Ciò che dette una reale concretezza alle indubbie prospettive scientifiche fu la «verifica scenica» prodotta dalla rappresentazione. In quel caso fu Momenti liturgici del triduo sacro: Reconciliatio paenitentium; De solemni actione liturgica postmeridiana in Passione et morte Domini; Adoratio crucis secundum «Regularis Concordia»; Planctus Mariae et aliorum in die Parasceven; Depositio; Ad vigiliam Paschalem; Visitatio Sepulchri. Il rito fu celebrato dai Padri benedettini di Sant’Anselmo di Roma; ed ebbe per il pubblico il significato della partecipazione a una cerimonia religiosa, più che l’assistere a una rappresentazione.8 I testi furono raccolti in un fascicolo e distribuiti agli spettatori, fu un’operazione di reale significato culturale, che si è ripetuta per tutti i Convegni e che, dunque, ha favorito la conoscenza di opere più che rare.
Il luogo delle celebrazioni, distribuite nei giorni del Convegno, fu la Chiesa di San Sisto, una chiesa edificata in epoca romanica, distrutta da un bombardamento aereo durante la Seconda guerra mondiale e ricostruita così com’era. La scelta di questo luogo fu molto interessante, perché significò una stretta connessione con il tessuto sociale e culturale di riferimento, ovvero quello del pieno Medioevo. Infatti, per il Secondo Convegno, 1977, Il contributo dei Giullari alla drammaturgia delle origini, il luogo prescelto per la rappresentazione fu piazza San Lorenzo, antistante il Duomo e il Palazzo papale.
La piazza come luogo della rievocazione dell’arte giullaresca fu tutt’altro che pretestuosa; essa rappresentava, sul piano storico, la definitiva rinascita della città che rompeva l’egemonia di una cultura appannaggio esclusivo della Chiesa, del Monastero e del Convento. Per cui:
Tentando di circuire dall’esterno il mondo complesso e variegato, che —con una parola sola che sottende tante cose—, chiamiamo il mondo dei giullari, si finisce forse, a tratti, col trovarselo più accosto, dinnanzi. Non sarà lo stesso per il mondo degli scolari che popola a Bologna o a Parigi, agli inizi del Duecento, le nuove istituzioni universitarie?9
Al Convegno parteciparono studiosi provenienti prevalentemente dall’Italia, ma anche dagli USA e dalla Francia.
Lo spettacolo, dal titolo Detto del gatto lupesco, era costruito con l’interpretazione di più testi: di Castra Fiorentino, di Ruggieri Apugliese e di altri rimasti anonimi.10
Un’altra piazza di Viterbo, quella di San Pellegrino, fu teatralizzata per lo spettacolo del III Convegno, 1978; una piazza che conserva ancora intatti tre dei suoi lati com’erano nel XIII secolo, mentre il quarto è costituito da una chiesa risalente all’XI secolo e che è stata oggetto di restauri nel XVIII secolo e dopo la seconda guerra mondiale. Lo spettacolo era De uxore cerdonis, un testo, appartenente al genere della Commedia elegiaca, forse di un certo Jacobus di Benevento, collocabile nel tardo medioevo, nel quale la narrazione evocava la figura del personaggio caratterizzato in un tipo psicologico, come è proprio di queste composizioni.11
Titolo del Convegno era L’eredità classica nel medioevo: il linguaggio comico e vi parteciparono studiosi provenienti dall’Italia, dalla Francia, dall’Inghilterra e dagli USA. A quale genere letterario sia da ricondurre la Commedia elegiaca, quali rapporti essa abbia con la commedia latina e quello che di questa i letterati del XII e XIII secolo ne sapessero, furono gli argomenti delle relazioni. Altrettanto argomentato fu il dibattito riguardante l’essenza formale del testo, approdando a diverse soluzioni: il testo è composto da distici elegiaci che accostano la narrazione al dialogo, o è una narrazione che trova maggior forza nel dialogo, o è una forma espressiva che ha una sua corrispondenza nel mondo culturale dell’epoca.12
