Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11. Edward Gibbon. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Edward Gibbon
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Жанр произведения: Зарубежная классика
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di Bisanzo. Costui, Melo di nome, nobile di Bari, dopo una congiura infelicemente tentata, costretto a fuggire, cercava altri colleghi, e vendicatori della sua patria. Il contegno ardito de' Normanni riaccese in lui la speranza, e il persuase confidarsi ad essi, che ne ascoltarono le lamentazioni, e più ancora le promesse174. La prospettiva di ricchezze che offerse loro, serviva a dimostrar giusta la costui causa, ed un fertile territorio oppresso da effeminati tiranni, parve ai Normanni un retaggio dovuto unicamente al valore. Di ritorno in patria, vi eccitarono e dilatarono l'amore delle lontane spedizioni, e una banda di venturieri, poco numerosa ma intrepida, volontariamente per liberare la Puglia si collegò. Attraversate in separati drappelli le Alpi, e nascosti sotto abiti di pellegrini, trovarono nelle vicinanze di Roma Melo, che dopo avere somministrati cavalli ed armi ai più poveri, li condusse immediatamente alla pugna. Nel primo scontro il loro valore trionfò; ma nel secondo, costretti a cedere ai Greci, superiori di numero, e di macchine belliche ben provveduti, si ritirarono indispettiti, senza però voltar mai le spalle al nemico. L'infelice Melo occupò il rimanente del viver suo sollecitando soccorsi della Corte Alemanna; e i Normanni, postisi per lui in cimento, esclusi dal paese che loro era stato promesso in guiderdone, errarono pei gioghi e per le vallate d'Italia, ridotti a conquistarsi colla spada il vitto giornaliero. Questa formidabile spada giovò a vicenda ai principi di Capua, di Benevento, di Salerno, e di Napoli che avean contese fra loro; e il valore, e la disciplina de' Normanni, faceano sempre piegar la vittoria a favor della causa che eglino difendeano. E aveano pur anche l'intendimento di mantenere l'equilibrio di potere fra questi diversi Stati, per tema che la preponderanza di un de' medesimi non rendesse men rilevanti e men utili i loro aiuti e i loro servigi. In un campo affortificato, posto in mezzo alle paludi della Campania, sulle prime poser dimora, ma non andò guari che un soggiorno più agiato e durevole dalla liberalità del Duca di Napoli ottennero. Egli edificò per essi, lontano otto miglia dalla sua Capitale, la città di Aversa, che fece inoltre munire, perchè fosse contro Capua il lor baluardo. Divennero per ducale concedimento gli usufruttuarj de' campi, de' verzieri, delle praterie, delle foreste di quel territorio ubertoso175. Quivi la fama de' buoni successi ottenutisi dai nostri venturieri conduceva ogni anno nuove bande di pellegrini e soldati; i poveri spinti dalla necessità, i ricchi incoraggiati dalla speranza: e quanti eranvi uomini valorosi e intraprendenti nella Normandia, venivano a cercare ivi gloria e fortuna. Oltrechè la città independente di Aversa offeriva asilo a quegli abitanti de' vicini paesi che posti eransi fuor della protezione delle leggi, e a chiunque avea potuto sottrarsi alla ingiustizia o alla giustizia de' suoi superiori; ben tosto questi rifuggiti, i costumi, e la lingua della gallica Colonia adottarono. Il Conte Rainolfo fu il primo Capo de' Normanni, nè v'ha chi ignori nella origine delle società essere il maggior grado, la ricompensa e la prova del maggior merito176.

