La vita militare: bozzetti. Edmondo De Amicis. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Edmondo De Amicis
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066070373
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spalle a mo' di mantellina spagnola e il berretto indietro alla bravaccia; chi seduto sulle tavole, chi a cavalcioni, chi lungo disteso sulle panche, chi sdraiato sconciamente sul pavimento; gli occhi lustri, vitrei, istupiditi; le faccie accese; altri brillo, altri briaco affatto; altri sonnacchioso, altri dormente sonno profondo; qualcuno tentava di rizzarsi in piedi e ricadeva pesantemente sopra la panca; qualche altro, riuscito a levarsi su, barcollava per la stanza urtando e facendo tentennare le tavole e tremar sonoramente i bicchieri e le bottiglie; in ogni parte un gran moto di carte e di quattrini, e un trinciar l'aria colle mani a modo di scongiuri cabalistici, e grida e risate, e tutto avvolto in un denso nuvolo di fumo da restarne soffocati in dieci minuti.—Fuori! fuori!—pareva di gridare al povero sognatore;—sergente! sergente! mi noti il nome di tutti, tutti dentro, tutti ai ferri, tutti....

      In questo punto gli parve di sentirsi dietro un cigolìo come di grossa porta che si muova lentamente sui cardini; si volse, guardò attorno, e si accorse che era nel corridoio d'entrata, vicino alla porta del quartiere. Un'ombra nera si avanzava sospettosa rasente il muro, come una figura di bassorilievo ambulante; moveva due passi, si fermava, si guardava attorno, ricominciava ad andare, si fermava un'altra volta, come avesse paura; giunse alla porta, tossì, strisciò i piedi, ed ecco sul limitare della porta del corpo di guardia un'altra figura, come la prima, circospetta e guardinga. Si scambiarono poche parole sommessamente; la porta s'aperse adagio adagio, uno di que' due spari.—Ah! lo riconobbi,—pensò il sognatore, il sergente dell'ottava.—E si volse e ne vide un altro. Dietro a questo un terzo. E poi un quarto. Il sergente della quinta. Il furiere della sesta. Il furiere della terza.—Ah! traditori!—sognò di gridare—alla sala tutti! tutti alla sala! sergente di guardia! sergente....

      In questo momento gli parve di dar della mano contro qualche cosa di cedevole e di lanoso. Si volge; è un letto. Dietro a questo un altro, e poi un altro, e un altro ancora, una lunga fila di letti. Guarda intorno e s'accorge d'essere in un dormentorio; un lumicino in fondo al camerone rischiarava velatamente gli oggetti; tutto taceva; si sarebbe sentito volare una mosca. All'improvviso uno dei dormenti comincia a russare, dapprima leggermente, poi più forte, poi in un modo da farsi sentir nella strada. Qualcuno si sveglia. Un vicino tende le braccia, sbadiglia, si frega gli occhi e scappa fuori a dire:—Ohè! non potresti dormire un po' più da cristiano?—Niente, non se ne dà per inteso.—Hai capito di dormire un po' più da cristiano?—gli urla più forte il vicino. Niente; gli è come parlare al muro.—Corpo di una bomba!—esclama questi saltando giù dal letto, ora t'aggiusto io.—Se gli avvicina, lo afferra per ambe le braccia e gli dà una scossa così gagliarda che ne trema il suo letto e quello dei vicini. Il russatore si scuote, si desta, intravvede, comprende, un calcio alle coperte, un grido, un salto, è in piedi col guanciale nelle mani, e giù sulla nuca all'importuno una botta da orbo. Questi gli rende la pariglia; il primo incalza; un terzo accorre in sostegno del più debole; un quarto vola in difesa del primo; s'impegna la zuffa; tutti balzan dal letto; cresce il baccano; il lume si spegne; le schiere si confondono; un vetro è andato in pezzi; un altro; gli zaini vengon giù dalle assicelle, le lenzuola giù dai letti, i fucili giù dalle rastrelliere.... Il povero sognatore stordito, convulso, cieco d'ira, sta per mandar fuori un grido poderoso che copra quel frastuono d'inferno e inarca la persona per slanciarsi in mezzo alla mischia....

      In quel punto sentì bussare gagliardamente alla porta, e gli parve che una voce lo chiamasse per nome. Palpitante, esterrefatto, tutto grondante di sudore, si levò faticosamente a sedere, tese l'orecchio, trattenne il respiro.—Tenente! tenente! il capitano d'ispezione,—disse un'altra volta quella voce.

