–Ma Vossignoria è medico!
–Medico e chirurgo;—soggiunse Laurenti—ma non ho studiato quest'arte, se non per impratichirmi in alcuni rami delle scienze naturali, e non ho mai più fatto un salasso, nè scritto una ricetta.
–Oh, non importa;—ripigliò il Giacomo.—Vossignoria ha da essere pur sempre un uomo che sa il fatto suo, da quello che vedo. Non fo per entrare nelle sue faccende, che non mi risguardano, e ricordo il proverbio dei miei vecchi: «impacciati ne' fatti tuoi;» ma Ella fa molto male a non esercitare una professione così bella. O che, mi canzona? Quel toccare il polso ad una persona, e veder subito, ad occhi chiusi, che cosa ci ha dentro di guasto; trovare per ogni male il suo rimedio, come io lo trovo per le mie piante….. E dire che le mie piante, quando hanno male, le si capiscono subito, e i rimedii si contano sulle dita; laddove per gli uomini, e per le donne, gli è un altro paio di maniche. Ma io vado fuori del seminato, con queste mie chiacchere…..
–No, caro Giacomo; amo anzi molto di barattare quattro parole colla brava gente del vostro stampo.
–Grazie della sua bontà!—rispose commosso il giardiniere, e nella commozione si lasciò andare a stendergli la sua mano callosa.—Verrò, con sua licenza, a vederla qualche volta, e per fare qualcosa, le darò anche una mano in giardino. Vossignoria, per esempio, mi scusi veh!… ma non la mi sembra aver molta pratica delle margotte.
–Avete un subbisso di ragioni; fo tutto d'inspirazione, come vedete, e avrò caro che mi correggiate. Ma… le vostre visite non dispiaceranno poi… al vostro padrone?
–Che padrone? Io non ho padroni. La mia signora, che è sola in casa e comanda lei, è una dama come va, e non sarà dolente, quando lo sappia, che io faccia qualche cosa per un così buon vicino, e sopratutto così cheto, che non lo si sente mai.
–Che cosa volete voi dire?—dimandò ansioso Laurenti.
–Dico quello che è. Veda, due anni or sono, ci stava qui una famiglia chiassosa che nulla più; mezza dozzina di marmocchi che facevano un casa del diavolo; poi una fantesca che gridava come una spiritata, con una vociaccia da schiuder le orecchie ai sordi; poi de' buontemponi che venivano a giuocare alle pallottole col capo di casa…. Insomma, la mia povera signora non poteva uscir mai nel giardino, che ella ama pur tanto; non poteva affacciarsi mai sulla prateria qui sotto, a cagione di quel diavoleto.
–Non l'ho mai veduta;—disse Laurenti con piglio sbadato.
–Bravo, perchè Vossignoria guarda le nuvole, sia detto con sua buona licenza. Ma noi l'abbiamo veduta, sul muro accanto all'olmo, proprio l'ultima volta che la signora venne in giardino.
La conversazione diventava importantissima pel nostro innamorato; laonde, facendo uno sforzo supremo per vincere il suo turbamento, si affrettò a sostenerla con quest'altra frase posticcia:
–Ama molto i fiori, la vostra signora?
–Oh molto; ma, poverina, non può goderne come vorrebbe. La è giù di salute, e v'hanno giorni che non le dà neppur l'animo di uscire all'aperto.
–E che cos'ha?
–Non so; Ella non vuol saperne di medici, e dice che non è nulla, che il suo male passerà presto. Ma io non ne credo un'acca.
–E la gente di casa perchè non cerca di persuaderla?
–Oh, signor Laurenti!…..—rispose Giacomo, stringendo le labbra.—La è tutta gente che pensa al suo guadagno e non guarda più in là. La governante, quella del gatto, è una beatella egoista, che è contenta di pigliarsi gli spogli della padrona e far roba per sè. Il cameriere è uno zotico, che non parla mai; le due fanti peggio che peggio; insomma, la veda, l'unico che si curi un tratto della signora sono io, io Giacomo Vernazza, suo giardiniere.
–E siete un uomo a modo;—gli disse Laurenti, mettendogli una mano sulla spalla. Iddio vi compenserà dell'amore che portate alla vostra signora.
–Oh se Dio la sentisse, signor Laurenti…
–E che cosa?….
–Nulla, nulla! Acqua in bocca; se no, dico qualche eresia da dovermene andare a confessare dal Papa.
