– Ah! gli è vero! – disse Ugo, risovvenendosi dell'ora tarda e dell'esser solo oramai nella sala.
E portatasi una mano nei capegli, come per ravvivarli sulla fronte e cacciare nel tempo medesimo un importuno pensiero dal capo, conte Ugo s'innoltrò tra due file di servitori fino al suo appartamento.
– Era tardi davvero! – esclamò egli, vedendo nella camera innanzi alla sua il paggio Fiordaliso, che si era addormentato vestito daccanto al suo letticciuolo.
– Questo povero ragazzo non ha potuto aspettarmi più oltre. Svegliatelo, e ditegli che vada a letto e dorma a suo bell'agio, ch'io sono già nelle mie stanze e non ho bisogno di lui. —
CAPITOLO V
Il giovine signore di Roccamàla, come fu giunto nella sua camera, licenziò i famigli e andò difilato verso il letto, superba mole di legno intagliato, con un largo padiglione di damasco rabescato, che era sorretto da quattro svelte colonne.
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