C’è una vita, qui dentro, pensò. E se i libri hanno ragione, quella vita sta provando le mie stesse emozioni. La mia angoscia, la mia felicità, le mie paure…
Mentre ascoltava Ellington fare richiesta per ottenere l’indirizzo di William Holland, Mackenzie si domandò per la prima volta se avesse sbagliato a non dire a McGrath del bambino. Forse stava correndo un grosso rischio continuando a fare l’agente operativo.
Quando il caso sarà finito, glielo dirò, si ripromise. Mi concentrerò sul bambino e sulla mia nuova vita, e…
A quanto pareva si era persa nei suoi pensieri, perché Ellington la fissava come se aspettasse una sua risposta.
“Scusa, pensavo ad altro.”
Lui sorrise e disse. “Non fa niente. Ho l’indirizzo di William Holland. Abita qui in città, nel quartiere di Northwood. Te la senti di andare a fargli visita?”
In realtà non se la sentiva. La giornata non era stata eccessivamente estenuante, ma col fatto che era stata proiettata in un’indagine direttamente dal viaggio in Islanda e che non aveva dormito granché nelle ultime trentasei ore, la stanchezza si faceva sentire. Inoltre, sapeva che il bambino dentro di lei si nutriva delle sue energie, e quel pensiero la fece sorridere.
Ad ogni modo, se anche avessero dovuto interrogare questo tizio e prenderlo in custodia, probabilmente non ci sarebbe voluto molto. Così fece del suo meglio per avere un’espressione da dura e si alzò.
“Certo, andiamo a trovarlo.”
Ellington si mise davanti a lei, fissandola negli occhi. “Sicura? Mi sembri stanca. E meno di mezz’ora fa l’hai detto tu stessa.”
“Non ti preoccupare. Ce la faccio.”
Ellington la baciò in fronte e annuì. “Allora d’accordo, ti credo sulla parola.” Con un altro sorriso, allungò una mano ad accarezzarle la pancia, prima di andare verso la porta.
Si preoccupa per me, pensò. Ed è incredibile quanto già ami questo bambino. Sarà davvero un bravo papà…
Prima ancora di finire quel pensiero, erano già fuori dalla porta, diretti alla macchina. Agivano con tale velocità e determinazione che Mackenzie si ricordò che non avrebbe avuto tempo di pensare al loro futuro insieme, almeno finché il caso non fosse risolto.
CAPITOLO SETTE
Erano da poco passate le sette di sera quando Ellington parcheggiò davanti alla casa di William Holland. Si trattava di un piccolo edificio nascosto ai margini di un bel quartiere, di quelli che sembravano più un cottage fuori posto che una casa. Nel vialetto asfaltato c’era una sola macchina, e le luci in casa erano accese.
Ellington bussò alla porta con fare risoluto. Non si stava comportando sgarbatamente, semplicemente stava facendo capire a Mackenzie che, poiché si preoccupava per la sua salute, durante le indagini avrebbe condotto lui i giochi, che si trattasse di guidare, bussare alla porta o altro.
Ad aprire la porta fu un uomo dall’aspetto curato che sembrava avere tra i quarantacinque e i cinquant’anni. Indossava un paio di occhiali alla moda, un blazer e dei pantaloni kaki. A giudicare dalle zaffate che provenivano dalla porta alle sue spalle, doveva aver ordinato del cibo cinese da asporto.
“William Holland?” domandò Ellington.
“Esatto. E voi chi siete?”
Mackenzie fece un passo avanti ed entrambi mostrarono il distintivo contemporaneamente. “Agenti White ed Ellington, FBI. Ci è stato riferito che di recente ha abbandonato il suo ruolo alla Queen Nash.”
“È vero” disse Holland un po’ incerto. “Ma sono confuso. Perché questo dovrebbe provocare una visita dell’FBI?”
“Possiamo entrare, signor Holland?” chiese Ellington.
Holland rifletté un momento, poi acconsentì. “Sì, certo, entrate, ma non… insomma, che succede?”
