Ero una femmina omega. Nessun posto era sicuro.
Le altre omega che lavoravano alla festa erano state di turno per ore. Scivolando nell’ingresso di servizio, da cui di solito entravo nel castello, mi assicurai che non ci fosse nessuno mentre mi sfilavo la divisa informe dalla testa e la nascondevo assieme al documento di identificazione su uno scaffale della dispensa, dietro un sacco di zucchero. Pentole e padelle risuonavano in lontananza, e non avevo tempo di indugiare. Lavoravo in cucina, ed essere qui, vestita in questo modo, era pericoloso. Le mie colleghe non erano necessariamente mie amiche. Mi avrebbero denunciata per salvarsi da una punizione.
Dopo aver lavorato dodici anni al castello, probabilmente conoscevo il labirinto dei corridoi di servizio meglio di alcune delle persone che vivevano lì. Dovevo muovermi rapidamente. Nessuna donna Alfa o beta avrebbe avuto motivo di trovarsi in cucina, specialmente una considerata un’ospite. Tutti gli invitati al castello vedevano solo il meglio che il Re aveva da offrire, e il personale di servizio vedeva tutto il resto.
Emersi dall’ombra prima di riprendere fiato. Il cuore mi batteva forte mentre entravo nel grande ingresso, come se solo ora mi rendessi conto di ciò che avevo effettivamente fatto. L’enormità delle mie azioni. Le conseguenze.
Il mio bellissimo vestito era sembrato così lussuoso quando aveva come sfondo polvere e disperazione. Rispetto agli abiti che mi circondavano, era troppo corto, troppo stretto e non abbastanza per far credere che questo fosse il mio posto. Peggio ancora, la gonna al ginocchio mostrava la sporcizia che avevo sui piedi. Non avevo pensato alle scarpe fino a quando non era troppo tardi, e calzavo le stesse pantofoline usate che indossavo ogni altro giorno in cui venivo in questo castello. Tavia mi aveva aiutato a intrecciare i capelli. Ma non avevo i riccioli fluenti, i fiori o i diademi pieni di gioielli delle donne che mi circondavano.
Ingoiai il nodo che mi serrava la gola secca. Stasera sarei morta con questo vestito. Ma prima mi sarei goduta un ballo a corte come non avevo mai fatto prima.
Un cameriere che non riconoscevo mi offrì da bere in un elegante flûte. Forse non era un maschio omega. Il castello faceva arrivare persone per aiutare durante le feste sfarzose, quelle importanti, e spesso venivano assunti anche dei beta. Lo avrei tenuto d’occhio. Forse era la risposta ai miei problemi.
Mandai giù un sorso. Champagne. Da quanto tempo non assaggiavo quel liquido frizzante? Una volta nelle cucine avevo rischiato un assaggio quando nessuno stava guardando. Ora avrei potuto berlo liberamente. Mi concessi un altro lungo sorso, assaporando il dolce sapore del coraggio liquido. Non potevo tirarmi indietro, a questo punto, era un modo infallibile per essere scoperta. Dovevo impersonare la mia falsa identità da beta. Se io per prima non avessi creduto in me stessa, nessuno lo avrebbe fatto.
Entrai nella sala da ballo a testa alta, imitando le azioni dei nobili che servivo. Non sarebbero mai stati beccati a guardarsi i piedi sporchi, evitando il contatto visivo.
Un complesso musicale suonava nell’angolo, e le coppie volteggiavano per la stanza, danzando. Altri gruppi si erano formati attorno al perimetro della pista da ballo e, ancora una volta, mi distinguevo da loro. Tutti quelli che conoscevo a questa festa venivano pagati una miseria per servire gli invitati – se erano così fortunati da essere pagati. Passavano settimane senza nient’altro che scuse per il lavoro prestato, se non veniva giudicato soddisfacente. In quanto omega, non avevamo possibilità di ricorso, e smettere di lavorare era una condanna a morte. Una cattiva referenza da parte di Re Adalai avrebbe fatto sì che nessun altro ci avrebbe dato una possibilità. Tavia ne era la prova vivente.
Ancora una volta, mi chiesi cosa avesse causato il suo licenziamento. Ma ormai non importava più. Era lei il motivo per cui ero disposta a correre questo rischio, a trovare un beta che mi aiutasse a interrompere il circolo vizioso. A quel punto sarei stata in grado di aiutare mia sorella e le nostre amiche a fare lo stesso. In un modo o nell’altro.
