"SBRIGATEVI, CORRETE C'È FRANCESCO" il nome di mio fratello " AL TELEFONO".
Tutti, piccoli e grandi, invadevamo l'ingresso di casa sua, per sentire e vedere il telefono in funzione. Ci accalcavamo stretti nonostante sapessimo che solamente mio padre avrebbe afferrato la cornetta luccicante per dire poche parole, prima che i gettoni dall'altro lato, cadendo a velocità smodata, interrompessero una telefonata veramente "breve". L'evento, a causa dei costi e del disturbo alla vicina, si sarebbe ripetuto dopo almeno un mese.
Per non parlare dello sguardo sperduto del piccolo, quando gli descrivo la tv in bianco e nero senza telecomando, non proprio senza telecomando, c'ero io che al comando di tutta la famiglia la sintonizzavo su richiesta su uno dei pochi canali esistenti. Per non parlare del fatto che, sul più bello di qualunque trasmissione o partita, l'immagine trasmessa iniziava a scorrere dal basso verso l’alto dello schermo lasciando per un attimo i piedi del presentatore su e la testa giù. L'unico rimedio era colpire sul fianco la Tv come un asino che non vuole spostarsi, facendola ripartire e facendo tornare, come in un trucco di magia, il presentatore tutto intero. Ecco, i miei figli mi guardano come il dinosauro dei loro cartoni.
In questi piccoli aneddoti, che mi accingo a raccontarvi, ho incrociato, come nella vita, della gente comune come me, che generalmente suddivido in:
Persone ininfluenti: spesso non ricordi nemmeno di averle incontrate.
Cattive, con la sottospecie invidiose e arroganti, è la sotto-sottospecie peggiore, ignoranti/arroganti insieme. Perché se sei ignorante, nel senso che ignori, allora ci si parla, si discute sino a trovare un punto di incontro, ma se all’ignoranza dell'individuo aggiungi anche l’arroganza allora è finita, qualunque speranza di trovare un accordo è fallito in partenza.
Brave o buone: le quali rendono questo mondo un posto un po’ più lieto.
Per ultimo quelle Superiori, rare: quelle che se hai la fortuna di incontrare, ti aiutano a fare un salto di qualità e a vedere il mondo con occhi diversi.
Nel racconto, non potrò descrivervi solamente cosa porta dentro un immigrato, quando si trova in quello stato d’animo pessimo, simile alla Saudade come la chiamano i brasiliani, per questo mi dispiace ma dovrete emigrare. Questo stato non consiste in una semplice malinconia, ma nel malessere di non riconoscersi né nel posto da cui sei partito, né in quello in cui sei arrivato. Con gli anni questa sensazione un po’ va attenuandosi, ma personalmente, dopo vent'anni, la soffro ancora. In modo particolare, all’inizio del trasferimento, sei al nord e vorresti essere al sud, in cambio quando sei al sud vorresti essere al nord. Ti ritrovi a non sopportare i difetti di entrambi i posti in cui vivi e, contemporaneamente, ad amarli entrambi.
Capitolo primo
“Esperto in tutti i tipi di saldature”
Devo a tutti costi iniziare questo libro spiegando a cosa sottintende il sottotitolo. "Sottintende il sottotitolo?". Forse era meglio non scriverlo. Comunque, dicevo:
“Esperto in tutti i tipi di saldature”
Questa frase racchiude infatti la forza e la convinzione che si può avere solo ad una certa età, quella "GIOVANILE", la quale non è solamente una questione anagrafica, ma soprattutto la predisposizione dello spirito in quella certa parte della vita dove si guarda con illimitata speranza nel futuro come se questo non avesse fine. Ed è una frase scaturita nei giorni precedenti alla mia avventura principale da immigrato, dopo essermi recato presso quello che era, ed è, il mio settimo fratello, un piccolo grande uomo, basso, tarchiato, ex capello riccio, pizzetto nero, pelo da scimmia sulle spalle, con dentro un grande cuore da vero artista.
