Nella serie dei dipendenti, la ricchezza e dignità dei quali s'attirò il riguardo dei contemporanei, vien eccitata la nostra curiosità dal celebre nome del poeta Claudiano, che godeva il favore di Stilicone e che restò oppresso nella rovina del suo Signore. I titolari ufizi di Tribuno e di Notaro fissavano il suo grado nella Corte Imperiale; ei dovè alla potente intercession di Serena il suo matrimonio con una ricca erede della Provincia dell'Affrica176; e la statua del poeta, eretta nel Foro di Traiano, fu un monumento del gusto e della liberalità del Senato Romano177. Dopo che le lodi di Stilicone divennero offensive e colpevoli, Claudiano fu esposto all'inimicizia di un potente ed implacabile Cortigiano, ch'egli avea provocato coll'insolenza dell'ingegno. Aveva esso paragonato in un vivace epigramma gli opposti caratteri dei due Prefetti del Pretorio d'Italia; ed aveva posto a contrasto l'innocente riposo di un Filosofo, che alle volte impiegava le ore degli affari nel sonno, e forse nello studio, coll'interessata diligenza d'un rapace Ministro, instancabile nella ricerca d'un ingiusto e sacrilego guadagno. «Quanto felice, esclama Claudiano, quanto felice avrebbe potuto essere il popolo d'Italia se Mallio avesse potuto sempre vigilare, ed Adriano sempre dormire»178! Il riposo di Mallio non fu sturbato da quest'amichevole e gentile ammonizione; ma la crudel vigilanza d'Adriano attendeva l'occasione della vendetta, e facilmente ottenne dai nemici di Stilicone il tenue sacrifizio d'un colpevol poeta. Egli però si nascose nel tumulto della rivoluzione; e consultando i dettami più della prudenza che dell'onore, indirizzò in forma di lettera una supplichevole ed umile ritrattazione all'offeso Prefetto. Deplora in flebile tuono la fatale indiscretezza, alla quale trasportato l'avea la passione e la follìa; propone al suo avversario l'imitazione degli esempi generosi di clemenza degli Dei, degli Eroi, e dei Leoni, ed esprime la sua speranza, che la magnanimità d'Adriano non calpesterà un miserabil e dispregevol nemico, già umiliato dalla disgrazia e dalla povertà, e profondamente colpito dall'esilio, dai tormenti, e dalla morte dei suoi amici più cari179. Qualunque fossero il successo della sua preghiera, e gli accidenti della futura sua vita, nel corso di pochi anni restarono ugualmente sepolti il ministro ed il poeta: ma il nome d'Adriano è quasi caduto nell'obblivione; laddove Claudiano si legge con piacere, dovunque si è ritenuta o acquistata la cognizione della lingua Latina. Se noi vogliamo giustamente bilanciare i meriti e i difetti di esso, dovrem confessare che Claudiano nè soddisfa nè impone silenzio alla nostra ragione. Non potrebbe facilmente prodursi un passo di lui, che meriti l'epiteto di sublime o di patetico; nè scegliersi un verso che tocchi il cuore, o estenda l'immaginazione: invano si cercherebbero ne' poemi di Claudiano la felice invenzione e l'artificial condotta di una favola che interessi, o la giusta e vivace pittura dei caratteri e delle situazioni della vita reale. Secondo le occasioni, faceva in servigio del suo Protettore dei panegirici e delle invettive: e il disegno di tali schiave composizioni favoriva la sua inclinazione in eccedere i limiti del vero e della natura. Queste imperfezioni però sono in qualche modo compensate dalle poetiche qualità di Claudiano. Egli era dotato del raro e prezioso talento d'elevare i più mediocri, d'adornare i più sterili, e di variare i più uniformi argomenti: il suo colorito, specialmente nella poesia che descrive, è splendido e molle; e rare volte manca di far pompa, ed anche abuso de' vantaggi d'un coltivato intelletto, d'una copiosa fantasia, d'una facile ed alle volte vigorosa espressione, e d'una sempre fluida ed armoniosa versificazione. A queste lodi, indipendenti da ogni circostanza di tempo o di luogo, si deve aggiungere il merito particolare, che trasse Claudiano dalla sfavorevole condizione della sua nascita. Nella decadenza delle arti e dell'Impero, un Egiziano180, ch'era stato educato da un Greco, assunse in età matura l'uso famigliare, ed ottenne l'assoluto possesso della lingua Latina181; si innalzò al di sopra de' suoi deboli contemporanei; e dopo uno spazio di trecent'anni prese posto fra' poeti dell'antica Roma182.
