Appena Diocleziano ebbe pubblicato i suoi editti contro i Cristiani, che desiderando egli di commettere ad altre mani l'opera della persecuzione, si spogliò della porpora Imperiale. Il carattere e la situazione de' suoi colleghi e successori li mossero talvolta a mantenere in vigore, e talvolta a sospendere l'esecuzione di queste rigorose leggi, nè acquistar possiamo una giusta e distinta idea di quest'importante periodo d'istoria Ecclesiastica, se non consideriamo separatamente lo stato del Cristianesimo nelle diverse parti dell'Impero per lo spazio di dieci anni, che passarono fra' primi editti di Diocleziano, e la pace finale della Chiesa.
La dolce ed umana indole di Costanzo era avversa all'oppressione di qualunque parte de' propri sudditi. Gli uffizi principali del suo palazzo si esercitavano dai Cristiani, egli amava le loro persone, stimava la lor fedeltà, e non gli dispiacevano punto i principj della lor religione. Ma finchè Costanzo restò nel grado subordinato di Cesare, non fu in sua facoltà di apertamente rigettar gli editti di Diocleziano, o di non obbedire a' comandi di Massimiano. Ciò nonostante la sua autorità contribuì ad alleggerir que' tormenti, ch'egli compassionava e abborriva. Acconsentì con ripugnanza alla distruzione delle Chiese, ma volle proteggere le persone de' Cristiani dalla furia del popolo e dal rigore delle leggi. Le Province della Gallia (sotto il qual nome possiamo probabilmente comprendere anche quelle della Britannia) dovettero la singolar tranquillità, che goderono, alla gentile interposizione del lor Sovrano165. Ma Daziano, Presidente o Governatore della Spagna, mosso o da zelo o da politica, volle piuttosto eseguire i pubblici editti degl'Imperatori, che intendere le segrete intenzioni di Costanzo; e difficilmente può dubitarsi, che la sua provinciale amministrazione non fosse macchiata dal sangue di alcuni pochi Martiri166. L'elevazione di Costanzo alla suprema indipendente dignità di Augusto aprì un libero corso all'esercizio delle sue virtù, e la brevità del suo regno non gl'impedì di fondare un sistema di tolleranza, di cui lasciò l'esempio e i precetti a Costantino suo figlio. Questo suo fortunato figlio, dal primo istante del suo innalzamento essendosi dichiarato protettore della Chiesa, finalmente meritò il nome di primo Imperatore, che professasse pubblicamente, e stabilisse la Religione Cristiana. I motivi della sua conversione, per quanto possan variamente dedursi dalla benevolenza, dalla politica, dalla convinzione o dal rimorso, ed il progresso di quella rivoluzione, che per la potente influenza di lui e de' suoi figli fece divenire il Cristianesimo la religion dominante del Romano Impero, formeranno un capitolo molto interessante nel terzo volume di quest'Istoria. Per ora servirà osservare, che ogni vittoria di Costantino produsse qualche sollievo o benefizio alla Chiesa.
Le Province d'Italia e d'Affrica sperimentarono una breve ma violenta persecuzione. I rigorosi editti di Diocleziano furono severamente e di buona voglia eseguiti dal suo collega Massimiano, che da gran tempo odiava i Cristiani, e si dilettava negli atti sanguinari e di violenza. Nell'autunno del primo anno della persecuzione i due Imperatori s'incontrarono a Roma per celebrare il loro trionfo; sembra che dalle segrete loro deliberazioni provenissero varie leggi oppressive, e la diligenza de' Magistrati fu animata dalla presenza de' loro Sovrani. Dopo che Diocleziano si fu dimesso dalla porpora, furono amministrate l'Italia e l'Affrica sotto nome di Severo, e restarono esposte senza difesa all'implacabile odio di Galerio, da cui egli dipendeva. Fra' Martiri di Roma, Adautto merita di esser fatto noto alla posterità. Egli era di una famiglia nobile dell'Italia, e per i gradi successivi della Corte si era innalzato fino all'importante uffizio di tesoriere del privato erario del Principe. Adautto è anche più osservabile per essere stata l'unica persona elevata in grado e cospicua, che sembri aver sofferto la morte in tutto il corso di questa generale persecuzione167.
