Nonostante il fastidio persistente per il tentativo d’intervento, Adara si era costretta a mandare un messaggio a Gia, per scoprire quali informazioni aveva fatto trapelare. A quanto sembrava, non abbastanza da serbare rancore. La morte di Joey era di dominio pubblico, così come la sua occupazione. Gia giurava che il resto della sua discussione con Garret aveva ruotato intorno a lui che le aveva assicurato che le sue intenzioni erano onorevoli.
Puah! Era amico di Ian. Ed era abbastanza.
E quando Gia le aveva di nuovo suggerito che saltare addosso a Garret Ambrose avrebbe messo fine alla sua depressione, Adara aveva interrotto la conversazione con alcune frasi su teorie assurde, sulla gioia della solitudine e su come prepararsi al meglio per un trattamento silenzioso di durata indeterminabile. Gli amici erano sopravvalutati.
Arricciò il naso, esercitandosi nel suo sguardo disgustato. La perfezione. Aveva ancora pochi minuti per prepararsi all’Operazione Shutdown. Garret, purtroppo, aveva ricevuto un elenco del personale e, cosa molto fastidiosa, aveva trovato il suo numero e il suo indirizzo. Le aveva mandato un messaggio non molto tempo dopo il loro sfortunato incontro sui suoi sacri sentieri di corsa, incontro che Adara stava ancora cercando di dimenticare, e lei aveva accettato di farsi venire a prendere da lui. In questo modo, sarebbe stata costretta a trattare con lui e a metterlo in riga. Aveva la sensazione che quello fosse l’unico modo in cui Garret Ambrose avrebbe capito che non lei era materiale per una relazione e nemmeno per una sola notte.
Chinandosi sul lavandino, guardò il suo riflesso più da vicino, la prima volta che si studiava davvero da mesi. Non c’era da stupirsi che la gente mormorasse. Le occhiaie aggiungevano cinque anni ai suoi venticinque. La sua pelle pallida poteva rivaleggiare con quella di qualsiasi vampiro e con i suoi lisci capelli neri si sarebbe adattata perfettamente alla famiglia Addams. La sua bocca era contornata da rughe che non c’erano prima della morte di Joey.
Contrasse le labbra in un leggero sorriso, ammorbidendo quelle rughe. Joey l’aveva sempre presa in giro per la sua bocca alla Steve Tyler, l’unica cosa che salvava la sua faccia dall’essere severa. Un dolore le trafisse il cuore. Probabilmente adesso non l’avrebbe detto. Si passò per l’ultima volta un pettine tra i capelli già perfetti. Fare un’apparizione pubblica in abiti volutamente trasandati non era un problema. I suoi capelli erano una storia diversa.
Il suono della Quinta di Beethoven vibrò attraverso le pareti, impossibile da non notare. Una delle prime implementazioni di Joey dopo l’acquisto della casa era stata di personalizzare il campanello. Garret era arrivato. È l’ora dello spettacolo.
Spense la luce del bagno e camminò nel corridoio vuoto, i tacchi dei suoi stivali erano un’eco nitida e sicura nel silenzio. Quella sera, avrebbe interrotto questa strana e indesiderata connessione tra loro. Qualsiasi intenzione lui avesse, lei l’avrebbe stroncata sul nascere. Prese il cappotto dall’attaccapanni nell’atrio e lo indossò. Una rapida occhiata alle tasche confermò che chiavi e telefono erano ancora lì. Soffocando un sospiro, aprì la porta.
Garret stava in piedi sulla veranda, le mani nelle tasche dei jeans, le spalle inarcate. Il suo sorriso era quasi timido. Non era vestito come lei si aspettava, non era la presentazione di un ragazzo deciso ad affascinare un appuntamento riluttante. I jeans di lui erano più sporchi dei suoi. Aveva nascosto i suoi capelli troppo lunghi sotto un berretto nero. Indossava una maglietta scura su una camicia a maniche lunghe e, se aveva portato un cappotto, doveva averlo lasciato nella sua - lei sbatté le palpebre - bestia a motore.