Alle questioni connesse alla rinascita del genere comico dovevano seguire quelle connesse alla rinascita del genere tragico. Pertanto, tema del IV Convegno, 1979, al quale parteciparono studiosi provenienti dall’Italia, dalla Svizzera, dalla Germania e dagli Usa, fu: La rinascita della Tragedia nell’Italia dell’Umanesimo. Dalle varie relazioni emerge che tra gli intellettuali del Medioevo sono condivise le idee che il verso della composizione della tragedia debba essere solenne, i protagonisti nobili, gli accadimenti luttuosi e il finale infausto, ma con una possibile utilità sul piano etico. È evidente che per i tragediografi del ′300 e del ′400 il modello fu Seneca; ma lo sviluppo della composizione procedeva alternando passi esplicitamente teatrali, ovvero attraverso il personaggio, a passi semplicemente narrativi. Si trattava di testi che guardavano al presente, o all’immediatamente passato, scritti per rivendicare quelle libertà che tiranni e sovrani autoritari tentavano di sopprimere.13
Il testo rappresentato per quel Convegno fu Ecerinis di Albertino Mussato, non in una piazza, dove al culmine di una scalinata, l’attore avrebbe letto il testo secondo quanto è tramandato, ma un Chiostro: quello della Chiesa di Santa Maria del Paradiso, risalente al XIII secolo, splendido esempio dell’incontro fra Romanico e Gotico. Lo spazio scenico era suddiviso in due ambiti: quello attorno al pozzo sopraelevato di alcuni gradini, attorno al quale si svolgevano i dialoghi, e quello di un ampio palco addossato a un lato del chiostro, dal quale un attore narrava agli astanti ciò che stava accadendo, ovvero le crudeltà e gli assassinii di cui si ammantava Ezzelino III.14
Altrettanto suggestiva fu la rappresentazione delle Laudi per il V Convegno, 1980. Ebbe inizio all’interno del Duomo e poi, usciti da questo, attori e spettatori, secondo un andamento processionale, attraversarono quella piazza nella quale due anni prima si erano esibiti i giullari, ed entrarono negli ambienti sottostanti del Palazzo dei Papi, dove ridettero vita alle antiche laudi di Assisi.15
Aprendo questo Convegno Federico Doglio ribadiva quel motivo che aveva ispirato le tematiche dei quattro precedenti Incontri, ovvero:
(…) esplorare i multiformi modi espressivi, i linguaggi e le forme della drammaturgia medioevale, procedendo con ordine, secondo lo sviluppo cronologico degli eventi culturali ed artistici.
Per cui:
Questo metodo di lavoro ha consentito di raccogliere gli studi degli specialisti in una serie di «atti», che costituiscono ormai un’indispensabile collana consultabile da chi si occupa di teatro medioevale, una serie di saggi su temi che da almeno cinquant’anni erano assenti o in penombra nella cultura italiana.16
Una collana alla quale devono essere aggiunte le documentazioni filmate degli eventi spettacolari. Si tratta della iniziale costituzione di un patrimonio culturale che potrebbe aiutare a colmare la distanza tra studio del teatro delle origini e teatro militante; come potrebbe essere un insieme di materiali utili ad accostare i giovani alla cultura teatrale.
Gli argomenti proposti dai relatori, che provenivano dall’Italia, dalla Spagna, dalla Francia, dall’Inghilterra, toccarono temi diversi tra loro che riflettevano la varietà delle sollecitazioni morali e spirituali presenti in quei movimenti dei quali protagonisti erano gli Ordini minori e i ceti popolari. Furono i movimenti dei Disciplinati, dei Flagellanti, che in processione, orando e cantando, attraversavano le città, chiedendo ai potenti di ricordarsi dell’umiltà di Cristo; e che poi, costituendosi in Confraternite, vennero ad essere controllati dal vescovo.17