La ribellione di Massenzio immediatamente restituì la pace alle Chiese dell'Italia e dell'Affrica, e quell'istesso tiranno, che oppresse ogni altro ceto de' suoi soggetti, si dimostrò giusto, umano ed anche parziale verso gli afflitti Cristiani. Egli contava sulla lor gratitudine ed affezione, e supponeva molto naturalmente, che le ingiurie, ch'essi avevan sofferto, ed i pericoli, a' quali sempre temevano di essere esposti per parte del suo più inveterato nemico, gli assicurerebbero la fedeltà di un partito, già considerabile pel numero e per l'opulenza168. Anche la condotta di Massenzio verso i Vescovi di Roma e di Cartagine può risguardarsi come una prova della sua tolleranza, mentre i più ortodossi Principi terrebbero probabilmente lo stesso contegno, rispetto al già stabilito lor clero. Marcello, ch'era il primo di que' Prelati, aveva eccitato la confusione nella Capitale per causa della severa penitenza, che imponeva ad un gran numero di Cristiani, i quali nel corso dell'ultima persecuzione avevano rinunziato, o finto di rinunziare alla lor religione. Il furore di parte proruppe in frequenti e violente sedizioni; il sangue de' Fedeli spargevasi per mezzo delle proprie lor mani; e si vedeva che l'esilio di Marcello, in cui sembrava meno risplendere la prudenza che lo zelo, era l'unico mezzo capace di restituir la quiete all'angustiata Chiesa di Roma169. Pare che la condotta di Mensurio, Vescovo di Cartagine, fosse anche più riprensibile. Un Diacono di quella città aveva pubblicato un libello contro l'Imperatore. Il delinquente si rifuggì nel palazzo Episcopale, e quantunque fosse un poco troppo presto per far valere alcun diritto di Ecclesiastica immunità, pure il Vescovo ricusò di rilasciarlo a' Ministri della giustizia. Per questa sediziosa resistenza Mensurio fu chiamato alla Corte, ed in luogo di ricevere una giusta sentenza di morte o d'esilio, dopo un brev'esame gli fu permesso di tornare alla propria Diocesi170. La felice condizione de' Cristiani sottoposti a Massenzio era tale, che quando bramavan di avere per lor proprio uso qualche corpo di Martire, dovevan procacciarselo dalle più distanti Province d'Oriente. Raccontasi a questo proposito un'istoria d'Aglae, Dama Romana, discesa da una famiglia Consolare, che godeva un patrimonio sì vasto, ch'esigeva l'opera di settantatre amministratori. Bonifazio era fra questi il favorito della patrona, e siccome Aglae univa l'amore con la divozione, si dice ch'egli fosse ammesso a partecipar del suo letto. L'opulenza di cui ella godeva, la pose in istato di soddisfare il pio desiderio di acquistare qualche sacra reliquia d'Oriente. Consegnò dunque a Bonifazio una considerabile somma d'oro, ed una gran quantità d'aromati; ed il suo amante, accompagnato da dodici cavalli e da tre carri coperti, intraprese un lungo pellegrinaggio fino a Tarso nella Cilicia171.
Il genio sanguinario di Galerio, primo e principale autore della persecuzione, riuscì formidabile per quei Cristiani, che per loro disgrazia trovaronsi dentro i limiti de' suoi Stati, e può ragionevolmente supporsi che molti di mediocre fortuna, i quali non erano impediti dalle catene o della ricchezza o della povertà, frequentemente abbandonassero il lor natio paese, e si cercassero un rifugio nel più dolce clima d'Occidente. Fintanto ch'esso comandò le sole armate e Province dell'Illirico, difficilmente potè trovare, o fare un numero considerabil di Martiri in un paese guerriero, che avea ricevuto i Missionari dell'Evangelio con maggior freddezza e ripugnanza, che qualunque altra parte dell'Impero172. Ma quando Galerio ebbe ottenuto il supremo potere e governo d'Oriente, egli appagò nella massima estensione il suo zelo e la sua crudeltà non solo nelle Province della Tracia e dell'Asia, che riconoscevano la immediata giurisdizione di lui; ma in quelle ancora della Siria, della Palestina, e dell'Egitto, dove Massimino soddisfaceva la propria inclinazione col prestare una rigorosa obbedienza a' fieri comandi del suo benefattore173. I frequenti inciampi nelle sue ambiziose mire, l'esperienza di sei anni di persecuzione, e le riflessioni salutari, che una lenta e penosa malattia suggerì alla mente di