–Comunque sia,—ripigliò Guido—sta a voi di persuaderla a mandare pel medico.
–Eh, non sono già stato a farmelo dire. Quindici giorni fa, ho tanto picchiato che la mi ha detto; fa a modo tuo; e il medico ce l'ho condotto. Ha toccato il polso, ha guardato la lingua, gli occhi, la pelle, ha fatto una dozzina di domande, poi ha ordinato certe acque, del moto, dei vescicanti, e poi se n'è andato via. La padrona lo ha lasciato fare, lo ha lasciato dire, l'ha accompagnato fino all'uscio con gli occhi, e con un sorriso malinconico, e poi non ha fatto un bel nulla. Del resto, salvo il moto, che mi pare utilissimo, in tutte le altre cose che ha detto il magnifico, ci ho fede come nella settimana dei quattro giovedì.
–E perchè? Non siete voi che poco fa dicevate tanto bene dei medici.
–Sì, sì, ma non di quello, che mi pareva, con licenza di Vossignoria, un asino calzato e vestito.
Guido era cosiffattamente accorato, che non potè nemmanco ridere dei motti del giardiniere.
–E nessun amico di casa la consiglia?—soggiunse egli.
–O chi vuole che la consigli, se non viene in casa nessuno? Ma, la non dubiti, ci penserò io. Sono una bestia, con sua licenza, ma le mie buone inspirazioni di tanto in tanto ce l'ho. Ora Ella scusi la chiaccherata, che è stata lunga oltre il bisogno; ma sono fatto così: quando posso aprire il cuore, lo spalanco addirittura.
–Bravo, Giacomo! a rivederci.
–A rivederci sicuro. E con questo, fo di cappello a Vossignoria.
VIII
Per l'anima di Laurenti fu quello un giorno di sole. Imperocchè, avete a sapere, o lettori, che l'anima ci ha i suoi giorni di sole, e i suoi giorni di nebbia, i quali non concordano sempre colle notizie meteorologiche dell'Osservatorio. Laonde, egli può essere giorno di nebbia fitta, ed anco di burrasca, per voi, quando per tutti gli altri mortali risplende il cielo e sale a venti gradi il mercurio nel termometro di Réaumur; laddove, per contro, e' sarà giorno di sole per voi, quando pioverà a catinelle. Io, verbigrazia, mi ricorderò sempre di una splendida giornata, quando un fitto nevischio….. o che diamine? ero sul punto di raccontarvi i fatti miei.
Insomma il ghiaccio era rotto, e squagliato nel medesimo tempo. Il giardiniere gli era diventato amicissimo, e stavano già come pane e cacio. La signora lo aveva veduto, pensava qualche volta a lui, poichè a lui era debitrice di quella tranquillità, di quella solitudine, che le consentivano di uscire a diporto nella villa. Nessuno andava a visitarla; non c'era dunque un amante, neppure un cavaliere servente che aspirasse a diventarlo. Quante buone notizie, e tutte scovate in fondo ad un vaso di camelie!
Non sapeva ancora il suo nome; ma, innanzi a tutto quello che già gli era noto, il nome non faceva più caso, come dapprima. La conoscenza era avviata, e, a giudicarne da quel tanto che ne aveva cavato, non gli sembrava che tutte l'altre novelle importanti dovessero farsi molto aspettare. La bella innominata era inferma, poverina! ma sarebbe risanata; ancora non vedeva il come, ma certamente e presto.
Gli era un giorno di sole, davvero, e Laurenti vedeva bella ogni cosa.
Uscì a diporto. Il giardino gli pareva troppo stretto, per contenere una gioia così grande. Venti minuti dopo, gli pareva stretta la cerchia delle mura. Corse dai Busnelli, si fe' sellare un bel baio che teneva nelle loro scuderie, e andò a fare una trottata verso il bel paese di Quinto. Gli bisognava respirare largo, muoversi a precipizio, in cadenza coll'allegra torma dei suoi nuovi pensieri.
–Donna divina!—pensava egli, mentre le zampe ferrate del suo cavallo scalpitavano sul ponte levatoio di Porta Pila;—ed io ho vissuto tanto da presso a lei, senza vederla, senza accorgermi di nulla! Ho respirato la medesima aria che ella respira…. Sì, e mi giova respirarla più da vicino. Oramai, bisogna che io la veda. Il male è fatto; sono innamorato come un pazzo…. Ed è poi un male? Ella non è