“Un giorno,” confermò Sebastian. Però non gli piaceva il modo in cui Asha lo aveva detto. Lo faceva suonare come se lui e Sofia non contassero, come se la loro esistenza fosse veicolata solo a portare Viola nel mondo.
“Sebastian è il nostro re,” disse Vincente a voce alta. “Sofia è la nostra regina, e Casapietra supporta la corona. Creeranno un mondo dove potremo vivere, Asha.”
“Non hanno neanche un mondo dove poter vivere loro,” disse Asha indicando le tende. “Li abbiamo salvati e loro si lamentano. ‘Abbiamo solo delle tende’. ‘Perché non c’è altro cibo?’ ‘E se stessero leggendo i miei pensieri?’ Ci esauriamo per proteggerli, e loro si meravigliano quando ci ribelliamo.”
“Ci vorrà tempo, Asha,” disse Emeline. “Ci vorrà solo…”
Sebastian la vide rimanere immobile sul posto, gli occhi fissi su qualcosa dietro di lui. Sapeva cosa significava: stava vedendo qualcosa ben oltre i confini della città nascosta.
“Cosa c’è?” disse quando vide Emeline sbattere le palpebre ritornando in sé. “Cos’hai visto, Emeline?”
“Qui non siamo al sicuro,” disse Emeline. “Ho visto… ho visto gli scudi che cadevano. Ho visto il Nuovo Esercito che li spazzava via.”
“Impossibile,” disse Vincente. “Gli scudi sono indistruttibili. Abbiamo respinto il nemico con facilità l’ultima volta.”
“L’ho visto,” insistette Emeline. Quando spostò lo sguardo su Sebastian, lui poté vedere quanto fosse seria al riguardo. “Dobbiamo portare Viola fuori di qui.”
Sebastian sbatté le palpebre, ma non poteva che essere d’accordo con lei. Se il Maestro dei Corvi stava per entrare a Casapietra, allora dovevano portare via Viola. Dovevano andarsene tutti.
“Ma non potete prendere Viola,” disse Asha. “È una di noi!”
Sebastian si voltò verso di lei, sorpreso da quell’improvviso tono protettivo. “Viola è mia figlia,” disse. “E non la metterò in pericolo.”
Vide Asha scuotere la testa. “Non è in pericolo. Vincente ha ragione. Nessuno potrebbe entrare a Casapietra.”
“L’ho visto succedere!” ribatté Emeline.
“Dove potremmo portarla?” chiese Sebastian. Se fossero riusciti ad arrivare fino alla costa, allora forse avrebbero raggiunto Ishjemme, ma questo avrebbe voluto dire abbandonare il regno che avevano appena ottenuto. Lo avrebbero perso prima che Sofia potesse anche solo tornare.
“Non c’è praticamente nessun posto forte come questo,” disse Vincente. “L’unico luogo che potrebbe essere più potente sarebbe stato Monthys nei giorni in cui le sue difese erano realmente attive, ma Monthys è caduta.”
“Il che significa che il nemico adesso non è lì,” sottolineò Emeline.
“Lo stesso non sarebbe forte,” ripeté Vincente. “Nei giorni prima delle guerre civili, aveva strati di magia e pietra, ma ora…”
Sebastian aveva sentito da Sofia come era adesso, danneggiata, praticamente in rovina. Ulf e Frig erano andati lì per tentare di ricostruirla, ma ora erano morti, uccisi dal Maestro dei Corvi. Probabilmente il Nuovo Esercito era già passato oltre, ma pensarlo come un posto sicuro era comunque una follia.
“Monthys attirerà la gente,” disse Emeline. “E poi ci saranno ancora le strutture portanti delle difese magiche. Possono essere riattivate.”
“Abbiamo difese magiche anche qui,” insistette Asha. “Viola è il motivo per cui vi abbiamo permesso di venire qui.”
“Non il solo motivo,” disse Vincente.
Asha lo guardò di sbieco, e Sebastian ebbe la sensazione che stessero discutendo. Ma era più interessato a ciò che Asha aveva detto.