Entrarono in casa senza rispondere. Quando Holland chiuse l’uscio alle loro spalle, Mackenzie notò che l’aveva fatto lentamente ma con decisione. Forse era nervoso, oppure spaventato – o ancora, cosa più probabile, entrambe le cose.
“Siamo qui in città per indagare su due omicidi” rispose infine Ellington. “Entrambe le vittime erano studentesse della Queen Nash e, a quanto abbiamo scoperto oggi, entrambe erano seguite proprio da lei.”
Erano entrati nel soggiorno e Holland non perse tempo e si lasciò cadere su una poltroncina. Li fissava come se davvero non capisse quello che gli era appena stato detto.
“Un attimo… ha detto due?”
“Esatto” intervenne Mackenzie. “Non lo sapeva?”
“Sapevo di Jo Haley. E l’unica ragione per cui l’ho imparato è perché il rettore ci informa nel caso uno studente muoia. Chi è l’altra ragazza?”
“Christine Lynch” disse Mackenzie studiandolo in cerca di una qualche reazione. Sul suo viso si accese un barlume di riconoscimento, seppur debole. “Riconosce questo nome?”
“Sì, però non… non ricordo il suo viso. Sa com’è, avevo più di sessanta studenti.”
“Ecco un altro punto interessante” disse Ellington. “Il verbo avevo, al passato. Abbiamo saputo che si è licenziato poco prima delle vacanze invernali. Questo ha forse qualcosa a che fare con le voci che avesse una relazione con una studentessa?”
“Oh, Gesù” esclamò Holland. Si accasciò allo schienale della poltrona e si sfilò gli occhiali, massaggiandosi gli occhi e sospirando. “Sì, è vero, sto frequentando una studentessa della Queen Nash. Sapevo che avevano iniziato a circolare voci su noi due e, prima che questo danneggiasse la mia carriera lavorativa o la sua carriera scolastica, mi sono licenziato.”
“Così, semplicemente?” domandò Mackenzie.
“No, non semplicemente” scattò Holland. “Erano mesi che ci vedevamo in segreto e io ne sono innamorato. Anche lei di me. Ne abbiamo discusso a lungo, tentando di decidere il da farsi. Solo che, nel frattempo, la nostra storia stava diventando di dominio pubblico, così non abbiamo avuto scelta. Ad ogni modo… cosa c’entra tutto questo con gli omicidi?”
“Niente, si spera” disse Ellington. “Ma si sforzi di vederla dal nostro punto di vista, per un istante. Abbiamo due studentesse uccise e l’unico solido collegamento tra le due è che avevano lo stesso consulente accademico, cioè lei. Se aggiunge che ha una relazione con una studentessa…”
“Perciò credete che io sia un sospetto? Che abbia ucciso io quelle ragazze?”
Mettere in parole quel pensiero sembrò provocargli la nausea. Si rimise gli occhiali sul naso e si tirò su a sedere, chinandosi in avanti.
“Non sappiamo ancora cosa pensare” disse Mackenzie. “Per questo siamo venuti a parlarle.”
“Signor Holland” riprese Ellington, “ha detto di non ricordare il viso di Christine Lynch. E cosa ci dice di Jo Haley?”
“Lei sì… a dire il vero, la conoscevo piuttosto bene. Era un’amica della ragazza che sto frequentando.”
“Quindi Jo Haley sapeva della vostra relazione?”
“Non saprei. Non credo che Melissa – la mia ragazza – glielo abbia detto. Abbiamo fatto di tutto per mantenere il segreto.”
Mackenzie si prese un momento per riflettere. Il fatto che la sua ragazza conoscesse una delle vittime – e che la vittima forse sapesse di quella relazione proibita – sicuramente non faceva che mettere Holland ancora più in cattiva luce. Mackenzie si chiese come mai avesse rivelato loro tutto questo di sua spontanea volontà e senza alcuna reticenza.
“Scusi se glielo chiedo” disse Mackenzie, “ma la sua ragazza, Melissa, è la prima studentessa con la quale ha mai avuto una relazione?”
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