Ma presto spirarono, insieme con l'autorità di Severo, le leggi ch'egli avea fatte; ed i Cristiani, dopo questa accidentale tempesta, goderono una calma di trentotto anni112. Fino a quest'epoca essi avevano per ordinario tenuto le loro assemblee in case private ed in luoghi remoti. Fu loro permesso in questo tempo di erigere e di consacrare edifizi atti all'esercizio del culto religioso113, di comprar terre anche nell'istessa Roma per uso della comunità; e di far l'elezioni de' lor ministri Ecclesiastici in una forma così pubblica, e nel tempo stesso così esemplare da meritar la rispettosa attenzione dei Gentili114. Questo lungo riposo della Chiesa fu congiunto con la dignità. I regni di que' Principi, che traevan l'origine dalle Province dell'Asia, furono i più favorevoli per li Cristiani: le persone eminenti di questa setta, invece d'essere ridotte ad implorare la protezione di uno schiavo, o d'una concubina, erano ammesse nel Palazzo coll'onorevol carattere di sacerdoti e di filosofi; e le lor misteriose dottrine, ch'erano già sparse fra il popolo, insensibilmente attirarono la curiosità del Sovrano. Quando l'Imperatrice Mammea passò da Antiochia, dimostrò desiderio di trattar col celebre Origene, che avea diffuso la fama della sua pietà e dottrina per l'Oriente. Obbedì Origene ad un invito così lusinghiero, e quantunque non potesse sperar di succedere nella conversione di una donna artificiosa ed ambiziosa, essa udì con piacere le eloquenti di lui esortazioni, ed onorevolmente lo rimandò al suo ritiro di Palestina115. Furono adottati i sentimenti di Mammea dal suo figliuolo Alessandro, e fu indicata la filosofica devozione di quell'Imperatore da un singolare ma indiscreto riguardo per la religione Cristiana. Collocò egli nella sua Cappella domestica le statue d'Abramo, di Orfeo, d'Apollonio e di Cristo, quasi volendo fare un onore giustamente dovuto a que' rispettabili savj, che in vari modi avevano instruito il genere umano a porger omaggio alla suprema ed universale divinità116. Fra' suoi domestici, si professava e si esercitava apertamente una fede ed un culto più puro. Furono forse per la prima volta veduti a Corte de' Vescovi, ed allorchè, dopo la morte di Alessandro, il crudel Massimino scaricò il suo furore sopra i favoriti ed i servi dell'infelice di lui benefattore, molti Cristiani di ogni grado e di ambedue i sessi furono involti nel promiscuo macello, che ha, per tal motivo, impropriamente ricevuto il nome di Persecuzione117.
Nonostante la crudel disposizione di Massimino, gli effetti del suo sdegno contro i Cristiani furon limitati solo a certi luoghi e tempi, ed il pio Origene, ch'era stato proscritto come una sacra vittima, fu tuttavia riservato a portare la verità del Vangelo alle orecchie de' Monarchi118. Egli mandò varie lettere edificanti all'Imperator Filippo, alla sua moglie ed alla madre; ed appena quel Principe, ch'era nato nelle vicinanze della Palestina, ebbe usurpato lo scettro Imperiale, i Cristiani acquistarono un amico ed un protettore. Il pubblico ed anche parzial favore di Filippo verso i seguaci della nuova religione, ed il costante di lui rispetto per li Ministri della Chiesa diedero qualche colore al sospetto, che prevalse in que' tempi, che l'Imperatore medesimo si fosse convertito alla fede119, e somministrò qualche fondamento ad una favola, che in seguito fu inventata, vale a dire ch'egli s'era purgato, mediante la confessione e la penitenza, dalla colpa contratta per l'uccisione del suo innocente predecessore120. La caduta di Filippo introdusse con la mutazione dei Principi un nuovo sistema di governo, così oppressivo per li Cristiani, che l'antecedente lor condizione fino dal tempo di Domiziano, si rappresentava come uno stato di perfetta libertà e sicurezza, paragonandolo col rigoroso trattamento, ch'essi soffrirono sotto il breve regno di Decio121. Le virtù di questo Principe difficilmente ci permetteranno di sospettare che un vile odio contro i favoriti del suo predecessore influisse sopra di lui, ed è più ragionevole di credere, che nell'esecuzione del suo disegno generale di restaurar la purità de' costumi Romani, desiderasse di liberar l'Impero da quella ch'esso condannava come una rea e nuova superstizione. I Vescovi delle città più considerabili furono condannati all'esilio o alla morte; la vigilanza de' Magistrati impedì per sedici mesi al Clero di Roma di procedere ad una nuova elezione; ed era opinion de' Cristiani, che l'Imperatore avrebbe sofferto con maggior pazienza un competitore alla porpora che un Vescovo nella Capitale122. Se fosse possibile di supporre, che la penetrazione di Decio scoperto avesse l'orgoglio sotto il manto dell'umiltà, o che avesse potuto prevedere, che dalle pretensioni di autorità spirituale sarebbe insensibilmente nato il dominio temporale, ci cagionerebbe minor sorpresa, ch'egli risguardasse i successori di S. Pietro come i rivali più formidabili di quelli d'Augusto.
Il Governo di Valeriano si distinse per una leggerezza ed incostanza, che mal conveniva alla gravità di un Censore di Roma. Nel principio del suo regno, egli sorpassò in clemenza que' Principi de' quali si era sospettato che avessero abbracciata la fede Cristiana. Negli ultimi tre anni e mezzo, prestando orecchio alle insinuazioni di un ministro addetto alle superstizioni dell'Egitto, adottò le massime, ed imitò la severità del suo predecessore Decio123. L'esaltamento di Gallieno, che accrebbe le calamità dell'Impero, restituì la pace alla Chiesa, ed i Cristiani ottennero il libero esercizio della loro religione, mercè di un editto diretto ai Vescovi, e concepito in tali termini, che sembrava riconoscere in essi un uffizio e carattere pubblico124. Si tollerava che le antiche leggi, senza venir formalmente rivocate, cadessero nell'obblivione; ed eccettuate alcune ostili intenzioni attribuite all'Imperatore Aureliano125, i Discepoli di Cristo passarono più di quarant'anni in uno stato di prosperità molto più pericoloso per la loro virtù, che i più aspri patimenti della persecuzione.
L'istoria di Paolo Samosateno, che occupò la Sede Metropolitana d'Antiochia, allorchè l'Oriente trovavasi nelle mani di Odenato e di Zenobia, può servire ad illustrare la condizione ed il carattere di que' tempi. La ricchezza di quel Prelato era una prova sufficiente di sua reità, mentre non aveva avuto origine nè dall'eredità de' suoi padri, nè dalle arti di un'onesta industria. Ma Paolo risguardava il servigio della Chiesa come una professione molto lucrosa126. La sua Giurisdizione ecclesiastica era venale e rapace, estorceva frequenti contribuzioni da' più facoltosi Fedeli, e convertiva in uso proprio gran parte dell'entrata comune. La religione Cristiana, per causa dell'orgoglio e lusso del medesimo, si rendè odiosa agli occhi de' Gentili. Il luogo, dove teneva consiglio, ed il suo trono, lo splendore col quale compariva in pubblico, la folla de' supplicanti che implorava la sua attenzione, la