      —Dio mio! presto, le calze, le calze; dove sono le calze? No, non importa; i calzoni.... dove sono? Ah! eccoli.... presto. Le scarpe, ih! non possono entrare; su, su, su, ci sono. La tunica; un braccio, un altro.... la tunica c'è. La sciabola.... Ma dov'è in nome di Dio questa sciabola? La sciarpa, adesso, la sciarpa, va a trovare la sciarpa.... Eccola qui; ah! finalmente....

      E così vestito alla carlona, colla tunica sbottonata, senza calze, senza cravatta, senza mutande, s'avventò trafelando alla porta, l'aperse, guardò intorno e lo vide.... Vide il capitano d'ispezione, dritto, immobile, rigido, colle braccia incrociate sul petto e la tesa del berretto calata sugli occhi e gli occhi scintillanti sotto le sopracciglia aggrottate come due carboni roventi.

      —Ha fatto la ronda?

      . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

      Ora io domando: è peggio fare un sogno di questa sorte, o buscarsi una scalmana facendo la ronda, od anco dare una stincata in qualche letto allo scuro? Io sono per la stincata e per l'infreddatura. E credo che la più parte dei lettori siano con me.

       Indice

      Una sera, sul cadere di ottobre del mille ottocento sessantasei, un reggimento di fanteria venne colto a mezza marcia fra San Donnino e Piacenza da un così furioso acquazzone, che in pochi minuti i soldati furon fradici fino all'ossa, e la via diventò tutta un pantano. Potevano essere le nove della sera. I soldati, ravvolti il capo e le spalle nelle coperte da campo e nelle tele da tenda, tiravano innanzi lentamente e stentatamente, e nessuno parlava. Dopo un breve tratto di via il reggimento si fermò; la maggior parte dei soldati si coricarono per le prode dei fossi e presero sonno; gli altri si ripararono sotto gli alberi che fiancheggiavano la strada.

      Tonava e lampeggiava maledettamente. Cessata la prima furia del temporale, s'era levato un vento a folate che spingeva di traverso una pioggia minuta e fredda da cui non v'era modo di schermirsi la faccia per quanto la s'imbacuccasse colla coperta da campo e col bavero del cappotto. A poca distanza dalla strada appariva tratto tratto, rischiarata dai lampi, una bella e signorile villetta, e fra questa e la via un piccolo giardino a scompartimenti e ad aiuole, sparso di mortelle e di vasi di fiori. Fra lampo e lampo, si vedeva muovere l'ombra di due persone sulle tendine di una finestra illuminata.

      In quella stanza, stava raccolta in quell'ora la famiglia d'un ricco possidente piacentino, il quale soleva ogni anno protrarre la villeggiatura fino alla fine d'ottobre, in compagnia dei suoi figli e di una sua sorella vedova, attempata, bizzarra, e con certi fumi di boria patrizia pel capo; ma, in fondo, di buona indole e di buon cuore. Il salotto era mobiliato riccamente e illuminato da un'elegante lampadario appeso alla vôlta. Due bei bimbi si baloccavano attorno alla tavola da pranzo; un giovanetto leggeva un giornale in un canto; dall'altro lato due ragazze di diciotto in vent'anni sedevano davanti a un tavolino da lavoro discorrendo col fratello maggiore; il babbo e la sorella in piedi accanto alla finestra erano assorti in una conversazione animata.

      —Con vostra buona pace—brontolava la sorella—io non partecipo nè punto nè poco ai vostri sacri entusiasmi.

      —Tanto peggio per voi; avrete molte consolazioni di meno.

      —Belle consolazioni! Guardate la vostra campagna in che stato vi si è ridotta con questo continuo passar di soldati. Ci siete stato nelle vigne?

      —Ci son stato; e per questo? Potevano fare assai peggio. Già, più d'un grappolo per uno credo che non n'avranno preso, perchè da una mano debbon tenere il fucile, e nello zaino l'uva non ce la possono mettere senza sciuparla.

      —Allora tanto valeva invitarli a rubare.

      —A servirsi, volete dire; era inutile.

      —Sarebbe stato più generoso.

      —....È vero, e mi pento di non averlo fatto.

      —Mi fate dispetto.—

      Il fratello si mise a ridere.

      —Sicuro che mi fate dispetto, perchè, scusatemi, avete una filosofia senza sugo. Bene, sì, ammetto, sono soldati, difensori della patria, martiri, eroi, tutto quel che vi piace, tutto quel che volete; amiamoli, incensiamoli, idolatriamoli, passi anche questo; ma da lontano, Dio mio! da lontano e in complesso. Tutto l'esercito insieme lo rispetto anche io; ma i soldati uno per uno, poi.... In fin dei conti non son altro