A. 397
L'ultima speranza di un popolo, che non potea più contare nè sulle armi, nè sugli Dei, nè sul Sovrano del proprio paese, era collocata nel potente aiuto del Generale d'Occidente; e Stilicone, a cui non era stato permesso di rispingere gl'invasori della Grecia, s'avanzò a castigarli78. Fu allestita una numerosa flotta nei porti d'Italia; e le truppe, dopo una breve e prospera navigazione, sul mar Jonio, vennero sbarcate felicemente sull'Istmo, vicino alla rovina di Corinto. Il montano e selvoso paese d'Arcadia, favolosa residenza di Pane e delle Driadi, divenne la scena di una lunga e dubbiosa battaglia fra due Generali, non indegni l'uno dell'altro. Finalmente prevalse l'abilità e la perseveranza del Romano; ed i Goti, dopo una considerabile perdita per causa del disagio e della diserzione, appoco appoco si ritirarono all'alta montagna di Foloe, vicino alla sorgente del Peneo, sulle frontiere d'Elide, sacra provincia, che prima era stata esente dalle calamità della guerra79. Fu immediatamente assediato il campo dei Barbari: si voltarono in altra parte le acque del fiume80; e mentre soggiacevano essi alle intollerabili angustie della sete e della fame, si formò una forte linea di circonvallazione per impedirne la fuga. Dopo tali cautele Stilicone, troppo fidandosi della vittoria, si ritirò a godere del suo trionfo nei giuochi scenici, e nelle lubriche danze dei Greci; i suoi soldati, abbandonando gli stendardi, si sparsero pel paese dei loro alleati, ch'essi spogliarono di tutto quello, che s'era potuto salvare dalle mani rapaci dell'inimico. Sembra che Alarico prendesse il favorevol momento per eseguire una di quelle ardite imprese, nelle quali spicca l'abilità d'un Generale con maggior lustro, che nel tumulto di una giornata di battaglia. Per liberarsi dalla prigione del Peloponeso, dovè sforzare i trinceramenti che circondavano il proprio campo; fare una difficile e pericolosa marcia di trenta miglia fino al golfo di Corinto, e trasportare le sue truppe, gli schiavi e le spoglie sopra un braccio di mare, che nel più angusto intervallo fra Rio e l'opposto lido, e largo almeno mezzo miglio81. Le operazioni d'Alarico dovettero essere segrete, prudenti e rapide, poichè il Generale Romano restò confuso, quando seppe che i Goti, i quali avevan deluso i suoi sforzi, erano in possesso dell'importante provincia dell'Epiro. Quest'infelice dilazione concesse ad Alarico tempo abbastanza per concludere il trattato, che segretamente maneggiava co' Ministri di Costantinopoli. Il timor d'una guerra civile obbligò Stilicone a ritirarsi, al superbo comando de' suoi rivali, dagli stati d'Arcadio, ed ei rispettò nel nemico di Roma l'onorevol carattere d'alleato e di servo dell'Imperatore Orientale.
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Un Greco filosofo82, che vide Costantinopoli poco dopo la morte di Teodosio, pubblicò le sue libere opinioni intorno a' doveri de' Re ed allo stato della Romana Repubblica. Sinesio osserva e deplora il fatale abuso, che l'imprudente bontà dell'ultimo Imperatore aveva introdotto nella disciplina militare. I cittadini, ed i sudditi avevan comprato un'esenzione dall'indispensabil dovere di difendere il loro paese, che veniva difeso dalle armi de' Barbari mercenari. Permettevasi a' fuggitivi della Scizia di avvilire le illustri dignità dell'Impero; la feroce lor gioventù, che sdegnava il salutare freno delle leggi, era più ansiosa d'acquistar le ricchezze, che d'imitar le arti d'un popolo, oggetto per essi d'odio e di disprezzo; e la potenza de' Goti era come il sasso di Tantalo, sempre sospeso sulla sicurezza e la pace dello Stato sacrificato. Le misure, che Sinesio raccomanda di prendere, sono i dettami d'un generoso ed ardito patriota. Egli esorta l'Imperatore a ravvivare il coraggio de' propri sudditi coll'esempio d'una virile virtù; a bandire il lusso dalla Corte e dal campo; a sostituire, in luogo de' Barbari mercenari, un esercito d'uomini interessati alla difesa delle lor leggi e sostanze: a costringere, in tal momento di pubblico pericolo, gli artefici ad uscire dalle botteghe, ed i filosofi dalle scuole; a svegliar l'indolente cittadino dal suo sonno di piacere, e ad armare, per protegger l'agricoltura, le mani de' laboriosi coltivatori. Alla testa di tali truppe, che avrebbero meritato il nome e dimostrato lo spirito di Romani, anima il figlio di Teodosio ad affrontare una stirpe di Barbari che erano privi d'ogni real coraggio, ed a non posar le armi, finattantochè non li avesse scacciati nella solitudine della Scizia, o li avesse ridotti a quello stato di servitù ignominiosa, che i Lacedemoni anticamente imposero agli Eloti