«Accetta l’invito di tua sorella.» Non mi sorprendeva che la nonna pensasse che dovessi andare. «Chance ti ha messo gli occhi addosso.»
Chance Drake. Il fratello di mio cognato. Un montanaro robusto e assolutamente stupendo. Avrei mentito a sostenere di non essermi goduta una o due fantasie su di lui da quando ero arrivata. «Non è esattamente il mio tipo.»
«E quale sarebbe il tuo tipo?» chiese Sophie. «Tyson conosce un sacco di persone. Possiamo trovare qualcuno da invitare a cena.»
Persone. Non draghi. Sembrava un po’ più sicuro.
«Sono sicura che le conosce.» Ammiravo il modo fanciullesco con cui Sophie guardava il mondo. Come la nonna, credeva ancora, senza alcun rimorso, che tutto ciò di cui avevamo bisogno fosse l’amore. Avrei voluto accettare. «Non sto cercando di stabilirmi a Summerland.»
La nonna alzò le mani, scuotendo la testa. «Chi ha parlato di sistemarsi? Goditi una cena gratis. Divertiti, Monique Louise. Lavori così duramente, non è l’unica cosa che conta.»
«Lo so.» In teoria, lo sapevo. Se un paziente fosse venuto da me nervoso come ero io, gli avrei detto di prendersi un po’ di tempo per se stesso. Ma non ero disposta a seguire il mio stesso consiglio. Rilassarmi non era nel mio vocabolario. «Sophie ha sposato Tyson una settimana dopo averlo conosciuto. Le cose sembrano andare velocemente, da queste parti.»
La nonna mi strinse il braccio. «Mentre sei qui, prova a fare tutte quelle cose che non faresti a Nashville. La tua vita sarà ancora là, quando tornerai.»
A giudicare dalla quantità di e-mail e messaggi che arrivavano in continuazione, quell’affermazione era accurata al cento per cento. La responsabile amministrativa dello studio e il mio socio stavano aspettando che tornassi e risolvessi i loro problemi.
Il mio problema era che non ne avevo voglia.
Amavo i miei pazienti, e prendermi cura di loro compensava tutte le lunghe ore di lavoro, le conversazioni difficili con altri medici e la burocrazia delle compagnie di assicurazione.
Ma non avevo realizzato quanto avessi bisogno di una pausa finché non ero stata costretta a prenderne una. Il tempismo era stato orrendo. Il nostro nuovo studio medico era stato appena sistemato, e la ristrutturazione della mia casa completata. Il mio conto in banca si piegava sotto il peso di entrambi, ma la nonna aveva ragione. Tutte quelle cose potevano aspettare. Mia sorella aveva una vita nuova di zecca di cui non sapevo nulla, e ignoravo che avesse iniziato a scrivere un blog che si occupava di recensire sex toys. Tipico di Sophie. Di solito mi sarei fatta beffe di quella sua attività, liquidandola come frivola, e poi avrei contato silenziosamente i giorni fino a quando non mi avesse chiesto di prestarle i soldi per l’affitto. Ma mia sorella era così felice da brillare, in realtà.
La nonna aveva appena perso tutto, e pensava che fossi io ad aver bisogno di cambiare il mio atteggiamento. Questo viaggio mi stava aprendo gli occhi.
Mi diressi nella stanza che occupavo nella caverna, mi tolsi i vestiti e iniziai a riempire d’acqua la vasca da bagno di rame. I draghi – come tutti insistevano a chiamarli – avevano costruito un palazzo all’interno di una montagna. Dato che avevo lottato con le unghie e con i denti per assumere svariati appaltatori per la ristrutturazione di casa mia, ero profondamente sbalordita da quel risultato.
Ogni stanza trasudava lusso. Potere. Creava un’atmosfera.
Le pareti di quella in cui stavo io erano scoscese e color argilla, ma non era uno spazio claustrofobico. Una finestra, abilmente nascosta nel fianco della montagna, regalava una vista infinita del cielo. Il letto, su cui erano drappeggiate coperte di pelliccia, sembrava paradisiaco, i miei piedi affondavano in morbidi tappeti e la tecnologia, lì dentro, rivaleggiava con quella di casa mia.
