al muro dell’edificio per riposare un attimo. Le ci volle qualche minuto per riprendersi, ogni pausa lontano dall’ossessione di Samuel era più che benvenuta. Dentro di sé sapeva perché lui continuava ad inseguirla... lussuria, nient’altro.
Non