Dal mio verziere: saggi di polemica e di critica. Jolanda. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Jolanda
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066071196
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egli aveva fatto? Aveva creduto di poter compiere da solo quello a cui non riuscirono milioni di martiri e di eroi, quello che Dio non permette ancora. Aveva creduto di allontanare ogni male dalle sue pecorelle, tenendole lontane dal mondo, quasi Egli non fosse laggiù come Difensore e dappertutto come Punitore».

      Così l'atto d'umiliazione lo quetava, e come un eroico neofita dei primi tempi, questo martire spirituale finisce per benedire la mano che lo flagella, per trovare nel suo dolore, come i veri eletti, il sublime marchio dei privilegiati, un elemento di perfezione:

      ————

      «— Colpitemi ancora, ancora, mio Dio, e fate che il mio cuore arda d'amore per Voi, poichè non nell'appagamento sta la perfezione, bensì in un crescendo di ardore. — »

      ————

      E il sogno cessa a questo triste e sublime matutino...

      [pg!34]

       Indice

      Mentre quasi tutti i giornali letterari fanno a gara per innalzare in un'apoteosi sfolgorante Camillo Checcucci e il suo poema della Vita, il Fanfulla della Domenica ci fa una risatina su e gli volta le spalle. Anche elevando la risatina e l'atto all'ufficio salutare dello schiavo antico dietro il carro del conquistatore, dispiace di non vederne ammessa la discussione da uno dei giornali più simpatici d'Italia. Oh, bel paese, dalle facili ebbrezze e dai facili disdegni! bel paese in cui ogni giorno spicca il volo e... si tuffa un Icaro, sei pur adorabile coi tuoi novi entusiasmi di nazione ardente e giovinetta! Intanto la novellina di Cornelio Lapide e l'esempio dell'Alfieri che qualcuno tirò in ballo per questo poeta emergente dalle ombre, mi sembrano abusi d'un effetto di gran cassa in una marcia, sia pure trionfale. E innanzi tutto è proprio vero poeta il Checcucci? poeta nell'anima, nella fantasia, nelle sensazioni, nelle divinazioni? o piuttosto la poesia non è in lui che la fodera del geologo, dell'ignologo, dell'areologo, del naturalista?... Egli sale, è vero, a vertiginose altezze, e si immerge nei bagliori di atmosfere luminose; ma vi sale in pallone: non coll'ala libera e poderosa; ed assai spesso mentre l'anima [pg!35] e lo sguardo saturi di quei splendori provano la voluttà del dissolversi nell'infinito, una cordicella che si strappa, un sacchettino di zavorra che cade, una valvola che sibili ci ricordano che viaggiamo sull'aria per via di combinazioni fisiche e non sul mantello di Mefistofele o sull'aquila di Giove. Fa tristezza ed ira cadere così da un bello squarcio di lirismo in una frase giuridica o in una fredda formula tecnica di chimica e d'astronomia; e al moltiplicarsi degli esempi, incalzanti verso il fine, si arriva a far un atto d'impazienza e concludere che la Vita del signor Checcucci è un delirio scientifico, uno di quei deliri splendidi e tremendi che il Lombroso potrebbe additarci come affermazione di qualche sua teoria: — o, — più fantasiosamente, balena l'idea di un incubo punitore cagionato da un rimorso: per esempio il rimorso d'aver abbandonato una professione per un'altra, ambedue poi cozzanti e soverchiantesi nel sogno.

      Citare è difficile per la copiosità della vena poetica, abbondanza inevitabile forse per un poema cui «poser mano e cielo e terra». Un'immagine delicatissima; Shelleyana — un po' troppo Shelleyana anzi — è questa nel Canto del Regno Vegetale:

      E tu m'affida, o gracil sensitiva,

      Chi vesta in te sensibile persona,

      Chi teco tremi nelle tue paure;

      E se del viver mio tu pur sei viva

      Vieni e allevia alle mie le tue sventure.

      e quest'altra ardita e assai bella, nello stesso canto parlando ai fiori:

      Ma quando il triste inverno e gli uragani

      Vi sfrondano gli steli,

      [pg!36]

      E quali aperte mani

      Volan le foglie a scongiurare i cieli,

      Allor mi vince una pietà profonda

      Come d'un volgo preso da terrore,

      E qual piovesse vittima ogni fronda,

      Conforme ai rami mi si schianta il cuore.

      E alla terra parla così:

      . . . . genuflesso sulle tue rugiade

      Vedrò che gioie alle muscose rocce

      E che conforti infonda all'arse biade

      La fresca carità di quelle gocce;

      Verrò le notti ad arrestar per l'ombre

      Gli odorosi messaggi

      Spinti alla luna dalle tue vallee

      E a spiar l'amor suo calar sui raggi

      E l'amor tuo salir dalle maree.

      Emanazione di poesia fresca e gentile: come questa al Fuoco è davvero una vampa scoppiettante, striata, gagliarda:

      Eccola; scocca e vola

      Miracolosa, indomita e possente

      L'elettrica scintilla

      Che scatta al mondo la vittoria e leva

      Dall'agitata argilla

      Le fiamme dei metalli e gli occhi d'Eva.

      . . . . . . . . . . . . . . . .

      Dai fatui fuochi all'albe nebulose

      Balza, lampeggia e crea,

      E ardendo cuori e cose

      Nei soli è luce e nelle teste idea.

      . . . . . . . . . . . . . . . .

      Ed io l'invoco con la testa ignuda

      Questa tremenda dia

      Che brucia a baci e a spasimi si dona;

      Penetri stimma nella carne mia,

      Paga se solca d'un suo raggio santo

      La croce del dolor da dove io canto.

      [pg!37] Dal mare dipinge più efficacemente i tumulti che le immensità:

      E quanto più sollevi le procelle

      Ad insultar gli scogli;

      Tanto maggior la tua tristezza pare,

      E fra loro accenandoti le stelle,

      Ti chiameranno l'astro dei cordogli.

      Ma va' per l'universo a dar l'allarme

      Col tuo tetro fragore

      Come in tempesta stormo di campana.

      E sia quel verbo ansante di dolore

      L'eco fedel d'ogni sciagura umana.

      Cantando l'aria, accenna ad intuirne fantasticamente, e ne rende qualchevolta magicamente, le fluttuazioni frementi di vita e piene di mistero:

      Spiriti esulta il regno tuo, vanenti

      Divinità camminan le tue sfere;

      Son limpide città d'ombre viventi

      Queste sul capo mio tacite sere?

      Non forse ospiti in seno

      L'anime che migran dai petti umani

      Ferme sull'ali a scongiurar l'oblio

      Dai consueti mani,

      Sospese in te fra il camposanto e Dio?

      E quando sui sopiti

      Sfiorano i sogni ed erran le visioni,

      È forse allor che quei poveri estinti

      Tentan parlare ai vivi...

      E così dopo i quattro elementi il Checcucci ci canta i tre regni della natura, poi l'Uomo, il Sole, l'Atomo, l'Etere, la Materia,