«Ciao, Ronnie. Ti va di unirti a noi?» chiese Vangie.
Susanne gemette dentro di sé. Si preparò a essere gentile, socievole persino, perché era così che era stata educata. Ma non significava che le piacesse.
Ronnie rifiutò. «Sono solo qui per prendere qualcosa da portar via e poi torno al lavoro. Ma vado a fare una camminata al Circle Park questo pomeriggio quando finisco il turno. Qualcuna di voi vuole venire con me? Le foglie saranno uno spettacolo.»
Vangie sembrava sinceramente dispiaciuta. «Vorrei poterlo fare.»
Circle Park: era vicino ad Hunter Corral, dove sarebbero stati i piccoli cacciatori di Susanne. All’improvviso, fu pervasa dall’ansia. I volti della sua famiglia apparvero uno dopo l’altro come diapositive da 35 mm nel proiettore a carosello della sua mente. Sembrava una premonizione, ma vaga e non specifica. Non credeva nelle premonizioni. Patrick sì. La incoraggiava ad ascoltare le sue viscere, insistendo entusiasticamente sulla loro connessione con la mente e tutto quello che potevano dirle. Ma l’unico messaggio che a lei davano era: è ora di mangiare! Era sorprendente che qualcuno così scientifico e razionale come suo marito nutrisse quel misticismo. Forse era legato alla sua ossessione per quella che considerava la connessione soprannaturale dei pellerossa con la natura.
Scosse la testa. «Non posso, ma grazie mille per l’invito.»
Lo sguardo di Ronnie le diceva che non gliela dava a bere. «La prossima volta, allora. Ci vediamo.»
Susanne ricambiò: «Buona giornata.»
«Allora, ciao», seguì Vangie. Poi si inclinò verso Susanne. «Non è così male, sai.»
«Ne sono sicura.»
«Hai davvero da fare? Perché se così non fosse, potresti venire con me a Billings per fare acquisti.» Vangie faceva frequenti viaggi in Montana per comprare cose per il ranch dei Sibley, Piney Bottoms. Il Montana non addebitava l’imposta sulle vendite, quindi faceva risparmiare un po’ di soldi se si dovevano acquistare articoli costosi o in grandi quantità.
«Il mio programma è infilarmi nella vasca da bagno con quel nuovo libro di cui tutti parlano: Dove sono i bambini?, una bottiglia di Zinfandel bianco e qualche candela. La casa è tranquilla ed è tutta mia.» Si sentiva un po’ in colpa per essere così eccitata, nonostante il suo strano senso di disagio, all’idea di avere qualche giorno per sé. E per averlo ammesso con Vangie, che stava avendo così tanti problemi a metter su una famiglia tutta sua. Ma era un lusso, un raro lusso. «La prossima volta?»
«La prossima volta, certo.»
«Ma fa’ attenzione. Sono preoccupata per te.» Per il bambino, naturalmente, ma era anche preoccupata per Vangie, che avrebbe guidato da sola sull’interstatale. «Non fermarti a prendere su autostoppisti. C’è un assassino in libertà. Ha ucciso un agente di Big Horn.»
La boccuccia di Vangie si spalancò. «Veramente?»
«È quello che mi ha detto il coroner poco fa.»
Vangie infilò la forchetta nella sua insalata e ne tenne un boccone per aria. «È meglio per me stare fuori a fare qualcosa, così non mi raggomitolo in casa preoccupandomi per questo bambino. Non preoccuparti. Sono armata e pericolosa, e non mi fermerò per niente e per nessuno.»
SEI
BIG HORN, WYOMING
18 settembre 1976, una del pomeriggio
Trish
Trish uscì dal McDonald’s e andò al trailer dei cavalli. Cindy scalciava ritmicamente. Quella cavalla aveva un futuro come batterista, anche se a suo padre piaceva dire che l’avrebbe mandata alla fabbrica di colla, se non la smetteva di picchiare contro il rimorchio. Attraverso un finestrino aperto su un lato del trailer, accarezzò il muso di Goldie. La palomina aveva un naso come il Coniglietto di Velluto. Trish aveva desiderato una cavalla nera come Black Beauty, ma si era innamorata della sua bionda compagna. E le piaceva il fatto che i propri capelli e il suo pelo fossero abbinati.