Inclinai la testa all’indietro, realizzando per la prima volta che c’era un lucernario sopra la vasca da bagno. E che quello era un panorama da godersi in due. Non era la prima volta che mi sentivo sola, durante quel viaggio a Summerland.
Afferrai il telefono per mandare un messaggio a Sophie.
È troppo tardi per accettare il tuo invito a cena?
Non mi rispose subito, e io dovetti respingere un moto di delusione. Non potevo aspettarmi che saltasse al mio comando dopo che l’avevo respinta per trent’anni o giù di lì.
Abbiamo appena ordinato il dolce, mi disse quando finalmente rispose. La prossima volta?
Certo. Dimmi che stai mangiando qualcosa con il cioccolato. Mi consideravo una drogata di cioccolato in crisi di astinenza dopo che avevo rinunciato allo zucchero due anni prima. Mi venne l’acquolina in bocca mentre sognavo il suo dessert.
E Chance che mi imboccava.
Un brownie con gelato alla vaniglia, panna montata e una ciliegina in cima, rispose, concludendo il messaggio con l’emoji della faccina con l’aureola.
Un po’ ti odio, in questo momento.
Il cioccolato è sempre a disposizione. Vidi che stava scrivendo ancora, ma il messaggio tardava a comparire. Interessante. Sophie non usava mai giri di parole. Diceva quello che le passava per la testa e ne affrontava le conseguenze. Mi faceva rabbrividire, ma la ammiravo comunque.
Il messaggio finalmente apparve. La prossima volta posso invitare anche Chance?
Avevo voglia di cenare con quell’uomo così affascinante, che poteva anche essere un drago, e che non somigliava per niente al mio inesistente tipo ideale? Quello con gli occhi bellissimi e abile con le mani? L’uomo così legato a quella piccola città da non darmi motivo di innamorarmi di lui se avessi programmato di tornare a casa e riprendere da dove avevo lasciato?
La risposta avrebbe dovuto essere semplice. Il mio cuore stava urlando “Fallo. Di’ di sì”. Perché, allora, non riuscivo a digitare quelle tre piccole lettere?
Forse.
Capitolo due
Chance
Non perdevo di vista la scatola placcata d’oro da quando Nora Whynot l’aveva portata nella caverna. Era tempestata di gemme, e nascondeva i segreti che avrebbero cambiato la mia vita. Mio fratello aveva ucciso il primo proprietario di quella reliquia, e la seconda persona che ne era entrata in possesso era appena uscita dall’ospedale. Ora, finalmente, apparteneva al mio tuono. Feci scorrere un dito sui simboli incisi dentro il coperchio d’oro secoli prima. Avevo imparato molte lingue, nella mia lunga vita, ma il Braille non era tra di esse. Volute di fumo si alzarono dal metallo.
La leggenda di quella scatola non era una stupidaggine.
Il drago a lungo dormiente dentro di me aveva aperto un occhio assonnato. Ma possedere quella scatola non era sufficiente, da solo, a farmi mutare.
Tanner, lo storico del nostro tuono, alzò lo sguardo dal grimorio che da ore studiava attentamente. Voltava ogni pagina di papiro con riverenza. I nostri antenati avevano scritto quelle istruzioni a mano, ma nel corso delle generazioni il vero significato di quelle parole era andato perduto. Le ombre viola scuro sotto i suoi occhi non avevano nulla a che fare con l’illuminazione della caverna. Lavoravamo tutti senza sosta per decifrare il codice.
«La reliquia ha una sua energia.» Rafe fissò la scatola come se fosse la sua nemesi. Aveva trascorso gli ultimi cinquant’anni nella sua forma umana, incazzato per il fallimento dell’incantesimo d’amore di Nora. Quella magia avrebbe dovuto aiutare i draghi dell’ultimo