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La causa di Roma e la condotta della guerra dell'Affrica furono affidate da Stilicone ad un Generale attivo e bramoso di vendicare le private sue ingiurie sul capo del tiranno. Lo spirito di discordia, che prevalse nella casa di Nabal, avea eccitato una mortal contesa fra' due suoi figli Gildone e Mascezel43. L'usurpatore insidiava con implacabile rabbia la vita del suo minor fratello, di cui temeva l'abilità ed il coraggio; e Mascezel, oppresso dalla superior forza, si riparò alla Corte di Milano, dove tosto ricevè la crudel notizia, che due suoi innocenti e miseri figli erano stati trucidati dall'inumano loro zio. L'afflizione del padre non fu sospesa, che dalla brama della vendetta. Il vigilante Stilicone già preparavasi a raccogliere le forze militari e marittime dell'Impero Occidentale; ed avea risoluto, qualora il tiranno facesse un'eguale e dubbiosa guerra, di marciare contro di esso in persona; ma siccome l'Italia esigeva la sua presenza, e poteva esser pericoloso l'indebolir la difesa della frontiera, giudicò miglior consiglio, che Mascezel s'assumesse questa difficile impresa alla testa di uno scelto corpo di veterani Galli, che avevan ultimamente servito sotto le bandiere d'Eugenio. Tali truppe, che furono esortate a convincere il Mondo, ch'esse potevano rovesciare ugualmente, che difendere il trono di un usurpatore, eran composte delle legioni Gioviane, Augustane ed Erculee; degli Ausiliarj Nerviani, dei soldati, che nei loro stendardi portavano il simbolo di un Leone, e delle truppe, che si distinguevano coi ben augurati nomi di Fortunata e d'Invincibile. Pure tal era la tenuità dei loro battaglioni, o la difficoltà di reclutare, che questi sette corpi44 di alta reputazione e dignità nella milizia Romana, non montavano a più di cinquemila uomini effettivi45. La flotta delle galere e delle barche da trasporto fece vela in una tempestosa stagione dal porto di Pisa in Toscana, e diresse il suo corso alla piccola isola di Capraia, che avea preso il nome dalle capre salvatiche, che in origine l'abitavano, e delle quali occupavasi allora il posto da nuova colonia di strana e selvaggia apparenza. «Tutta l'isola (dice un ingegnoso viaggiator di quei tempi) è piena o piuttosto contaminata da uomini, che fuggon la luce. Si danno il nome di Monaci o di solitarj, perchè vogliono viver soli senz'alcun testimone delle loro azioni. Temono i doni della fortuna pel timore di perderli; e per paura d'esser miserabili, abbracciano una vita di volontaria miseria. Quanto è assurda la loro scelta, quanto cieco il loro intelletto a temere i mali senza esser capaci di godere i beni dell'umana condizione! O questa malinconica frenesia è l'effetto di una malattia, oppure la coscienza della reità spinge questi infelici ad esercitare contro i propri lor corpi i tormenti, che si danno agli schiavi fuggitivi per mezzo della giustizia46». Tal era il disprezzo di un Magistrato profano pei Monaci della Capraja, che si venerarono dal pietoso Mascezel come gli eletti servi di Dio47. Alcuni di loro s'indussero per le sue preghiere ad imbarcarsi sopra la flotta; ed è stato osservato in onore del Generale Romano, che impiegava i giorni e le notti in preghiere, in digiuni, e nell'occuparsi a cantare i Salmi. Il devoto condottiere, che con tale rinforzo pareva che confidasse della vittoria, evitò gli scogli pericolosi della Corsica, costeggiò lungo la parte Orientale della Sardegna, e difese le sue navi dalla violenza del vento meridionale, gettando le ancore nel sicuro o capace porto di Cagliari alla distanza di quaranta miglia da' lidi dell'Affrica48.
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Gildone s'era preparato a far fronte all'invasione con tutte le forze dell'Affrica. Con la liberalità dei doni e delle promesse procurò d'assicurarsi la dubbiosa fedeltà de' soldati Romani, mentre attirava alle sue bandiere le remote tribù della Getulia e dell'Etiopia. Mise in ordine un'armata di sessantamila uomini, ed altamente vantavasi con quella temeraria presunzione, che suol precorrere la disgrazia, che la sua numerosa cavalleria calpestato avrebbe le truppe di Mascezel, ed involto in un nuvolo di ardente sabbia i nativi delle fredde regioni della Gallia e della Germania49. Ma il Mauritano, che comandava le legioni d'Onorio, era troppo bene informato delle maniere de' suoi nazionali per concepire alcun serio timore di un disordinato e nudo esercito di Barbari, il braccio sinistro dei quali invece di scudo non era difeso che da un mantello; che, appena scagliato aveano con la destra il lor giavelotto, restavano totalmente disarmati; ed i cui cavalli non erano mai stati ammaestrati a soffrir l'impaccio della briglia, o ad obbedirne la guida. Egli fermò il suo campo di cinquemila veterani in faccia ad un superiore nemico, e dopo la dilazione di tre giorni diede il segno di una generale battaglia50. Avanzandosi Mascezel sulla fronte con belle offerte di perdono e di pace, incontrò uno dei primi che portava lo stendardo Affricano, e ricusando questo di cedere, gli tagliò il braccio con la sua spada. Cadde a quel colpo insieme col braccio l'insegna; e subito fu replicato da tutte le bandiere della fila quel supposto atto di sommissione. A questo segno le disaffezionate coorti proclamarono il nome del legittimo loro Sovrano; i Barbari, sorpresi per la diserzione dei Romani loro alleati, si dispersero, secondo il loro costume, in una tumultuaria fuga; e Mascezel ottenne l'onore di una facile e quasi non sanguinosa vittoria51. Il tiranno dal campo di battaglia fuggì al lido del mare; e si gettò in un piccol vascello con la speranza di giugner sicuro a qualche amico porto dell'Impero Orientale; ma l'ostinazione del vento lo rispinse nel porto di Trabaca52, che aveva riconosciuto insieme col resto della provincia il dominio d'Onorio, e l'autorità del suo vicario. Gli abitanti, in prova del pentimento e della fedeltà loro, arrestarono la persona di Gildone, e lo posero in carcere; ma la propria disperazione lo liberò dall'intollerabil tormento di soffrir la presenza di un ingiuriato e vittorioso fratello53. Si portarono al piè dell'Imperatore i prigionieri e le spoglie dell'Affrica: ma Stilicone, la moderazione del quale appariva sempre più cospicua e più sincera in mezzo della prosperità, tuttavia affettò di osservar le leggi della Repubblica: e deferì al Senato ed al Popolo Romano il giudizio de' più illustri delinquenti54. Fu pubblico e solenne il loro processo; ma i Giudici nell'esercizio di quell'antiquata e precaria giurisdizione, erano impazienti di punire i Magistrati Affricani, che avevano intercettato la sussistenza del Popolo Romano. Quella ricca e colpevol Provincia fu oppressa dai ministri Imperiali, che avevano un interesse visibile a moltiplicare il numero dei complici di Gildone; e quantunque sembri, che un editto d'Onorio freni la maliziosa industria degli accusatori, un altro editto, alla distanza di dieci anni, continua e rinnova la processura di que' danni, che furon fatti nel tempo della general ribellione55. Gli aderenti del tiranno, che scamparono dal primo impeto dei soldati e dei giudici, poteron trarre qualche consolazione dal tragico fine del fratello di lui, che non potè mai ottenere il perdono per gli straordinari servigi, che avea prestati. Dopo d'aver terminato un'importante