“Donzelle in pericolo... le adoro.” Kane si diresse verso la camera da letto e si fermò per guardare il panorama... lei era stesa sul letto con la camicia da notte di seta ancora addosso e gli sorrideva. Kane si avvicinò al letto togliendosi i pantaloni.
Tabatha non capiva come lui riuscisse a rendere sexy un gesto così semplice, e con ottimi risultati. In pochi secondi, la sua camicia da notte sparì e si dedicarono di nuovo al passatempo preferito di Kane, la tortura sessuale... o almeno era così che Tabatha la vedeva.
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Sul tetto, intanto, Aurora cedette finalmente alla tentazione delle coperte. Ne stese una a terra e vi gettò un cuscino, abbracciando l’altro. Si avvolse nell’altra coperta e si distese, ripensando alla coppia che l’aveva trovata... avevano entrambi occhi color ametista.
Abbracciò il cuscino ancora di più quando si ricordò di un’altra persona con gli stessi occhi e si chiese se l’uomo con cui aveva fatto l’amore fosse della stessa razza. Aveva accusato l’uomo biondo di essere un vampiro anche se sapeva che non lo era, ma non aveva nient’altro con cui paragonarlo.
Non temeva i vampiri, ce n’erano parecchi nel regno dei demoni. Una delle tante volte in cui era scappata da Samuel, era finita in un nido e le creature l’avevano assalita come uno sciame di api arrabbiate. Era riuscita ad ucciderne buona parte a mani nude, prima di essere sopraffatta.
Ricordava ancora la sensazione degli artigli che le strappavano i vestiti e delle zanne che affondavano nella sua carne. Non sapeva chi fosse rimasto più sorpreso, se lei o i vampiri che, mordendola, iniziarono a bruciare dall’interno.
Alla fine, quelli rimasti tornarono indietro quando realizzarono di non poterla prosciugare. Lei alzò lo sguardo e vide Samuel che le sorrideva. I brandelli dei pochi vestiti che lui le faceva tenere furono strappati via e lei fu costretta per molto tempo in quelle condizioni, senza allontanarsi da lui.
Avrebbe potuto riprendersi i vestiti ma Samuel aveva insistito perché lei facesse l’amore con lui senza opporre resistenza, se voleva riavere il suo pudore e, in quel momento lei concluse che quella qualità era piuttosto sopravvalutata.
L’uomo nella metropolitana l’aveva morsa ma non le era sembrato come la spietata lacerazione della carne che aveva subito altre volte, e lui era sopravvissuto al sangue che le aveva succhiato. Piegò il collo ricordando quella sensazione, poi strinse le gambe quando sentì un impulso tra le cosce.
Si morse il labbro inferiore ricordando che, quando Samuel le aveva detto di aver ucciso il vampiro, il petto le era sembrato pesante, ma il sollievo di sapere che non era vero le tolse quel peso. Si accigliò, chiedendosi se l’uomo avesse battuto Samuel in un combattimento, poi sospirò, sapendo che era solo una sua speranza.
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Dall’altra parte della città, intanto, Michael se ne stava sulla soglia della porta, a contemplare la sua camera dopo averla rimessa a posto. Era tornato tutto come prima, tranne il letto... l’antico telaio che sosteneva il materasso non c’era più.
Ne sentiva già la mancanza ma, scrollando le spalle, decise che era meglio lasciarlo così finché non avrebbe imparato a controllare quei picchi di potere. Non aveva avuto il coraggio di gettarlo via e l’aveva riposto in soffitta. Con un po’ di fortuna, sarebbe riuscito a sistemarlo più in là.
Non poté fare a meno di ridere quando Scrappy saltò sul materasso. Il cagnolino lo fissò in modo strano per un momento, prima di girare in tondo così in fretta da non riuscire più a stare in piedi.
“Tu non stai bene, lo sai, vero?” esclamò Michael, scuotendo la testa.
Scrappy abbaiò e si rimise in piedi, ma Michael rise vedendolo camminare ancora in cerchio. Alla fine fu intenerito e lo prese in braccio.
