Sentì Garron irrigidirsi intorno al suo cazzo. “Non ti piace?”.
Scuotendo la testa, Sonny gli baciò il petto. “Tutto il contrario. Non so se mi andrà mai più di essere passivo”.
Garron ridacchiò e gli diede uno schiaffetto sul culo. “Beh, non abituartici troppo, però una relazione con dei turni equi mi può andare bene. Basta che ti muovi, qui sto impazzendo”.
Sonny gli diede un morso giocoso sul collo e poi iniziò a spingere dentro e fuori. Più Garron gemeva forte, più i suoi fianchi si muovevano velocemente, finchè non si ritrovò a battere come un martello dentro il suo buco caldo. Guardò la sua faccia mentre il sudore iniziava a colargli sul petto e sullo stomaco. “Ti amo” ringhiò.
Stretto dentro la mano di Garron, il suo cazzò esplose in tanti flussi perlati di seme bianco. I movimenti involontari che fece mentre veniva, diedero il via anche a Sonny. Si spinse dentro di lui un’ultima volta e lo riempì con la sua essenza. Crollato sopra Garron, il corpo di Sonny continuava a tremare per l’intensità dell’orgasmo.
Era sudato, affamato, assonnato e appagato. Cosa poteva chiedere di più? Sorrise, mentre Garron lo avvolgeva con le sue gambe. A quanto pare non era l’unico a volere che quel momento non finisse. “Dobbiamo comprare delle fedi?” chiese Garron, accarezzandogli la schiena.
Sonny non aveva pensato agli anelli ma, più lo faceva, più l’immagine di Garron con una fascetta d’oro al dito lo intrigava. Alzò la testa per guardarlo in faccia. “Puoi mettertela, mentre lavori?”.
“La maggior parte delle volte sì. Di sicuro lo dovrò togliere per qualche operazione speciale, ma è così anche per tutti gli altri poliziotti del reparto”.
“Allora sì, anelli per due”. Si stesero di nuovo e si lasciarono andare a un breve pisolino.
* * * *
Quando si misero a tavola per una cena sul tardi, Sonny alzò lo sguardo su Rawley, seduto dall’altra parte del tavolo. “Sto organizzando una grande festa per i 36 anni di Garron, tra due settimane”. Diede un morso al suo hamburger prima di continuare. “Pensavamo di approfittarne per pronunciare qualche parola di impegno l’uno con l’altro”. Apettò l’esplosione che, era certo sarebbe arrivata, mentre dava un altro morso.
“Come hai detto, scusa?” Rawley mise giù il suo tè freddo.
“Ho detto che io e Garron ci scambieremo delle promesse”. Sonny guardò suo fratello negli occhi, sfidandolo a contraddirlo.
“E ti sembra la cosa più saggia da fare? Finora hai ottenuto un occhio nero e un toro morto. Cosa pensi che succederà, quando si spargerà la voce anche di questo?”.
Sonny spinse via il piatto per appoggiarsi al tavolo. “Sono cresciuto in questa città, secondo me la maggior parte della gente mi accetta per quello che sono. Se un gruppetto di bigotti ha deciso di odiarmi solo per via di chi amo, che vadano a fanculo”.
Rawley guardò Garron, rimasto i silenzio fino a quel momento. “E tu? Sei pronto a fare questo passo?”.
Garron fece correre lo sguardo tra i due fratelli. “Credo che Sonny sia quello che ha più da perdere, con questa decisione. E se lui è disposto ad avermi nonostante tutta questa storia, io non mi lascio fuggire l’occasione”.
Rawley si alzò e si diresse verso la porta, abbandonando la sua cena sul tavolo. “Siete due pazzi”. Indossò il cappello ma, quando fece per andarsene, Sonny parlò.
“Almeno non facciamo finta di non provare quello che proviamo. Non puoi nasconderti dietro quel distintivo per sempre. Non ti sarà molto di conforto, quando sarai vecchio”.
Rawley se ne andò senza neanche guardarsi indietro. Garron osservò Sonny con gli occhi sgranati. “Che c’è? È la verità. C’è così tanta tensione sessuale, tra Rawley e Jeb, che è un miracolo che la stanza non prenda fuoco, quando stanno insieme”.
