Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 6. Edward Gibbon. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Edward Gibbon
Издательство: Public Domain
Серия:
Жанр произведения: Зарубежная классика
Год издания: 0
isbn:
Скачать книгу
loro le selvagge e le civili nazioni della terra150.

      A. 407

      Mentre assicurata era la pace della Germania dall'attaccamento dei Franchi e dalla neutralità degli Alemanni, i sudditi di Roma, ignorando le imminenti loro calamità, godevan lo stato di prosperità e di quiete, che rare volte felicitato aveva le frontiere della Gallia. Ai loro greggi ed armenti era permesso di pascere nelle pasture dei Barbari; i loro cacciatori penetravan senza timore o pericolo nei più cupi nascondigli della selva Ercinia151; le rive del Reno eran coronate, come quelle del Tevere, di eleganti case e di possessioni ben coltivate; e se un poeta navigava pel fiume, potea dubitare da qual parte fosse il territorio Romano152. Fu ad un tratto cangiata questa scena di pace e d'abbondanza in un deserto; ed il solo aspetto delle fumanti rovine potea distinguere la solitudine della natura dalla desolazione dell'uomo. La florida città di Magonza fu sorpresa e distrutta; e molte migliaia di Cristiani crudelmente furono trucidati nella sessa Chiesa. Worms perì dopo un lungo ed ostinato assedio; Strasburgo, Spira, Reims, Tournay, Arras, ed Amiens provarono la crudele oppressione del giogo Germanico; e le fiamme consumatrici della guerra si sparsero dalle rive del Reno sulla maggior parte delle diciassette Province della Gallia. Restò quell'esteso e ricco paese fino all'Oceano, alle Alpi, ed ai Pirenei abbandonato ai Barbari, che in una promiscua folla cacciavano avanti di loro il Vescovo, il Senatore e la Vergine, carichi delle spoglie delle proprie case ed altari153. Gli Ecclesiastici, ai quali noi siam debitori di questa sconnessa descrizione delle pubbliche calamità, presero quindi occasione d'esortare i Cristiani a pentirsi delle colpe, che avevano irritata la divina giustizia; ed a rinunziare ai beni transitorj del misero ed ingannevole Mondo. Ma siccome la controversia Pelagiana154, che tenta di scandagliare l'abisso della Grazia e della Predestinazione, divenne tosto la seria occupazione del clero Latino, la Providenza, che aveva stabilito, o preveduto, o permesso tal serie di mali naturali e morali, fu temerariamente pesata nell'imperfetta e fallace bilancia della ragione. Arrogantemente si confrontarono i delitti e le disgrazie dell'angustiato popolo con quelle dei loro maggiori; e fu attaccata la divina giustizia, che non esimeva dalla comun distruzione la parte debole, innocente e puerile della specie umana. Questi oziosi disputanti non riflettevano alle invariabili leggi della natura, che hanno congiunto la pace coll'innocenza, l'abbondanza coll'industria, e la salvezza col valore. La timida ed interessata politica della Corte di Ravenna potè richiamar le legioni Palestine per la difesa dell'Italia; gli avanzi delle truppe di guarnigione restatevi potevano essere insufficienti all'ardua impresa; ed i Barbari ausiliari poteron preferire la sfrenata licenza della preda al vantaggio di un moderato e regolare stipendio. Ma le Province della Gallia eran piene di una copiosa stirpe di forti e robusti giovani, che in difesa delle case, delle famiglie e degli altari loro, se avessero avuto coraggio di morire, avrebbero meritato di vincere. La cognizione del nativo loro paese gli avrebbe resi capaci di opporre continui ed insuperabili ostacoli al progresso d'un invasore; e l'insufficienza dei Barbari nelle armi, ugualmente che nella disciplina, toglieva l'unico pretesto, che scusa la sommissione d'un popolato paese all'inferior numero d'un esercito veterano. Allorchè la Francia fu invasa da Carlo V, ei dimandò ad un prigioniero quante giornate poteva esser distante Parigi dalla frontiera; forse dodici, ma saranno giornate di battaglia155: tale fu la vigorosa risposta, che colpì l'arroganza di quell'ambizioso Principe. I sudditi di Onorio e di Francesco I, erano animati da uno spirito assai differente; ed in meno di due anni le sparse truppe dei selvaggi del Baltico, il numero de' quali (se fossero stati ben numerati) sarebbe parso dispregevole; s'avanzarono senza neppure un combattimento fino a piè dei monti Pirenei.