Nera. Elegante. Il tipo di automobile che urla troppi soldi. Ecco perché non sente il bisogno di vestirsi bene. Garret aveva lasciato che le sue quattro ruote facessero tutto il lavoro, un errore da parte sua. I beni materiali non la impressionavano.
“Hai delle gomme da neve su quella cosa?” Adara scosse la testa, abbottonandosi il cappotto per ripararsi dal freddo. “Non sono sicura di potermi fidare delle tue capacità alla guida, sempre che tu non guidi come corri.”
“Le gomme sono a posto, burlona.” Garret si raddrizzò. “E non ho mai ricevuto una multa né fatto un incidente, nemmeno un tamponamento.”
“Facile da dire quando per tre anni sei andato in giro in limousine o bus turistici.”
“Non cambia i fatti.” Le offrì il braccio. “Pronta?”
“Nemmeno un po’.” Adara ignorò il braccio dell’uomo e scese le scale, inspirando a lungo l’aria gelida. “Facciamola finita.”
Garret sorrise guardando la schiena magra di Adara dirigersi verso la sua Maserati, due passi avanti a lui, come se fosse determinata a fargli mangiare la polvere. Non importava cosa lei dicesse o facesse, il suo atteggiamento distaccato era un espediente. Qualsiasi idiota che si fosse preso due secondi per guardarla veramente se ne sarebbe accorto. Stava aspettando di essere trovata, non lasciata indietro.
Garret avvertì sussultare il suo cuore. Il salto si riferiva a una serata da solo con Adara. La stretta era per tutto ciò che era nascosto sotto la superficie e che si aggrappava per uscire. Spingerla in quell’area non avrebbe portato da nessuna parte, il che andava bene. A volte l’ispirazione richiedeva intervalli improvvisi, scintille spezzate, lunghi minuti per collegare i punti e prendere il volo e, mentre lui intendeva essere l’innesco, lei controllava l’assorbimento e la reazione. Il giovane controllò l’orologio. Il timer scattò, avviandosi esattamente al tramonto.
Garret s’incamminò e la precedette alla portiera della macchina, fortunatamente senza scivolare sulla neve incrostata sul marciapiede. Rendersi ridicolo non era il modo in cui sperava di iniziare il suo appuntamento. E per quanto lei protestasse, scommessa o no, quello era un appuntamento. Il nostro primo appuntamento.
“Posso aprire lo sportello da sola.” Lei diede un calcio a un cumulo di neve mentre lui schiacciava il pulsante della serratura e le apriva lo sportello.
“Certo che puoi.” Garret fece il suo miglior inchino da standing ovation. “Permettimi di fingere di essere un gentiluomo.”
Tenendo la mano sul telaio dello sportello, Adara si fermò e incontrò lo sguardo di lui. “Questo non è un appuntamento.”
Il lampo di sfida negli occhi di lei riaccese il sorriso sul volto di Garret. “Stare in piedi al freddo non fa parte del tuo obbligo, Adara.”
La donna serrò le labbra, si sistemò sul sedile del passeggero e gli strappò lo sportello dalle mani, sbattendolo. L’intera macchina ondeggiò.
Garret strinse le labbra per trattenere una risata. Lei era in una forma speciale stasera, il che significava che lui la stava raggiungendo. Era solo una questione di minuti prima che lei cedesse e lo facesse entrare.
Garret scivolò sul sedile del conducente e chiuse fuori il morso dell’inverno. Adara guardò dritto davanti a sé oltre il parabrezza, tenendo le mani strette sulle cosce.
“Perché sei così tesa?” domandò lui con un tono da presa in giro. “Pensavo avessi detto che questo non era un appuntamento e Tatum mi ha fatto promettere di essere gentile con la sua insegnante preferita. Non c’è niente di cui preoccuparsi.”
“Non sono preoccupata.” Adara rilassò le dita e si accasciò sul sedile. Non era sicuro di volerlo guardare, ma inclinò il viso verso di lui. “Tatum ha detto che sono la sua insegnante preferita?”
“Tra le altre cose.” Dopo aver girato la chiave, il motore si avviò e la macchina si allontanò dal marciapiede.
“Tra le altre cose?” Lei lo guardò dritto, con la fronte corrugata. “Che cosa vorresti dire con questo?”
Garret