Luke scosse la testa. Si spostò su un lato del letto facendole posto per sedersi, anche se quel letto era talmente grande che lo spazio non era un problema. Sebbene sapesse che non avrebbe dovuto, Mel attraversò la stanza e si sedette accanto a lui.
“Più o meno come ci si poteva aspettare,” rispose Luke. “Minacce, insulti e richieste impossibili da soddisfare.”
“Che richieste?” Mel rilassò una gamba tenendola appoggiata contro quella di Luke. Tecnicamente non lo stava toccando, visto che erano vestiti entrambi. Ma era così piacevole che non si allontanò.
“Preferirei dirlo a tutti in una volta sola.” Si alzò e ruppe quel minuscolo contatto fra loro. Mel decise che non ne era delusa, neanche un po’. Lui si avvicinò al comodino e rovistò nel primo cassetto.
“Cosa stai facendo?” Mel non riuscì a trattenere il sorriso che le solleticava gli angoli della bocca.
Luke tirò fuori dal cassetto una piccola borsa di velluto nero e gliela lanciò. “Penso che dovresti riaverla.”
Mel sapeva cosa c’era all’interno, senza nemmeno dover allungare la mano nella borsa. Ma la capovolse ugualmente facendosi cadere sul palmo la pietra trasparente montata sulla sua catenina d’argento. La pietra rivelatrice. La maledetta origine di tutto quel casino. Grazie ad essa, Mel poteva rintracciare la donna che aveva ucciso i suoi genitori. Luke gliel’aveva sottratta dopo che lei aveva rubato dal suo caveau una gemma di berillo rosso conosciuta come Smeraldo Scarlatto.
“Perché?” gli chiese. Cassie non stava meglio e lo Smeraldo Scarlatto era da tempo finito nelle mani di un compratore sconosciuto. Tutto ciò che lei aveva fatto a Luke, o per lui, aveva solo peggiorato le cose.
Luke chiuse il cassetto. “Avevamo un accordo. Tu hai fatto la tua parte, e io sono un uomo di parola.”
Se era davvero così, perché Mel si sentiva come se le avesse appena dato un pugno nello stomaco? Aveva ottenuto ciò che voleva e poteva uscire dalla porta in quel preciso momento senza più voltarsi indietro. Ma sembrava tutto sbagliato. “Mi stai chiedendo di andarmene?” Se il lavoro era finito, perché sarebbe dovuta rimanere?
Luke lasciò la domanda sospesa nell’aria per un momento. “Non voglio che tu stia qui perché vuoi un compenso. Non voglio quel tipo di obbligo fra noi.”
Lei non sapeva come reagire, non poteva. Si limitò a mettere al collo la lunga catenina lasciando pendere il diamante fra i seni sotto la camicetta. ”Non dovresti custodire le mie inestimabili gemme nel tuo caveau?”
Luke sorrise. “Me le ruberesti in un attimo se le lasciassi in un posto così ovvio.” Si avvicinò ai piedi del letto e le appoggiò le mani sulle spalle. Mel non si spostò, non avrebbe mai ceduto il suo posto a un alfa. Loro non lo facevano mai. Ma Luke si limitò a darle un rapido bacio sulla guancia e si tirò indietro. “Andiamo a parlare con gli altri. Ho delle novità.”
Mel non gli parlò mentre si dirigevano alla stanza di Cassie. Luke era in preda a un conflitto interiore. Non sapeva se fosse giusto restituirle la pietra, ma il pensiero che lei rimanesse perché costretta dalle circostanze, o solo perché si trattava di un lavoro, non gli andava a genio. Lei non era solo una specie di socia in affari che sarebbe sparita nella notte una volta che tutto fosse finito. Era la sua compagna.
O almeno, lui pensava che lo fosse.
Ora che non aveva altre ragioni per restare, Luke desiderava che lei si fermasse per vedere se ciò che c’era fra loro sarebbe davvero sbocciato in qualcosa di reale. Quei dieci minuti in Messico non facevano la differenza, e se ci fosse stata un’altra occasione di mettere le mani su di lei, non se la sarebbe fatta sfuggire. Nessuna telefonata lo avrebbe interrotto, la prossima volta che avessero avuto del tempo per stare insieme da soli.