      A. 407

      Nella prima parte del regno d'Onorio, la vigilanza di Stilicone aveva con buon successo difesa la remota Isola della Britannia da' suoi continui nemici dell'Oceano, delle montagne, e della costa d'Irlanda156. Ma quegl'inquieti Barbari non poteron trascurare la bella opportunità della guerra Gotica, in cui le mura ed i quartieri della Provincia restaron privi di truppe Romane. Se permettevasi ad alcuno de' Legionari di tornare dalla spedizion d'Italia, il fedele ragguaglio, che davano della Corte e del carattere d'Onorio, doveva tendere a sciogliere i vincoli d'alleanza, e ad esacerbare l'indole sediziosa dell'armata Britannica. Fu ravvivato lo spirito di ribellione, che aveva una volta turbato il secolo di Gallieno, dalla capricciosa violenza de' soldati; e gl'infelici, e forse ambiziosi candidati, che erano gli oggetti della loro scelta, furono gl'istrumenti, ed alla fine le vittime della loro passione157. Marco fu il primo, che essi collocarono sul trono come legittimo Imperatore della Britannia e dell'Occidente. Violarono con la precipitosa uccisione di Marco il giuramento di fedeltà, a cui s'erano da loro stessi obbligati; e col disapprovare i costumi di lui, può sembrare che ponessero un onorevol epitaffio sulla sua tomba. Graziano fu il secondo, ch'essi adornarono del diadema e della porpora; ed al termine di quattro mesi Graziano ebbe il medesimo fato, che il suo predecessore. La memoria del gran Costantino, che le legioni Britanniche avevan dato alla Chiesa ed all'Impero, somministrò un singolar motivo alla terza loro elezione. Fra le file dei soldati ne scuoprirono uno, che aveva il nome di Costantino; e l'impetuosa lor leggierezza l'aveva già collocato sul trono, prima d'accorgersi dell'incapacità di esso a sostenere il peso di nome così glorioso158. Pure la autorità di Costantino fu meno precaria, ed il suo governo più fortunato, che i regni transitorj di Marco e di Graziano. Il pericolo di lasciare inattive le sue truppe in quei campi, che per due volte erano stati contaminati dalla sedizione e dal sangue, lo indusse a tentare la conquista delle Province occidentali. Ei prese terra a Bologna con una piccola armata; e dopo d'essersi riposato alcuni giorni, intimò alle città della Gallia, che avevano evitato il giogo de' Barbari, di riconoscere il legittimo loro Sovrano. Ubbidirono esse alle intimazioni senza ripugnanza. La trascuraggine della Corte di Ravenna assoluto aveva un popolo abbandonato dal dovere di fedeltà; le attuali angustie lo mossero ad accettare qualunque circostanza di cangiamento senza timore, e forse con qualche speranza; e potea lusingarsi, che le truppe, l'autorità ed anche il nome d'un Imperatore Romano, che piantasse la sua residenza nella Gallia, avrebbe difeso quell'infelice regione dal furore dei Barbari. I primi successi di Costantino contro i corpi divisi dei Germani furono amplificati dalla voce dell'adulazione, quasi splendide e decisive vittorie, che la riunione ed insolenza del nemico ben presto ridusse al giusto loro valore. Le negoziazioni, che ei fece, ottennero una breve e precaria tregua; e se alcune tribù de' Barbari furono impegnate dalla liberalità dei suoi doni e delle promesse ad intraprender la difesa del Reno, tali dispendiosi ed incerti trattati, invece di ristabilire il primiero vigore della frontiera Gallica, non servirono che a svergognare la maestà del Principe, ed a esaurire quel che era avanzato dei tesori della Repubblica. Insuperbito ciò nonostante di quest'immaginario trionfo, il vano liberatore della Gallia s'avanzò nelle Province del Mezzodì ad incontrare un più pressante e personale pericolo. Fu dato ordine a Saro il Goto di portare la testa del ribelle a' piedi dell'Imperatore Onorio, ed indegnamente si consumaron le forze della Britannia e dell'Italia in questa contesa domestica. Dopo d'aver perduto i due più bravi suoi Generali, Giustiniano e Navigaste, il primo dei quali fu ucciso in battaglia, e l'altro in un pacifico congresso a tradimento, Costantino si fortificò dentro le mura di Vienna. La piazza fu attaccata senza effetto per sette giorni; e l'esercito Imperiale, in una precipitosa ritirata, soffrì l'ignominia di comprarsi un passaggio sicuro dagli stranieri e banditi delle alpi159. Quelle montagne allora separavan gli Stati dei due rivali Monarchi; e le fortificazioni della doppia frontiera erano guardate dalle truppe dell'Impero, le armi delle quali si sarebbero più vantaggiosamente impiegate in difendere i confini Romani contro i Barbari della Germania e della Scizia.