      A. D. 1038

      Dopo che gli Arabi conquistata aveano la Sicilia, gl'imperatori greci ad altro non aveano pensato, che ai modi di ricuperare questa bella provincia: ma la lontananza e il mare, ai loro sforzi i più vigorosi opponeano insuperabili ostacoli. Le spedizioni più dispendiose, dopo avere offerti alcuni lampi di buon successo, non giovavano per ultimo che ad aggiugnere nuove pagine di calamità e di umiliazioni agli Annali di Bisanzo. Basti il dire, che una sola di queste imprese costò alla Grecia ventimila de' suoi migliori soldati; e i Musulmani vincitori si risero di una nazione che commetteva agli eunuchi non solamente la custodia delle sue donne, ma il comando ben anche de' proprj eserciti177. Dopo avere regnato due secoli, i Saracini colle loro discordie perdettero sè medesimi178. L'Emiro negò riconoscere l'autorità del Re di Tunisi: il popolo contra l'Emiro si sollevò; i Capi occuparono le città; l'infimo fra i ribelli, il suo villaggio, o il suo castello a grado suo governava, e fra due fratelli che si guerreggiavano, il più debole si volse ai Cristiani per implorarne soccorso. Ovunque rischi offerivansi, i Normanni erano pronti ad accorrere e a rendersi utili. Arduino, agente e interprete de' Greci, arrolò cinquecento cavalieri o guerrieri a cavallo sotto lo stendardo di Maniaces, governatore della Lombardia. Quando questi sbarcarono nella Sicilia, i due fratelli erano riconciliati; rimesso fra la Sicilia e l'Affrica il buon accordo, truppe comuni difendeano la costa. I Normanni conduceano l'antiguardo: onde gli Arabi di Messina fecero trista esperienza del valore di un nemico nuovo per essi. In una seconda azione campale, l'Emiro di Siracusa venne tratto d'arcione e passato da banda a banda da Guglielmo d'Altavilla, soprannomato Braccio di Ferro. In una terza battaglia, gli intrepidi soldati di questo capitano misero in rotta un esercito di sessantamila Saracini, non lasciando ai Greci altra fatica, fuor quella d'inseguire le vinte truppe: luminosa vittoria, benchè non debba tacersi che la penna dello Storico nel descriverla ha voluto entrare a parte di merito colla lancia normanna. Nondimeno ella è cosa certa che i Normanni in modo essenziale contribuirono al buon successo di Maniaces, il quale con questa vittoria, tredici città, e la più gran parte della Sicilia, al greco Imperatore sommise. Ma costui la propria gloria militare, con atti d'ingratitudine e tirannide, deturpò; nel divider le spoglie, non fece caso del merito dei suoi valorosi ausiliari, i quali, per tanto ingiurioso trattamento, videro offesi e il loro orgoglio, e la lor cupidigia. Giovandosi del loro interprete le proprie lagnanze innoltrarono; ma queste disdegnate, l'interprete fu frustrato. Benchè i patimenti della flagellazione riguardassero il solo che fu sottoposto alla pena, l'oltraggio feriva tutti quelli che lo aveano inviato: deliberarono vendicarsi; accorti però nel dissimulare fino all'istante che, o fosse di consenso de' Greci, o fuggendo, ebbero raggiunto il continente dell'Italia: i Normanni d'Aversa, non men si sdegnarono per l'oltraggio ricevuto dai loro fratelli; e la provincia della Puglia179 fu invasa come pegno di un credito che i Normanni aveano, sin vent'anni dopo la prima lor migrazione. Il loro esercito non sommava allora a più di settecento cavalieri, e cinquecento fantaccini, mentre sessantamila uomini, a quanto narrasi, erano la forza dell'esercito di Bisanzo, poichè furono richiamate in Italia le legioni, che nella Sicilia avevano guerreggiato180. Un araldo propose ai Normanni l'alternativa della battaglia o della ritirata. «La battaglia!» – sclamarono questi ad unanime voce, e un de' lor più robusti guerrieri atterrò con un colpo di pugno il cavallo del greco messo, che con nuovo cavallo fu rimandato. I Generali bisantini ebbero grande cura di nascondere il sofferto affronto alle truppe imperiali; ma due combattimenti che si succedettero, più segnalatamente a queste mostrarono quai fossero la forza e il valor de' Normanni. Nelle pianure di Canne gli Asiatici fuggirono all'aspetto degli avventurieri di Francia, e il duca di Lombardia cadde in potere de' vincitori. Gli abitanti della Puglia ad una nuova dominazione si assoggettarono, e l'Imperatore greco non salvò dal disastro che le quattro piazze di Bari, di Otranto, di Brindisi, e di Taranto. Da quest'epoca incomincia il Governo de' Normanni in Italia, Governo che la nascente colonia di Aversa ben tosto oscurò. Il popolo elesse dodici Conti181, e in queste scelte l'età, la nascita, il merito, regolarono i suffragi. Le contribuzioni distrettuali assegnate a questi ripartimenti, servivano ad uso particolare dei Conti, e ognun di essi innalzò nel mezzo delle sue terre, una Fortezza, che tenea in dovere i vassalli. La città di Melfi, residenza comune dei Conti, e situata nel mezzo della provincia, divenne la metropoli e la Fortezza dello Stato. Ognuno di questi dodici Capi avea per sè una casa, e un separato rione; il qual Senato militare la cosa pubblica amministrava. Il primo di essi, presidente e Generale della repubblica, ricevè il titolo di Conte della Puglia, dignità conferita a Guglielmo Braccio-di-Ferro, che, nello stile di quel secolo, veniva dipinto come un lione nella battaglia, un agnello nella società, un angelo ne' consigli182. Un autore normanno vissuto a quei giorni, descrive con tutta ingenuità i costumi e l'indole de' suoi compatriotti183. «I Normanni, dice il Malaterra, sono un popolo astuto, e vendicativo: l'eloquenza e la dissimulazione sembrano ereditarie fra loro: sanno abbassarsi all'adulazione: ma se la legge non li tiene in freno, a tutti gli eccessi delle lor passioni abbandonansi. I Principi normanni son gelosi di mostrarsi verso il popolo liberali; il popolo tiene la via di mezzo, o piuttosto unisce gli estremi dell'avarizia e della prodigalità; avidi d'arricchire e di dominare, disprezzano tutto quel che possedono, sperano tutto quello che


<p>174</p>

I Normanni erano pel loro valore conosciuti in Italia; alcuni anni prima, cinquanta de' loro cavalieri trovatisi a Salerno nel tempo che un'armatetta di Saracini veniva ad affrontar la città, chiesero armi e cavalli a Guaimaro III, allora principe di Salerno, e chiesto si aprissero loro le porte della città, fecero impeto ne' Saracini e li sconfissero. Guaimaro divisava conservar questi guerrieri presso di sè. Ma volendo essi ripartire, si fece promettere che sarebbero tornati con altri prodi di lor nazione per combattere gl'Infedeli (Hist. des republ. ital., t. I, p. 263.) (Nota dell'Editore).

