Lanciò un grido di battaglia, sollevò in aria la spada e scattò in avanti, calandola con entrambe le mani contro la testa di Andronico.
Andronico lo fissò sorpreso, ma all’ultimo momento riprese l’ascia da terra e riuscì a bloccare il colpo di Thor.
Volarono scintille mentre le due armi si agganciavano e i due avversari si venivano a trovare a pochi centimetri l’uno dall’altro, ansimanti.
“Thornico,” sbuffò Andronico, “hai una forza grandiosa. Ma è la mia forza. Te l’ho data io. Il mio sangue scorre nelle tue vene. Piantala con questa pazzia e unisciti a me!”
Andronico spinse Thor indietro e Thor barcollò.
“Mai!” gridò con tono di sfida. “Non tornerò mai dalla tua parte. Non sei un padre per me. Sei uno sconosciuto. Non meriti di essere mio padre!”
Thor si lanciò di nuovo all’attacco, gridando, e calò la sua spada. Andronico lo bloccò e Thor, aspettandosi quella mossa, ruotò velocemente e lo colpì al braccio.
Andronico gridò di dolore mentre il sangue zampillava dalla ferita. Arretrò e guardò Thor incredulo, portandosi una mano al taglio e fissando poi il sangue che ne usciva.
“Tu intendi uccidermi,” disse, come rendendosene conto per la prima volta. “Dopo tutto quello che ho fatto per te.”
“È quello che farò,” rispose Thorgrin.
Andronico lo fissò attentamente, come se stesse studiando una nuova persona e presto la sua espressione mutò da meraviglia e disappunto, poi a rabbia.
“E allora non sei figlio mio!” gridò. “Il grande Andronico non fa la stessa domanda due volte!”
Andronico gettò a terra la spada, sollevò l’ascia da guerra con entrambe le mani, gridò e si lanciò contro Thor. Finalmente la battaglia aveva inizio.
Thor sollevò la spada per parare il colpo, ma quello scese con una tale forza che con sua grossa sorpresa spezzò la sua arma, rompendola a metà.
Thor improvvisò velocemente, schivando il colpo che continuava la sua discesa contro di lui. Lo sfiorò appena, mancandolo di un centimetro, finendogli così vicino che sentì lo spostamento d’aria sferzargli la spalla. Suo padre aveva una forza tremenda, era più potente di qualsiasi altro guerriero avesse mai affrontato e Thor sapeva che non sarebbe stato facile. Suo padre era anche veloce: era una combinazione letale. E ora lui era pure disarmato.
Andronico continuò a far roteare l’ascia senza esitazioni, mirando al fianco con l’intento di tagliare Thor a metà.
Thor balzò in aria, al di sopra della testa di Andronico, facendo un salto mortale grazie ai suoi poteri interiori che gli diedero la spinta e lo portarono in aria per poi atterrare alle spalle di Andronico. Atterrò in piedi, afferrò la spada di suo padre da terra, si voltò e lo attaccò, mirando alla sua schiena.
Ma con sua sorpresa Andronico era velocissimo e preparato. Ruotò su se stesso e bloccò il colpo. Thor sentì l’impatto del metallo che colpiva altro metallo scuotendogli tutto il corpo. La spada di Andronico, almeno, tenne il colpo: era più forte della sua. Era strano tenere in mano la spada di suo padre, soprattutto ora che stava lottando contro di lui.
Thor fece roteare la spada e la calò contro la spalla di Andronico che però parò il colpo e ne lanciò un altro contro di lui.
Continuarono in questo modo, attaccando e parando; a momenti Thor faceva indietreggiare Andronico, poi i ruoli si invertivano. Volavano le scintille, le armi si muovevano velocissime, luccicando alla luce e risuonando nel campo di battaglia. I due eserciti guardavano immobili. I due grandiosi guerrieri si spingevano avanti e indietro nella radura e nessuno dei due riusciva ad avere il sopravvento.
Thor sollevò la spada per colpire un’altra volta, ma questa volta Andronico lo sorprese facendo un passo avanti e dandogli un calcio al petto. Thor volò all’indietro, atterrando sulla schiena.
Andronico corse in avanti e calò la sua ascia. Thor rotolò via dalla traiettoria, ma non abbastanza velocemente: l’ascia gli colpì un braccio e lo fece sanguinare. Thor gridò, ma lo stesso ruotò di lato e con la spada riuscì a colpire il polpaccio di Andronico.