CAPITOLO XXXI
A. 408
L'insufficienza d'un debole e disastrato governo può spesse volte aver l'apparenza, e produrre gli effetti d'una perfida corrispondenza col pubblico nemico. Se Alarico medesimo fosse stato ammesso nel Consiglio li Ravenna; egli avrebbe probabilmente proposto quello stesse misure, che furono effettivamente prese da Ministri d'Onorio183. Il Re de' Goti avrebbe forse con qualche ripugnanza cospirato alla distruzione di quel formidabil nemico, dalle armi del quale tanto in Italia che in Grecia per ben due volte era stato vinto. L'attivo ed interessato lor odio produsse con molta fatica la disgrazia e la rovina del grande Stilicone. Il valore di Saro, la sua fama nelle armi, e la personale o ereditaria influenza, che aveva sui Barbari confederati, l'avrebbero potuto far rispettare agli amici della Patria, che disprezzavano o detestavan gl'indegni caratteri di Turpilione, di Varone e di Vigilanzio. Ma per le premurose istanze de' nuovi favoriti, questi Generali, che s'erano dimostrati indegni del nome di soldati184, furon promossi al comando della cavalleria, dell'infanteria e delle truppe domestiche. Il Principe Goto avrebbe sottoscritto con piacere l'editto, che il fanatismo d'Olimpio dettò al devoto e semplice Imperatore. Onorio escluse da ogni ufizio nello Stato chiunque fosse contrario alla Chiesa Cattolica, ostinatamente rigettò il servizio di tutti quelli, ch'erano di religione diversa dalla sua; ed inconsideratamente licenziò molti de' più bravi ed abili suoi Ufiziali, che erano aderenti al Culto Pagano, o seguivano le opinioni dell'Arrianesimo185. Alarico avrebbe approvato, e forse anche suggerito passi così vantaggiosi al nemico; ma si potrebbe dubitare se il Barbaro avesse promosso il proprio interesse a spese dell'inumana ed assurda crudeltà, che si commise con la direzione, o almeno coll'assenso de' Ministri Imperiali. Gli ausiliari esteri, ch'erano attaccati alla persona di Stilicone, si dolevano della sua morte; ma il desiderio della vendetta era in essi frenato da un natural timore per la salute delle mogli e de' figli loro, che ritenevansi come ostaggi nelle città forti dell'Italia, dov'essi avevano parimente depositato i loro più preziosi effetti. Nella medesima ora, e come per mezzo d'un segnale comune, le città dell'Italia furon macchiate dalle stesse orride scene di universale strage e saccheggio, che produsse la distruzione delle famiglie insieme e de' beni de' Barbari. Esacerbati questi da tal ingiuria, che avrebbe potuto scuotere i più torpidi e servili spiriti, gettaron un'occhiata di sdegno e di speranza verso il campo d'Alarico, e concordemente giurarono di perseguitare con giusta ed implacabile guerra quella perfida nazione, che aveva sì vilmente violato le leggi dell'ospitalità. Per l'imprudente condotta de' Ministri d'Onorio la Repubblica perdè l'assistenza, e meritò l'inimicizia di trentamila de' suoi più bravi soldati; ed il peso di tal formidabile armata, che sola avrebbe potuto determinar l'evento della guerra, passò dalla bilancia de' Romani in quella de' Goti.
A. 408
Nelle arti della negoziazione ugualmente che in quello della guerra il Re Goto godeva un superiore ascendente sopra un nemico, le apparenti variazioni del quale nascevano dalla total mancanza di consiglio e di mire. Alarico, dal suo campo ne' confini dell'Italia, attentamente osservava le rivoluzioni del Palazzo, spiava il progresso della fazione e della malcontentezza, mascherava l'ostile aspetto d'un Barbaro invasore, e prendeva la più popolare apparenza d'un amico ed alleato del grande Stilicone, alle virtù del quale, quando non erano più per lui formidabili, poteva dare un giusto tributo di sincera lode e rammarico. Il pressante invito de' malcontenti, che sollecitavano il Re de' Goti ad invader l'Italia, acquistò maggior forza da un vivo sentimento delle personali sue ingiurie;