“Avete accolto i rifugiati solo per mia figlia? Per un lampo di visione che hai avuto?”
Asha era in atteggiamento di sfida. “Non che ho avuto solo io. Chiunque possa cogliere lampi del futuro ha visto l’arrivo della regina. Non puoi negarlo.”
“Sarà mia figlia a scegliere il suo futuro,” disse Sebastian. “Farò tutto quello che serve per tenerla al sicuro, e per consentirle tali scelte. Combatterò per questo, se proprio devo. Non dimenticartelo, Asha.”
“Non siamo nemici,” disse Vincente. “Siamo…”
Sebastian non poté capire esattamente cosa fossero, perché in quel momento risuonarono delle campane, il segnale che stava accadendo qualcosa oltre le mura della città.
“Dobbiamo andare,” disse Emeline. “Sta arrivando.”
“Siamo al sicuro qui,” insistette Asha. “È solo un qualche piano per portare via la principessa Viola dalla sua gente.”
Sebastian la ignorò e corse verso le mura di Casapietra. Lo scudo che gli abitanti avevano eretto era attivo, sostenuto dagli sforzi delle persone che si trovavano all’interno del cerchio di pietra.
Davanti alla città si trovava un battaglione del Nuovo Esercito, i cannoni puntati, la cavalleria dispiegata come un rete. Sebastian era più interessato alle figure che si fecero avanti. Riconobbe subito il Maestro dei Corvi. L’uomo con la testa rasata che gli stava accanto fu più difficile da identificare, ma se ne stava quasi come fosse un pari del Maestro dei Corvi.
“Quello è Endi,” disse Emeline, “il cugino di Sofia.”
“Quello che ci ha traditi trascinando via mezza flotta dell’invasione?” chiese Sebastian. Aveva sentito le storie, anche se non lo aveva mai incontrato di persona.
“Proprio lui,” confermò Emeline.
“E cosa ci fa con il Maestro dei Corvi?” chiese Sebastian.
“Niente di buono,” rispose Emeline. “Sebastian, dobbiamo uscire da qui.”
Accanto a loro i guerrieri di Casapietra e quelli tra i rifugiati che potevano combattere iniziarono a prendere posizione. Lo fecero con un sorprendente senso di sicurezza, ma poi, pensò Sebastian, si trovavano dietro allo scudo. Fintanto che quello teneva, non c’era nulla da temere. Erano al sicuro.
Allora perché Emeline aveva avuto una visione di distruzione?
Sebastian rimase lì, cercando di mostrare sicurezza anche mentre la sentiva sfumare via. In assenza di Sofia, c’era lui a capo di quel regno, e aveva il dovere di fornire la forza da cui potessero trarre tutti gli altri. Se avesse dimostrato paura, allora si sarebbe scatenato il panico.
Lentamente Endi iniziò a camminare attorno al perimetro di Casapietra, fermandosi a intervalli di pochi passi per fare qualcosa con degli ingredienti che venivano portati da un paio di servitori. Usava un bastone dorato per fare dei segni, leggendo da un libro man mano che si spostava.
“Qualcuno può sparargli con un moschetto?” chiese Sebastian.
“A questa distanza?” chiese Vincente. Iniziò a caricare il suo. “Improbabile, ma possiamo provarci.”
Gli altri guerrieri di Casapietra iniziarono a preparare le loro armi. Sembrarono metterci un penoso lunghissimo tempo per prepararsi.
“Fuoco!” gridò Vincente, e una raffica di colpi sfrecciò attraversando la brughiera, ma nessuno di essi andò a colpire Endi. “È troppo lontano. Forse un cannone potrebbe riuscirci.”
Sebastian vedeva chiaramente che non ce l’avrebbe fatta. Endi si stava muovendo troppo rapidamente perché un cannone potesse restare puntato correttamente contro di lui, e l’idea di colpire un uomo con un’arma da artiglieria era comunque ridicola. Non potevano neanche tentare un assalto là fuori per fermarlo, perché avrebbe significato abbassare lo scudo.
Tutto