“Beh, questo è un modo per ubriacarsi, ma io conosco un altro modo che potrebbe fare proprio al caso mio, stasera.” Accarezzò le orecchie di Scrappy “Speriamo che il mio compagno di bevute sia libero.” Mise giù il cucciolo e cercò il cellulare in tasca, poi si ricordò di averlo schiacciato accidentalmente nella metropolitana.
In quel momento squillò il telefono di casa e lui scese in soggiorno per rispondere.
“Di’ a Kat che mi serve una bottiglia di Heat... anzi, due.” Michael rispose andando dritto al punto.
“Brutta giornata, eh?” disse Warren, poi guardò Devon che era rinchiuso nella gabbia sulla pista da ballo. “Ho proprio qualcosa per distrarti dai tuoi problemi. Potrai avere tutto l’Heat che vuoi, se vieni a darmi una mano con Devon.”.
“Affare fatto.” Michael riagganciò, sentendo un’improvvisa scarica di adrenalina.
Decidendo di sfruttarla, uscì di casa prima che le lancette dell’orologio riuscissero a segnare il secondo successivo. Fermandosi di colpo, si girò sentendo Scrappy che grattava la porta.
Aprendola, giurò quasi di aver visto il cucciolo fulminarlo con lo sguardo prima di uscire. “Forse una porta basculante sarebbe una buona idea.” disse perplesso. “E non dirlo al tuo paparino.”
Scrappy abbaiò prima di andare sul retro della casa.
“Traditore.” gridò Michael.
Ascoltando il pesante silenzio della casa vuota, chiuse la porta... gli mancava avere tra i piedi Kane, Damon e Alicia. Aveva vissuto da solo per così tanto tempo, in passato, e non si era reso conto di essere effettivamente solo.
Con un sospiro, si allontanò e decise di arrivare al Moon Dance il più in fretta possibile. Per qualche ragione, non voleva stare da solo quella sera.
La prima cosa che vide quando entrò nel club furono Kat e Quinn affacciati alla ringhiera che dava sulla pista da ballo. Piegò la testa di lato, con un lieve sorriso sulle labbra.
“Che succede?” chiese, vedendo cosa stavano guardando i due.
“Devon sta facendo un nuovo balletto nella gabbia.” Quinn sogghignò, poi si tenne la testa quando Kat lo schiaffeggiò sulla nuca. “Che c’è?” le chiese con aria innocente.
Kat incrociò le braccia al petto e lo guardò come se fosse lui stupido della situazione “Stai scherzando?!”.
Michael si accigliò per le stramberie di quei due e rimase perplesso nel vedere l’altra scena. Warren era seduto su una sedia, con i piedi appoggiati su un secchio di vernice, e fissava Devon con uno sguardo avvilito. Michael alzò un sopracciglio quando notò che la porta della gabbia era bloccata da una catena massiccia.
“Per favore, puoi provare a far ragionare Warren?” lo supplicò Kat.
“Non è Devon quello che dovrebbe ragionare?” Quinn la corresse, poi indietreggiò di scatto quando lei gli lanciò un’occhiataccia.
“Allora vuoi proprio litigare?” chiese Kat, poi fece un passo indietro quando lui si avvicinò e rispose “Sì.” con una sensuale voce cupa.
Michael scosse la testa quando Kat corse su per le scale con Quinn alle calcagna. Doveva ammettere che, il più delle volte, lei era più intelligente dei suoi fratelli. Guardò di nuovo giù e vide un sorriso quasi perfido sul volto di Warren.
Eh sì, qualunque fosse la ragione per cui teneva Devon prigioniero, si stava divertendo a fare la parte del carceriere.
Sentendosi osservato, Warren alzò lo sguardo e salutò Michael. Prese la bottiglia di Heat da terra e la sollevò, in modo che l’altro potesse vederla. “Mi fai compagnia?”.
Devon sospirò, seduto con la schiena poggiata contro le sbarre. Vedere Michael scendere le scale era proprio quello di cui aveva bisogno. Sbatté la testa contro l’acciaio, facendo vibrare le sbarre. Non avrebbe avuto tregua, con quei due.
“Mi dispiace deluderti ma lo spettacolo è finito.” sibilò Devon.
“Che mi sono perso?” chiese Michael, strofinandosi