Perché una persona così intelligente lavora in un diner? E cosa spinge una persona a volersi tingere i capelli di viola o a farsi un piercing al naso? Non lo comprendo, eppure mi trovo a volerlo scoprire.
Una volta che Danny ha preso la nostra ordinazione, la conversazione riprende, anche se ora si parla di hockey invece che di filosofia. Mi sa che stiamo incominciando a smaltire la sbornia. Io, Mike, e Carter discutiamo della gara di apertura della stagione contro il Boston College. Mentre parliamo, osservo Danny muoversi ed interagire con i clienti. Ride molto ed ha un sorriso incantevole con le fossette. Ho anche notato che ha un culo spaziale, ma hey, sono un maschio.
A quanto pare però non sono discreto quanto credo, dato che Carter si sporge e mi sussurra: “È davvero sexy, eh? Stai pensando di fartela?”
Scoppio a ridere. “No, amico. Non è il mio tipo.”
“Beh, con quel corpo è più il mio tipo. Mi chiedo se ha altri piercing non visibili.”
Ammetto di aver pensato la stessa cosa. Eppure non credo che lo scoprirò. Si capisce guardandola che non è il tipo di ragazza da una botta e via. Oh, penserà di essere una dura con i suoi capelli tinti ed i piercings, ma guardandola si capisce che è un angioletto e non una diavolessa. Peggio per me. E anche per lei.
E una botta e via sarebbe l’unico modo per ottenere una risposta alle mie domande. Non è decisamente adatta come potenziale fidanzata, dato che i miei genitori farebbero una scenata se mi facessi vedere dalla stampa con lei al mio fianco. Questo pensiero è alquanto deludente per me. Non mi interessava qualcuno così da tantissimo tempo, e ora sono incazzato di dover vivere la mia vita seguendo i dettami dei miei genitori.
Sospiro silenziosamente e colpisco scherzosamente Carter con un pugno sul braccio. “Dacci dentro, bello. Grazie al tuo brutto muso potresti avere una chance con lei.”
1 Capitolo 2
Danny
Esco dalla doccia tremando in maniera incontrollabile. Il nostro boiler è rotto da due giorni, e sto per andare a fare il culo al padrone di casa. Se io e la mia coinquilina Paula non fossimo così dannatamente povere, ci trasferiremmo in un appartamento migliore. Tuttavia, le cose stanno come stanno, tiriamo a campare, e non possiamo permetterci più di questa squallida topaia.
“C’era acqua calda, Danny?”
Apro la porta del bagno, e sento Paula sbattere le pentole. Credo stia cucinando del Ramen per cena.
“No. Sempre fredda come il ghiaccio,” le rispondo.
“Cazzo. Quel coglione buono a nulla. Cazzo.”
“Modera il linguaggio! Sentirti imprecare mi sta facendo sanguinare le orecchie. E mi devi tre sigarette.”
Sento Paula pestare i piedi lungo il corridoio. Fa capolino e mi passa le sigarette lanciandomi un’occhiataccia. Procedo subito a buttarle nel water.
“Sei proprio una stronza, Danny.”
Mandandole un bacio, le rispondo: “Ti voglio bene anch’io.”
Eccome se voglio bene a Paula. È un misto tra una figura materna e la mia migliore amica. Viviamo assieme da quasi due anni ed ha quindici anni più di me. Ci siamo conosciute lavorando assieme da Sally, ma da allora si è trovata di meglio…lavora in un negozio di dischi vintage.
Paula è una professionista del turpiloquio. Sto provando senza successo a farle abbassare i toni fin da quando la conosco. Non è che io non dica parolacce, ma Paula passa tutto il suo tempo a sbraitare oscenità. Perciò ho scommesso con lei che non sarebbe riuscita a smettere di usare la parola che inizia per “C”, al che lei mi ha prontamente presa in giro, dicendo: “È un gioco da ragazzi.”. Abbiamo stabilito che ogni volta che dirà quella parola, dovrà rinunciare ad una delle sue preziose sigarette…che io distruggo con piacere proprio davanti a lei. Credo che presto dovrà dire addio alla nicotina.