Io provengo da una delle ultime famiglie numerose del sud, quattro fratelli e due sorelle a cui si aggiunge l’esterno Settimo. Fortunatamente, queste mire espansionistiche Siciliane, attuate con famiglie enormi che si sperdono per l'infinito Universo, invadendo il globo, stanno terminando, adesso al massimo due figli, si guardano quasi con orrore le famiglie numerose. Provate a pensare, "nel mondo ovunque ti giri, trovi un Siciliano".
All’epoca dei fatti ero completamente diverso da Settimo, alto e magro da paura, 1,83 per 68 chili, ossatura pesante, testa leggera, con un numero, il diciassette, onnipresente nella mia vita.
Un numero né fortunato né sfortunato, solo tutta una serie di date coincidenti, come la data di nascita di mio padre, la mia lettera di partenza per il C.a.r, la data di chiamata per il militare e della partenza per il Nord, e un’infinità di tantissime altre. Essendo un ateo e un agnostico credevo fossero solo delle coincidenze fino alla mia definitiva rassegnazione, indubbiamente mi seguiva. Mi convinsi dell’inseparabilità dal numero nell’occasione della nascita della mia prima figlia. Sembrava oramai non potesse più accadere, aspettavamo il suo arrivo, mia moglie aveva una pancia talmente grande da doverla portare in giro con il carrello usato per i pacchi grandi, "mi ucciderà quando leggerà questa frase", ma bisogna essere onesti sembrava ne portasse due, poi essendo diversamente bassa e piccola sembrava posseduta da Aliens. Oramai era passato il 17 novembre ed il parto era già in ritardo, pensai non potesse essere possibile che si spingesse un mese dopo la data prevista, eppure, inesorabilmente, un mese dopo la dottoressa decise di indurre il parto, la mia prima figlia nacque il 17 dicembre.
Ma torniamo a Settimo, lavora come fabbro del ferro e dovreste vederlo lavorare davanti alla forgia, sul limite della fusione, con il martello o il maglio (grande martello
automatico), cosa ne riesce a tirar fuori. Però il suo lavoro, come succede spesso al sud, non è pienamente apprezzato e soprattutto pagato. Mi viene in mente una mostra estemporanea in cui si esibiva creando delle forme spettacolari in diretta
il suo bastone con la tazza contenente metallo fuso da immettere nello stampo, creato apposta in un’altra grande officina con il tornio numerico… versarlo su uno stampo da cui ricavava “LETTI IN FERRO BATTUTO...” Insomma, va bene non fidarsi, ma informarsi?
Adesso, quando ci sentiamo al telefono, lo trovo sempre al lavoro, spesso anche la domenica. Ah! Penso! Si fosse trasferito al nord, calcolando solamente le ore lavorate ed escludendo la specializzazione, sarebbe stato semplicemente ricco, macchina di lusso, villetta di lusso, fine settimana bianca, come un piccolo imprenditore Veneto e, invece, a furia di dover concorrere con officine dove esiste solo lavoro nero, pagamenti elemosinati e problemi burocratici, fatica a tirare il mese, nonostante sia ancora senza famiglia.
Settimo è una di quelle persone oneste che ha usufruito dei soldi per creare impresa, il famoso, “Prestito d’onore”, cifra concessa in prestito dallo Stato in parte da restituire ed in parte a fondo perduto. Ma in Italia, con le sue enormi contraddizioni, un’idea buona riesce facilmente a trasformarsi, per mancanza di controllo, in una truffa ai danni dello Stato.
In Italia esiste una regola assoluta riassunta in un proverbio Siciliano: “Futti, Futti ca poi u Stato aiuta a tutti” tradotto “Frega e ruba, che poi lo Stato aiuta tutti”.
E così successe anche in questa occasione. Tantissime persone smisero di pagare le rate del prestito e in cambio cosa accadde? “Vualà” un bel condono fiscale e tutto cancellato.
Qual è la novità? Nessuna, direte, ma sentite questa. Settimo, persona dai principi saldi, è stato l’unico o tra i pochi, che si sia impegnato per restituirlo, e così ha fatto fino alle ultime due rate, quando, per vere difficoltà economiche, ne saltò il pagamento.
Ora direte, saranno stati clementi visto che tutti gli altri non ne hanno pagata quasi nessuna e beneficiato del