      A. 408

      Dal lato de' Pirenei poteva giustificarsi l'ambizione di Costantino dalla prossimità del pericolo; ma si stabilì tosto il suo trono mediante la conquista, o piuttosto la sommissione della Spagna, che cedè all'influenza d'una regolare ed abitual subordinazione, e ricevè le leggi ed i Magistrati della Prefettura Gallica. L'unica opposizione, che si fece all'autorità di Costantino, provenne non tanto dalle


<p>150</p>

Vedi Zosimo (l. V. p. 373). Orosio (l. II. c. 9. p. 165 nel secondo volume degli Istorici di Francia) ha conservato un valutabil frammento di Renato Profuturo Frigerido, i tre nomi del quale indicano un Cristiano, un suddito Romano, ed un Semibarbaro.

<p>151</p>

Claudiano (Cons. Stil. l. I. 221. l. II. 186) descrive la pace e la prosperità della frontiere Gallica. L'Abate Dubos (Hist. Crit. Tom. I. p. 174) leggerebbe Alba (ignoto ruscello delle Ardenne) invece d'Albis, e si diffonde nel pericolo del bestiame Gallico, che pascola di là dall'Elba. Questa è una stoltezza. Nella Geografia poetica l'Elba e l'Ercinia indicano qualunque fiume o qualunque selva nella Germania. Claudiano non è preparato all'esame rigoroso dei nostri antiquari.

<p>152</p>

… Geminasque viator

Cum videat ripas, quae sit Romana requirat.

<p>153</p>

Girolam. Tom. I. p. 93. Vedi nel primo volume degli Storici di Francia p. 777-782 gli accurati estratti del Carmen de Provident. Divin. e Salviano. L'anonimo poeta medesimo era prigioniero insieme col proprio Vescovo e coi suoi cittadini.

<p>154</p>

La dottrina Pelagiana, che s'agitò per la prima volta nell'anno 405, fu condannata nello spazio di dieci anni in Roma ed in Cartagine. S. Agostino combattè, e vinse: ma la Chiesa Greca favorì i suoi avversari, e (quel che è assai singolare) il popolo non prese parte veruna in una disputa, che non poteva intendere.

<p>155</p>

Vedi le Memorie di Guglielmo du Bellay l. VI.

<p>156</p>

Claudian. I. Cons. Stil. l. II. 250. Si suppone, che gli Scoti d'Irlanda invadessero per mare tutta la costa occidentale della Britannia; e può darsi qualche tenue fede anche a Nennio, ed alle tradizioni Irlandesi (Carte Istor. d'Inghilterra vol. I. p. 169. Whitaker Genuin. Istor. dei Brettoni p. 199). Le sessantasei vite di S. Patrizio, che sussistevano nel nono secolo, dovevano contenere altrettante migliaia di bugie; pure possiamo credere, che il futuro Apostolo fosse condotto via schiavo in una di queste invasioni Irlandesi (Usser. Antiquit. Eccles. Britann. p. 431. e Tillemont Mem. Eccl. Tom. XVI. p. 456, 782).

<p>157</p>

Gli usurpatori Britannici son presi da Zosimo (l. VI p. 371-375), da Orosio (l. VII c. 40. p. 576, 577), da Olimpiodoro (ap. Phot. pag. 181), dagl'Istorici Ecclesiastici, e Croniche. Ai Latini però non è noto Marco.

<p>158</p>

Cum in Costantino incostantiam… execrarentur (Sidon. Apollinar. l. V. epist. 9. p. 159. Edit. Secund. Sirmond). Sidonio però potè esser tentato da un bisticcio sì bello ad infamare un Principe, che aveva disonorato il suo avo.

<p>159</p>

Il nome, che Zosimo dà loro, è Bagaudae. Forse meritavano un carattere meno odioso (Vedi Dubos Hist. Crit. Tom. I. p. 203 e quest'Istoria). Noi avremo occasione di sentirne parlare di nuovo.