Il muro vicino alla finestra era ricoperto di rose. Bellissime piante grasse mettevano in risalto la composizione floreale. Prima della Divisione, mia madre aveva decorato il nostro giardino con fioriture proprio come queste. A quel tempo la nostra vita aveva colore ed era piena di speranza. Era stata uccisa nelle battaglie degli omega, mentre stava in prima linea, facendo di tutto per darci una vita migliore.
Non potevo deluderla.
I miei occhi si velarono di lacrime al ricordo, e dovetti distogliere lo sguardo dai fiori. Nessuno piangeva ai balli di corte, e non di fronte agli ospiti, in ogni caso. Avevo già versato la mia bella dose di lacrime nelle profondità cavernose della cucina.
Qualcuno mi stava guardando. I miei sensi di lupo si destarono, in massima allerta. No, per favore non trasformarti, non qui…
Gli omega possedevano un’abilità che nessuno degli invitati al castello aveva: la capacità di mutare nella propria forma animale. Era il nostro segreto più grande e meglio conservato. Nessuno di Luxoria sapeva che potevamo accedere ai nostri animali. Nessuno ci guardava abbastanza vicino da capirlo. Eravamo stati sbattuti fuori dai cancelli e dimenticati fino a quando non eravamo stati necessari come servitù o per i lavori più umili.
Se mi fossi fatta spuntare la pelliccia qui, nella sala da ballo del Re, sarei morta prima di essermi completamente trasformata.
Mi voltai e guardai negli occhi Re Adalai. Mi fissava come se volesse marchiarmi.
Pietrificata, non sapevo cosa fare. Non ero mai stata così vicino a lui, prima d’ora. Lavoravo nella sua casa, aiutavo a preparare i suoi pasti, ma non eravamo mai stati faccia a faccia. Non potevo distogliere lo sguardo, sarebbe stato poco rispettoso.
Oppure secondo il protocollo non si dovevano guardare i reali direttamente negli occhi? Era qualcosa di cui prima non mi ero mai dovuta preoccupare.
Gli angoli delle sue labbra si sollevarono in un sorriso che riscaldò il mio corpo dalla testa ai piedi, e fece pulsare la carne tra le mie cosce al ritmo del mio cuore martellante. Era un uomo bellissimo, con pelle ambrata e occhi che brillavano, anche da questa distanza. Si alzò per parlare con un altro maschio vestito elegantemente come lui, con pantaloni di pelle nera e una giacca abbinata. Portava una mostrina piena di medaglie sul petto, quindi anche lui era importante, ma non indossava la corona.
C’era un solo Re.
Alcune ballerine mi vennero addosso, scusandosi quando quel poco dello champagne che era rimasto nel mio bicchiere rischiò di uscire. Adesso entrambi gli uomini mi stavano guardando. Sua Maestà parlò di nuovo all’altro uomo, e Rielle, la mia compagna di stanza, salì sul palco con un calice fresco pieno di vino per il Re.
Gli uomini la ignorarono, continuando a guardare me, ma Rielle era una delle donne più intelligenti che avessi mai incontrato. Avevamo combattuto fianco a fianco molte notti per sopravvivere, e non c’era nessuno con cui avrei preferito andare in battaglia. Non celebravamo in modo così sfarzoso le nostre vittorie, nelle Badlands, ringraziavamo solo l’universo di essere vive per poter vedere un altro giorno. Lei guardò tra la folla, con la bocca che si spalancava in una O quando mi vide.
Merda.
Re Adalai si rivolse di nuovo al suo amico, distogliendo lo sguardo da me, spezzando l’incantesimo. Il mio bicchiere di champagne andò in pezzi quando cadde ai miei piedi. Le pantofole sporche su cui avevo cercato così duramente di non attirare l’attenzione si sarebbero probabilmente macchiate di sangue quando il vetro rotto mi colpì le caviglie.
Le ballerine rimasero a bocca aperta, mentre alcuni omega stavano già arrivando per pulire il disastro che avevo combinato.
Dovevo uscire di qui.
Rielle non avrebbe mai detto a Sua Maestà cosa fossi, ma non potevo rischiare che se lo lasciasse sfuggire con un’altra omega o che fosse interrogata a proposito della sua reazione. Non ci avevo riflettuto abbastanza. Questo bel vestito mi faceva sentire speciale, ma non cambiava il fatto che fossi così tristemente impreparata a vivere in un mondo che non mi apparteneva.
Gli ospiti stavano ancora arrivando, e andai a sbattere contro alcuni di loro mentre me ne andavo dalla sala