Tra cielo e terra: Romanzo. Barrili Anton Giulio. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Barrili Anton Giulio
Издательство: Public Domain
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Жанр произведения: Зарубежная классика
Год издания: 0
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il generale. – Si è visto e riconosciuto a poco a poco l’utile generale, e questo è stato chiamato il bene.

      – Sia pure; ma quanto più leggero, sulla bilancia del nostro raziocinio, quanto più debole dell’utile particolare! Infatti, il bene degli altri, ne sia pure ereditario quanto si vuole il concetto, non è in molti casi il mio bene, è spesso il mio danno, il mio pericolo, il mio sacrifizio: e di questo sacrifizio, di questo pericolo, di questo danno io non vorrò a nessun patto saperne. —

      Il generale stette un istante sopra pensiero.

      – Sentite, – diss’egli poscia, – io non la intendo così: senza badare a questi danni, a questi pericoli, io ho sempre fatto il mio dovere.

      – Lo credo, e lo so, – si affrettò a rispondere Maurizio. – Ma questo, con vostra buona pace, non lo avrete fatto per omaggio alla morale indipendente.

      – E per che cosa, secondo voi?

      – Per avanzo di vecchie idee, generale. Qui davvero il principio di eredità vi soccorre. Avete infatti la eredità di un complesso di conseguenze legittime che l’umanità ha tratte via via da parecchie religioni e da parecchi sistemi filosofici, di cui è vissuta, con cui e per cui è progredita. Ecco perchè uno spirito forte dei nostri giorni può andare avanti, più avanti di molti altri nel sentiero della filantropia, del disinteresse, del sacrificio di sè, immaginando di aver spogliata per sempre la morale della sua antica sanzione. Ma non si andrà molto lontano, io ve ne avverto, non si andrà molto lontano, con questo piccolo viatico. Anche le eredità più vistose si consumano. E la morale indipendente andrà fin che potrà senza Dio; poi, di attrito in attrito, vi sfumerà tra le mani. Temete, mio generale, temete che quando ne avranno assai meno le classi civili, non ne abbiano più affatto le rozze.

      – Già, l’argomento politico! Ma non è filosofico.

      – Lo so; m’è venuto alla mente, e l’ho aggiunto alla mia dimostrazione. Dopo tutto, la vostra doppia massima del non fare e del fare, è frutto della morale all’antica, non già della morale indipendente che oggi si predica. Tutte le religioni l’hanno per canone indiscusso.

      – È di tutte, e perciò non appartiene in proprio a nessuna; – osservò il generale.

      – Che importa? Le religioni son sante.

      – Tutte? Da parte vostra è una dichiarazione ben grave, signor Maurizio. Per caso, le ammettereste voi tutte per buone?

      – Storicamente, perchè no? Nella vicenda delle cose umane sono i varii modi di cercar Dio; e come io credo fermamente che il progresso umano sia a questa condizione di cercar Dio nella vita, così credo che Dio si sia in tutte riconosciuto. —

      Il generale diede in uno scoppio così fragoroso di risa da far rizzare la testa al capitano Dutolet, che involontariamente cominciava ad appisolarsi sul canapeino di ferro.

      – Che larghezza di comprensione! Lasciatevi ammirare, caro mio. Vi avverto per altro che l’arciprete di San Giorgio non vi assolverebbe.

      – Lui no, forse; ma un altro, di qui a cent’anni, sicuramente.

      – Possiate voi campar tanto! E credete poi che quell’arciprete del ventesimo secolo riconoscerà l’elemento del divino anche nella religione di Moloch?

      – No, egli troverà che quella non era una religione, ma un pervertimento di religione. Le religioni, tra i popoli rozzi, girano facilmente alla superstizione, e la superstizione alla ferocia o alla stupidità sua compagna. Ma questi pervertimenti uccidono una religione nel tempo, come l’edera sgretola il muro a cui si abbarbica; Dio si allontana, e passa in un’altra.

      – Chi può saper quando, e come? – esclamò il generale. – Io dico invece: fare il bene, qualunque cosa ne avvenga.

      – È da stoici; – rispose Maurizio. – Ma presuppone almeno l’imperativo morale. Perchè faccio io il bene? Per appagare la mia coscienza. Perchè la mia coscienza sceglie la sua felicità nel bene? Per averne un piacere. Ma è un piacere ideale, se il più delle volte porta danno, sofferenza, pericolo, sacrificio e morte. È dunque un ideale. L’ideale suppone l’idea, l’idea suppone un mondo intellettuale che non è quello della cieca natura. Cercate, generale, indagate, troverete Dio necessario.

      – Dove? non si è mai visto, ch’io sappia. Nel roveto, forse?

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