“Magari hai ragione,” disse Garron, allungando una mano per prendere quella di Sonny “ma non sta a te dirlo. Forse, se la smettessi di stargli tanto addosso, si lascerebbe andare di più”. Poi lo tirò per farlo sedere in braccio a lui.
“È che mi dispiace vederlo così infelice”. Sonny sapeva benissimo che non avrebbe dovuto dire quelle cose a Rawley, ma ormai era tardi per rimangiarsele. Appoggiò la testa su quella di Garron e lo baciò. “Sono uno stronzo”.
“No, cowboy, non lo sei. Devi solo lasciare che tuo fratello capisca da solo chi è veramente”. Gemette, perché Garron aveva iniziato ad accarezzargli il cazzo da sopra i jeans. “Vogliamo sbrigarci a lavare i piatti e tornare subito di sopra?”.
Guardando il tavolo, Sonny non si sorprese a trovarci quasi tutto il cibo ancora sopra. “Peccato che non abbiamo un cane. Sarebbe bastato semplicemente mettere tutti i piatti sul pavimento”.
Ridendo, Garron si alzò e mise in piedi anche Sonny. “Dai, prima facciamo, prima possiamo salire su”. Impilò i piatti e li portò al lavandino. Poi si voltò per fargli l’occhiolino. “E questa volta tocca a me guidare/guido io”.
Capitolo Due
Il giorno dopo, prima di andare al lavoro, Garron si fermò da suo fratello Jeb. Passando sotto la vecchia insegna del ranch, si ricordò di una cosa. Doveva parlargli del fatto di dargli un nuovo nome, perché Il Grande A non andava più bene. Parcheggiò la moto e poi salì i gradini del portico due alla volta. Aprì la porta d’ingresso e chiamo Jeb. Quando non ricevette risposta, tornò fuori e guardò il fienile. Se fosse stato nei paraggi, si sarebbe fatto vedere non appena avesse sentito la sua moto.
Scuotendo la testa, si incamminò verso il fienile. “Jeb?”. Raggiunse l’enorme costruzione rossa e infilò dentro la testa. “Jeb?” disse di nuovo.
“Arrivo tra un minuto” rispose suo fratello.
Garron seguì la voce fino alla selleria. Jeb era seduto su uno sgabello e parlava al telefono. Dall’espressione un po’ tonta che aveva, capì che stava parlando con Rawley.
“Ok, sì, ti chiamo se vedo qualcosa. Ci sentiamo”. Jeb attaccò e si rimise il telefono in tasca. “Ehi, fratellone”.
Garron indicò con un sorriso la tasca. “Che dice il tuo amore?”.
“Falla finita. Rawley ha chiamato per dirmi che sta portando Lionel in centrale per interrogarlo. Ha fatto fare una perizia balistica al proiettile, ma dice che di solito ci vuole un po’. Mi ha chiesto di tenere gli occhi aperti”. Incrociò le braccia e guardò il fratello. “Allora, che ci fai qui?”.
“Sono passato solo per dirti che mi sposo. O mi impegno. Non so bene come chiamarlo, ma la cosa succederà il giorno del mio compleanno. Sonny affitterà la stanza sul retro del Dead Zone, volevo chiederti se ti andava di stare al mio fianco”. Garron sentì il suo viso avvampare, cosa che lo fece sentire alquanto incazzato. Non c’era assolutamente alcun motivo per imbarazzarsi, quindi perché stava arrossendo? Guardo Jeb in attesa del commento che sapeva stava per arrivare.
Ma invece di una ramanzina come quella di Rawley, Jeb si tuffò tra le sue braccia. “Sono davvero felice per te”. Gli diede un bacio sulla guancia, prima di lasciarlo andare. “Naturalmente, penso che siate più fuori del balcone della zia May. Ma, ehi, chi sono io per giudicare?”.
“Secondo te sono fuori solo perché voglio sposarmi?”. Garron si sentiva destabilizzato, sia per l’abbraccio inaspettato che per la storia del balcone della zia.
“No, però secondo me se volete sposarvi dovreste andare alle Hawaii e portarmi con voi”. Jeb smise di sorridere e gli appoggiò una mano sulla spalla. “Sai che questo farà agitare la città, vero?”
“Non tutta la città, solo Lionel e i suoi tirapiedi”. Guardò suo fratello negli occhi. “Lo amo. Sonny lo desidera