<p>175</p>

L'autore della storia delle repubbliche italiane al tomo I p. 267, racconta in ben altro modo la cosa. Dopo la ritirata dell'imperatore Enrico II, i Normanni, unitisi sotto gli ordini di Rainolfo, presero Aversa, in allora piccolo castello del ducato di Napoli; ne erano padroni da pochi anni, quando Pandolfo IV, principe di Capua s'impadronì di Napoli all'impensata. Sergio, duce delle soldatesche, e Capo della repubblica, uscì coi principali cittadini fuori di una città, ove non potea veder senza orrore una straniera dominazione introdursi. Si ritirò in Aversa, e allorchè col soccorso de' Greci, e dei cittadini rimasti fedeli alla loro patria ebbe raccolto quanto denaro bastava a saziare la cupidigia dei venturieri normanni, si valse de' loro soccorsi ad assalire la guernigione del principe di Capua, che egli sconfisse tornando indi in potere di Napoli. In questa occasione, confermò ai Normanni il possedimento di Aversa, e de' suoi dintorni, formandone una contea della quale conferì l'investitura a Rainolfo. (Hist. des republ. ital., t. I, p. 267). (Nota dell'Editore).

<p>176</p>

V. il primo libro di Guglielmo Pugliese. Le descrizioni di questo scrittor di versi possono adattarsi a tutti gli sciami di Barbari e di Filibustieri.

Si vicinorum quis PERNITIOSUS ad illosConfugiebat, eum gratanter suscipiebant,Moribus et lingua, quoscunque venire videbant,Informant propria; gens efficiatur ut una.

e altrove quando parla de' venturieri Normanni, in cotal guisa si esprime.

Pars parat, exiguae vel opes aderant quia nullae;Pars quia de magnis majora subire volebant.
<p>177</p>

Luitprand., in Legatione, p. 485. Il Pagi ha schiarito questo avvenimento seguendo il manoscritto storico del Diacono Leone (t. IV, A. D. 965, n. 17-19).

<p>178</p>

V. la Cronaca araba della Sicilia, nel Muratori (Script. rerum italic., t. I, p. 253).

<p>179</p>

V. Gioffredo Malaterra che narra la guerra della Sicilia e la conquista della Puglia (l. I, c. 7, 8, 9-19), Cedreno, (tom. II, p. 741-743, 755, 756) e Zonara (tom. II, p. 237, 238) descrivono gli avvenimenti medesimi: e poichè i Greci si erano già avvezzi alle umiliazioni, una sufficiente imparzialità scorgesi ne' loro racconti.

<p>180</p>

Cedreno specifica il ταλμα ordinanza militare dell'Obsequium (Phrygia) e il μεθος parte, de' Tracesii (Lydia), v. Costantino (De Thematibus, 1, 3, 4, con la carta del Sig. Delisle); e chiama indi i Pisidii, e i Licaonii col predicato foederati.

<p>181</p> Omnes conveniunt et bis sex nobiliores,Quos genus et gravitas morum decorabat et aetas,Elegere duces. Provactis ad comitatumHis alii parent. Comitatus nomen honoris,Quo donantur erat. Hi totas undique terrasDivisere sibi, ni sors inimica repugnet,Singula proponunt loca quae contingere sorteCuique ducis debent, et quaeque tributa locorum.

E dopo avere parlato di Melfi, Guglielmo Pugliese aggiunge:

Pro numero comitum bis sex statuere plateas,Atque domus comitum tolidem fabricantur in urbe.

Leone d'Ostia (l. II, c. 67) ne istruisce in qual modo vennero distribuite le città della Puglia: ma inutile mi è sembrata una tal descrizione.

<p>182</p>

Guglielmo Pugliese (lib. II, c. 12). Mi fondo sopra una citazione del Giannone (Ist. civ. di Napoli t. II, p. 31), citazione che nell'originale non posso verificare. Il Pugliese loda le validas vires, probitas animi et vivida virtus di Braccio-di-Ferro, aggiugnendo che, se questo eroe fosse vissuto più lungamente, niun poeta avrebbe potuto pareggiarne il merito co' suoi canti (l. I, p. 258, l. II, p. 259). Braccio di ferro fu pianto dai Normanni, quippe qui tanti consilii virum dice il Malaterra (l. I, c. 12, p. 552) tam armis strenuum, tam sibi munificum, affabilem, morigeratum ulterius se habere diffidebant.

<p>183</p>

Malaterra (l. I, c. 3, pag. 550): Gens astutissima, injuriarum ultrix… adulari sciens… eloquentiis inserviens; espressioni che dimostrano qual fosse l'indole, fin passata in proverbio, de' Normanni.