Esco dal bagno, e lei mi segue nella mia camera. Lascio cadere l’asciugamano per terra, ed inizio a vestirmi.
“Allora, hai il turno notturno da Sally?” mi chiede.
“Già. Finisco alle 7.”
Inizio a vestirmi mentre lei si appoggia contro lo stipite della porta. “Bella, che orari del cavolo! Perché non lasci quel ca—.”
Aggrotto le sopracciglia, sfidandola a continuare.
“—intendo dire quello stupido lavoro?”
“Brava ragazza.” le faccio i complimenti. “E dove lo trovo un altro lavoro? Sono una studentessa ventunenne senza esperienze lavorative, Sally escluso. Tra l’altro…le mance non sono niente male.”
Ripenso allo splendido ragazzo che mi ha lasciato una mancia di cinquanta dollari qualche notte fa. Era chiaramente uno studente del college - probabilmente alla Northeastern - proprio come me. E considerata la mancia di cinquanta dollari, è sicuramente pieno di soldi. Ridacchio ripensando a quel gruppo. Ho capito fin dal momento in cui quell’arrogante tipa mora mi ha messo gli occhi addosso che avrebbe provato ad umiliarmi. Per fortuna ha scelto un argomento del quale ovviamente non sapeva niente, a differenza mia.
Il mio momento preferito è stato quando me ne sono andata, e il figaccione che giocava ad Angry Birds mi ha chiamata per nome. Girandomi per guardarlo, sono quasi trasalita vedendo come mi fissava. In maniera sensuale…come se volesse divorarmi. Gli ho lanciato qualche altra occhiata mentre mangiavano, e sembrava sempre ricambiare gli sguardi. Per un attimo ho pensato di flirtare un po’, ma a che pro? Non sarebbe andata oltre, dato che siamo proprio agli antipodi. Ho già provato a frequentare un riccone come lui, ed è stato un disastro. Inoltre non ho né il tempo, né l’energia per stare dietro ai ragazzi in questo momento della mia vita. Forse un giorno.
Una volta che il chiassoso gruppo se n’è andato, mi sono avvicinata per iniziare a pulire il tavolo. Ho notato che non avevano lasciato la mancia, tipico degli studenti ubriachi. Suppongo che l’unica ricompensa ottenuta da questo tavolo sia stata la soddisfazione di fare ingoiare la lingua a quella studentessa arrogante. Mi sganascio solo a ripensarci.
Una volta portato via l’ultimo piatto, mentre stavo per tornare in cucina, la porta si è aperta, e Mr. Sexy è rientrato. L’ho guardato avvicinarsi a me, e poi ci siamo fissati.
Infilando la mano in tasca, mi ha detto: “Ecco la tua mancia. Mi ero dimenticato di lasciarla.” La mossa era calcolata per invadere il mio spazio personale, una cosa incredibilmente sexy in quel momento.
Mi ha guardato per qualche secondo, poi ha detto: “Beh, grazie di averla presa con filosofia stasera. Sei riuscita senza dubbio a rimettere Angeline al suo posto, e mi dispiace per quello che ti ha detto.”
Ho girato la testa verso di lui. “Perché sei dispiaciuto? Non ti dovresti scusare per lei.”
Accennando un sorriso mi ha risposto: “Suppongo proprio di no.”
Dopo qualche secondo passato a fissarci, ho pensato che stesse per dire qualcos’altro, invece si è girato per andarsene, dicendomi: “Ti auguro una buona notte.”
Quando gli ho detto: “Anche tu” se n’era già andato.
Mi sono accorta che mi aveva lasciato cinquanta dollari solo dopo la fine del mio turno, mentre contavo le mance. Con quei soldi avrei potuto decisamente comprare un sacco di Ramen per me e Paula.
“Credo di poterti fare ottenere un posto al negozio di dischi.”
Eh? Riporto l’attenzione su Paula, smettendo di pensare ad uomini sexy che lasciano enormi mance. La guardo sorridendo.
“Non se devo vestirmi così,” le dico scherzosamente.
Paula