In quel momento, tuttavia, doveva concentrarsi sulla situazione. Forse Krista sapeva qualcosa su quel pozzo che Tim e le altre streghe volevano. Il branco si sarebbe riunito a breve, e lui doveva raccogliere la maggior quantità possibile di informazioni sul loro nemico e su ciò che stava cercando, prima di parlare con la cerchia più ristretta di compagni. Qualunque cosa stesse arrivando sarebbe stata pericolosa e tutti dovevano essere preparati al meglio.
Aprì la porta della stanza di Cassie e vide Krista seduta su uno sgabello accanto al letto della sorella. Maya era a mezzo passo dietro di lei e Krista teneva la mano a Cassie, parlandole a bassa voce. Nonostante questo, lui riuscì a sentire cosa diceva. “Quando tutto sarà finito, potrebbe permanere un effetto sulla tua capacità di mutare.”
“Hai idea di quando succederà?” chiese Cassie.
Luke fu felice di sentir parlare sua sorella. Se non fosse stato per la terribile urgenza di trovare il modo di guarirla, di far sparire la maledizione, avrebbe passato tutto il suo tempo in quella stanza con lei.
Qualunque cosa la strega si fosse riproposta di fare lo metteva in agitazione. Specialmente dopo essersi accorto che Krista e Cassie si erano irrigidite entrambe quando lo avevano visto entrare nella stanza. Maya non si era mossa di un millimetro e lui non riusciva a capire se fosse perché voleva nascondergli la sua reazione o perché non ne aveva affatto. “Che cosa dovrebbe avere effetto sulla sua capacità di mutare?” chiese, cercando di mantenere la calma. Cassie ci aveva messo così tanto a trasformarsi e aveva già perso così tanto per quel motivo, che non poteva lasciare che sacrificasse quel risultato così facilmente.
Sentì Mel appoggiarsi alla porta dietro di lui. Krista si girò a metà sullo sgabello per poter dare un’occhiata. Si spostò leggermente, in modo che anche Cassie potesse vederlo. Sua sorella gli sorrise e Luke sentì una fitta al petto. Da quando era vittima della maledizione lei aveva perso peso, le sue guance erano scavate e la pelle era diventata grigiastra. Una parte di lei stava appassendo e non c’era una dannata cosa che lui potesse fare per impedirlo. A parte dare a quelle streghe qualcosa che non sapeva di avere.
“Ehi,” disse Cassie, con voce roca e dolce. “Abbracciami.” Gli tese le braccia. Almeno non era ammanettata, al momento.
Krista si alzò e lui prese il suo posto, sedendosi di fianco alla sorella e tirandosela vicino. Lei si sentì come una piuma tra le sue braccia, talmente delicata da poter volare via con una folata di vento. Ma lui poteva ancora percepire una forza immutata dentro di lei, la determinazione a uscire da quella situazione. “Di cosa sta parlando Krista?” le chiese sciogliendo l’abbraccio e dandole un bacio sulla guancia.
Si aspettava una spiegazione dalla strega, invece fu la sorella a rispondere. “Krista pensa di poter fermare le mie mute. O magari di fare in modo che io possa controllarle.” Lo guardò negli occhi, con quello sguardo nocciola così simile a quello di lui. A volte la gente diceva che era impossibile indovinare che fossero fratellastri. Non avevano mai prestato attenzione agli occhi di Cassie.
“Sembra pericoloso.” Senza altre informazioni non poteva lasciare che sua sorella affrontasse qualcosa che poteva privarla di una capacità così vitale. Guardò Krista. “Cosa stai proponendo?” chiese in tono brusco.
Maya si irrigidì ma non disse nulla.
Krista lanciò un’occhiata a Mel prima di parlare, con un piccolissimo sorriso appena accennato agli angoli della bocca. L’espressione contraddiceva la risposta che diede. “Considera questa maledizione simile a un virus informatico,” disse. Luke sollevò un sopracciglio e lei continuò a spiegare. “Se Cassie fosse un computer, la muta sarebbe un programma aperto in background. È sempre lì, ma non sempre attivo.”
“Sì, so come funziona,” e non aveva bisogno che glielo spiegasse qualcuno che non fosse un mutaforma.
Krista cercò di incrociare le braccia, ma trasalì e lasciò perdere, rilassando il braccio ferito al suo fianco. “La maledizione ha preso di mira la muta. Penso che sia successo qualcosa quando ho cercato di romperla. Si sono legate insieme in un grosso nodo. Io posso sciogliere il nodo e bloccare