Ma poi io stesso mi stacco da lui, con una furia che non riesco a controllare. Una vampata di vergogna brucia il mio corpo. Come se niente fosse, lui s’inginocchia davanti a me e mi chiede di benedirlo. Gli poso un bacio sui suoi folti capelli. Intuisco che la mia anima non avrà mai pace finché non permetterò al mio corpo di soddisfarsi, e che il mio corpo non riuscirà mai a godere se l’anima continuerà a vietarglielo. Non ce la faccio più e cedo alla dolce tortura del piacere solitario. Poi annego nel vuoto. Prego tutta la mattina per la salvezza della mia anima.
*
Il sacerdote accetta la sconfitta della sua anima, si è rassegnato e si affida alla volontà di Dio. Si prostra sul pavimento di piastrelle fresche e prega, con la faccia per terra.
“Padre mio, se puoi allontana da me questo calice! Tuttavia, sia fatta non la mia, ma la tua volontà”.
Confortato dal pensiero di non avere responsabilità reali nel suo tormento interiore, padre Misael cerca di riposare, ma non riesce a dormire. Guarda fuori dalla finestra e finalmente sente la brezza che colpisce il suo viso e placa il fuoco che gli brucia dentro.
Il giovane è entrato in un sonno profondo e, dietro di lui, arriva l’orrore dell'incubo che non lo abbandona. Questa volta cerca, nonostante la sua fragilità, di sfuggire ai rantoli della bestia ciclopica che è a un passo dal raggiungerlo con le zanne bavose. Ma conosce già l’inevitabile finale della storia. Il suo sudore sarà una goccia di sangue che cadrà sulla terra. L’ondata di calore che si diffonde improvvisamente nell’aria non riuscirà a scaldare il suo corpo freddo.
Sappiamo tutti che Dio, essendo spirito e il più supremo di tutti, non prova tormento. Almeno non come questo miserabile uomo, non come questo povero giovane che soffre le pene di un inferno che non brama nemmeno. È ora di dormire, padre, riposa, che domani il mondo porterà nuove tribolazioni. Dio non comprende il peso delle prove che invia.
Le spalle di padre Misael si piegano sotto l’enorme macigno delle sue tribolazioni. Esausto, crolla sul letto e chiude gli occhi. L'incubo del coltello e delle orecchie riemergerà ben presto dal suo mai sopito senso di colpa.
VENERDI
Dolce e amaro
…dacci oggi il nostro pane quotidiano…
PRIMA STAZIONE
La bocca si apre in un enorme sbadiglio che termina in un grido gutturale. La lingua sporca e pesante lo costringe a deglutire per l’amaro che si sente in bocca, come tutte le mattine. Ricorda il tormento della notte precedente. Non era la prima volta che emulava l'antica pratica di Onan, ma era convinto di essersi allontanato dal peccato, e fortificato con quei lunghi giorni di espiazione e penitenza. Tuttavia, il bisogno fisiologico si è incarnato in una folle smania di godimento che la sua anima non è disposta ad accettare. E da lì si origina la sua condanna. Il suo corpo si sente sporco, la sua anima è contaminata, odia il cavallo dei suoi calzoni. Le sue mani sono macchiate di sperma e lui osserva con disgusto l’alone appiccicoso che vi è sopra. Si butta giù dal letto e corre a lavarsele con un’enorme quantità di sapone. E mentre lo fa, prega.
*
SECONDA STAZIONE
Perdonami, amato Padre, se i miei peccati sono così grandi: la tua clemenza è infinita. Accogli la mia preghiera, non allontanarmi da te. Cerco davvero di sopportare, Padre, questo peso che grava sulle mie spalle e che mi opprime. Aiutami a restare in piedi, non lasciare che i miei passi si confondano, non permettere che la mia anima affoghi nel peccato. Proteggimi, Signore. Sii la mia guida. Aiutami a rimanere saldo nella tua Parola.
*
TERZA STAZIONE
È bello, in effetti, percepire il rispetto degli altri nei confronti di un rappresentante di Dio sulla terra. Queste donne hanno colmato con successo la mia assenza nei preparativi della Celebrazione e oggi sono stato testimone di una rappresentazione completa della Via Crucis, interpretata goffamente dai nostri ragazzi. Che comunque sono stati bravi. Soprattutto quello che ha interpretato la parte che avrei dovuto interpretare io, trasmutato nell'uomo ferito e seminudo appeso sulla croce. Un torbido impulso mi spinge ad soffermarmi su quelle gambe bianche e tese, sui piedi che si flettono in maniera provocatoria, su quello strano rigonfiamento dei suoi lombi che scatena nella mia mente un’immagine perversa, che cerco di strappare da me con l’arma della preghiera. Sento una parte di me risvegliarsi. Che il Cielo perdoni la fragilità del mio corpo!
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