Goldie nitrì e la spinse con il muso, in cerca di un biscotto. Trish non ne aveva.
«Scusa, tesoro.»
Tornò al loro ammaccato pick-up di colore bianco. Suo padre l’aveva già avviato e aveva inserito la marcia. Era ancora un po’ agitata per la chiamata che aveva fatto dal telefono pubblico. Aveva chiesto alla signora Lewis di riferire un messaggio al figlio, riguardante il cambio di programma da Hunter Corral a Walker Prairie, dopo che la scorbutica donna le aveva detto che Brandon non c’era e stava per riattaccare. Trish sperava che non fosse già partito per Hunter Corral per vederla. E che la signora Lewis gli riferisse il suo messaggio.
Perry e suo padre stavano parlando del Super Bowl e delle possibilità dei Dallas Cowboys di vincerlo in quella stagione. I Dallas Cowboys erano la squadra del cuore dei due. Chi cresceva in Texas era come se dovesse fare il tifo per loro, a meno che non vivesse a Houston e fosse allora un fan degli Oilers. In Wyoming, invece, la gente tifava per i Denver Broncos. Trish aveva deciso che, dal momento che adesso era una ragazza del Wyoming, loro erano la sua squadra.
Suo padre uscì dal parcheggio, diretto verso le montagne. Lontano dall’interstatale. Stava andando di nuovo nella direzione opposta a quella che lei si aspettava.
«Papà, che stai facendo?»
Perry continuava noiosamente a parlare del football. «Roger Staubach è destinato a entrare nella storia.»
Suo padre le sorrise. «Stiamo prendendo una scorciatoia. Vedi quella strada sterrata su per la parete della montagna?» Gliela indicò.
Lei strizzò gli occhi. Ne vide una, a malapena. «Sì.»
«Questo ci farà risparmiare un’ora di viaggio.»
Trish ricordava un sacco di volte in cui le scorciatoie di suo padre erano finite male. O erano rimasti bloccati, o era una strada a fondo chiuso, o si era rotto il pick-up, o si erano persi. «Magnifico.»
Patrick tornò alla conversazione sul football con Perry. Una fastidiosa voce interruppe la musica della stazione radio con un aggiornamento sulle ricerche di un fuggitivo. Trish ruotò la manopola della sintonia, scorrendo le poche stazioni, tutte disturbate, disponibili nel nord del Wyoming.
Superarono un cartello che segnava l’inizio del centro abitato di Big Horn. Trish non l’aveva mai sentito. Dato che lo attraversarono in meno di un minuto, capì perché. Era persino più piccolo di Buffalo. Era convinta che ci fossero meno abitanti in tutto lo stato del Wyoming che a Irving, la città dell’area metropolitana di Dallas-Fort Worth dove avevano vissuto prima di trasferirsi nel vero stato dei cowboy.
Lentamente lo scenario l’attirò e, senza accorgersene, lasciò la radio su una stazione di musica gospel. Cervi, antilopi e tacchini selvatici vagavano ovunque. La strada li portò vicino a un torrente serpeggiante, le cui sponde erano fitte di pioppi, quelli tremuli e i populus trichocarpa, gli alberi che facevano il “cotone”. Abbassò il finestrino e annusò forte. Qualche sentore del dolce profumo degli ulivi di Boemia aleggiava ancora nell’aria. L’ultimo resto dell’estate. In lontananza, le montagne si ergevano ripide, i loro fianchi ricoperti di alti pini, fatta eccezione per le enormi formazioni rocciose dai differenti colori. Rosa, rosso, nero, bianco, grigio. Il vento le sferzava i capelli. Era ancora caldo, ma sentì che si stava raffreddando, preannunciando l’autunno. Presto sarebbe arrivata la neve. Sua madre diceva sempre che Trish era proprio come suo padre. Lei non vedeva come. Suo padre era un duro e voleva tutto a modo suo. Ma, effettivamente, amava le montagne come lei. E i cavalli.