Andronico barcollò e gridò, Thor si rimise in piedi ed entrambi – feriti – si ritrovarono uno di fronte all’altro.
“Sono più forte di te, figlio,” disse Andronico. “E ho più esperienza sul campo di battaglia. Arrenditi adesso. I tuoi poteri da druido non funzionano contro di me. Siamo solo noi due uno contro l’altro, uomo contro uomo, spada contro spada. E come guerriero io sono migliore. Lo sai bene. Arrenditi a me e non ti ucciderò.”
Thor si accigliò.
“Io non mi arrendo a nessuno! Meno che meno a te!”
Thor si sforzò di pensare a Gwendolyn, a ciò che Andronico le aveva fatto, e la sua rabbia si intensificò. Ora era il momento. Thor era determinato a finire Andronico una volta per tutte e spedire quell’orribile creatura all’inferno.
Thor si lanciò all’attacco con un ultimo sprazzo di energia, dando tutto se stesso e lanciando un fortissimo grido.
Abbassò la spada a destra e a sinistra, roteandola così velocemente da riuscire a malapena a contenerla mentre Andronico parava ogni colpo anche se costretto ad indietreggiare un passo alla volta. Il combattimento proseguì a lungo e Andronico sembrava sorpreso che suo figlio potesse fare mostra di una tale e così duratura forza.
Thor trovò un’opportunità quando, per un momento, le braccia di Andronico si fecero più stanche. Thor fece roteare la spada contro la sommità della sua ascia e riuscì a disarmarlo levandogliela dalle mani. Andronico la vide volare in aria, scioccato, e Thor gli diede un calcio al petto mandandolo a terra, steso sulla propria schiena.
Prima che potesse rialzarsi, Thor gli si avvicinò e gli mise un piede sulla gola. Lo aveva immobilizzato e ora era sopra di lui a guardarlo dall’alto in basso.
Tutti nel campo di battaglia erano intenti a guardare mentre Thor lo sovrastava a quel modo, tenendo la punta della spada puntata contro la gola di suo padre.
Andronico, con il sangue che gli scendeva in un rivolo dalla bocca, sorrise tra le zanne.
“Non puoi farlo, figlio,” disse. “Questa è la tua grande debolezza. Il tuo amore per me. Proprio come la mia debolezza per te. Non potrei mai arrivare al punto di ucciderti. Non ora e non per il resto della tua vita. Questa lotta è inutile. Mi lascerai andare. Perché io e te siamo uno.”
Thor stava su di lui, le mani gli tremavano mentre teneva la spada puntata alla sua gola. Lentamente la sollevò. Una parte di lui sentiva che le parole di suo padre erano vere. Come poteva arrivare ad uccidere suo padre?
Ma mentre lo guardava ripensò a tutto il dolore, a tutti i danni che suo padre aveva inflitto a coloro che gli stavano attorno. Ripensò al prezzo che avrebbero pagato se l’avesse lasciato vivere. Il prezzo della compassione. Era un prezzo troppo grosso da pagare, non solo per Thorgrin, ma per tutti quelli che amava e a cui voleva bene. Thor si guardò alle spalle e vide le decine di migliaia di soldati dell’Impero che avevano invaso la sua terra, ora pronti lì ad attaccare il suo popolo. E quell’uomo era il loro capo. Thor lo doveva alla sua patria. A Gwendolyn. E soprattutto a se stesso. Quell’uomo poteva anche essere suo padre di sangue, ma quello era tutto. Non era suo padre in nessun altro senso della parola. E il sangue da solo non faceva un padre.
Thor sollevò la spada in aria e con un forte gridò la calò giù.
Chiuse gli occhi e quando li riaprì la vide conficcata nel terreno, proprio accanto alla testa di Andronico. La lasciò lì e fece un passo indietro.
Suo padre aveva ragione: era stato incapace di farlo. Nonostante tutto non era in grado di uccidere un uomo indifeso.
Voltò la schiena a suo padre e si portò di fronte al suo popolo, a Gwendolyn. Era chiaro che aveva vinto la battaglia, aveva avuto il suo punto. Ora Andronico, se aveva un onore,