Invano cercava di frapporre fra sè e l'almea delle tenebre, invano ritorceva i suoi sguardi portandoli su Elenka, invano mormorava il caro nome della greca, invano sforzavasi di frenare i tumultuosi battiti del suo cuore, invano richiamava alla mente le sinistre e minacciose parole di Notis. Egli vedevasi sempre dinanzi la superba immagine dell'almea col fucile in mano, come l'aveva veduta in mezzo alla pianura puntare calma e terribile il leone che volteggiavale d'intorno; parevagli di sentirsela ancora fra le braccia col capo appoggiato dolcemente al suo petto, trasportato sul dorso del veloce mahari coi capelli neri e profumati attorcigliati al collo; parevagli di ascoltare il debole suo respiro, il battere del suo cuoricino, il fremito delle sue membra, e provava emozioni violente, sconosciute, ignote, voluttuose, e sentivasi il sangue turbinare più rapido nelle vene, un fuoco strano accendersegli nel petto, fuoco che mettevagli la febbre indosso, fuoco che prendeva proporzioni gigantesche, che divorava e la memoria di Elenka e quella di Notis.
—Fathma! Fathma! mormorò egli sospirando. Tu hai fatto nascere nel mio cuore una passione che cancellerà quella della povera Elenka! Una passione che mi mette paura, una passione che mi fa tremare!…
Si levò dal tronco d'albero girando uno sguardo indagatore sul campo come se cercasse di scoprire colei che avevagli acceso in petto una scintilla d'un amore sconfinato. I suoi occhi si fissarono su d'un uomo, un capitano dei basci-bozuk, che lo guardava sorridendo quasi beffardamente.
—Olà, che diamine te fai qui, solo soletto e pensieroso, gli chiese il capitano, incrociando le braccia sul petto con aria comica. È un bel pezzo che sono qui a guardarti, curioso di sapere come l'avresti finita.
—Ah! Sei tu, Hassarn? disse Abd-el-Kerim, ricomponendo la faccia tetra.
—In carne e in ossa, amico mio, rispose il capitano.
—Che vuoi da me?
—Che m'accompagni alle foreste del Bahr-el-Abiad per far ritornare quella compagnia di basci-bozuk, che abbiamo lasciato in un zeribak. Sono stati segnalati dei ribelli, e non vorrei che quei poveri diavoli venissero qualche notte massacrati.
—Ah!… Sono con te, Hassarn.
—Prendi la tua carabina e affrettiamoci a metterci in cammino.
Viaggiare di notte in simili tempi non è prudente.
Abd-el-Kerim esitò, poi raccolse la carabina che aveva posata sulla palma e seguì senza dir sillaba Hassarn, che si era già messo in cammino. Si fermò venti volte prima di uscire dal campo, ora guardando il villaggio d'Hossanieh e precisamente la casupola di Fathma e ora la tenda del greco ermeticamente chiusa.
Il capitano dei basci-bozuk prese un sentiero aperto in mezzo a un campo di dùrah che conduceva alle grandi foreste del Bahr-el Abiad; Abd-el-Kerim gli si mise dietro, ma senza quasi sapere ove andasse e col pensiero fisso a tutt'altra cosa che alla compagnia dei basci-bozuk.
—Ehi! Abd-el-Kerim, gli chiese Hassarn, dopo qualche tratto di cammino. Che diavolo hai che sei muto più d'un pesce?
—Nulla, rispose l'interpellato seccamente.
—Penseresti per caso, a quella bella ragazza che hai condotta questa notte nel campo?
Abd-el-Kerim trasalì e lo guardò sorpreso.
—Come sai tu questo?
—Bah! fe' Hassarn, alzando un braccio come uomo che la sa lunga. Credi tu che escano ed entrino nel campo persone senza che io lo sappia? Ti dirò che tu sei arrivato in compagnia di Notis e che la bella almea riposava fra le tue braccia. Dove sei andato a pescare quella urì?
—La trovai venendo da Machmudiech, nel momento che un leone stava per assalirla. Perdette lo schiavo e il cammello, perciò la feci salire sul mio.
—Sulle tue braccia, corresse maliziosamente Hassarn.
—Come vuoi.
—E tu uccidesti il leone?
—Puoi immaginartelo.
—Sfido io! Si trattava di far vedere la propria valentìa dinanzi a
Fathma.
—Fathma? La conosci forse tu?
—E da molto tempo, Abd-el-Kerim.
—Chi è? da dove viene? Dove va?
—Corri come i miracoli di Mohammed. Ti dirò innanzi a tutto che è un'almea dagli occhi che paiono diamanti neri, dai piedi lunghi come un petalo di rosa e che ha le mani più piccole di una urì del Profeta.
—Lo so, e poi?
—E poi non ne so di più. Ti interessa molto quell'adorabile creatura?
—Molto, rispose Abd-el-Kerim con slancio appassionato.
—Oh! esclamò Hassarn. Avresti per caso dimenticata la bella Elenka?
—Non parlarmi di lei, Hassarn.
—Bada, che Elenka è una iena.
—Ed io un leone! rispose fieramente l'arabo.
Il capitano gli si avvicinò e ponendogli amichevolmente una mano su di una spalla:
—Abd-el-Kerim, disse. Tu questa notte hai avuto di che dire con
Notis.
—Mi spiasti, Hassarn?
—Il campo ha orecchi e occhi. Se non vuoi dirmelo tu, ti dirò che ronzavate tutti e due attorno a una casupola e che questa casupola era l'abitazione di Fathma, poichè fu vista entrare. Sareste rivali?
Abd-el-Kerim non rispose. Egli era diventato improvvisamente cupo.
—Non rispondi, ma leggo nel tuo cuore come legge il Profeta e forse più, Abd-el-Kerim.
—E che leggi?
—Amore, amore e amore per…
—Per chi?
—Per Allah! Amore per Fathma!
—Zitto imprudente, mormorò l'arabo guardandosi sospettosamente attorno.
—Confessi adunque che io lessi giusto.
—Non posso negarlo. Amo Fathma.
—Ed Elenka? E Notis?…
—Cancello l'una e aborro il secondo che minaccia diventare mio rivale!
L'arabo fece un gesto di spavento. Avrebbe voluto riafferrare e ricacciare in gola quelle parole uscitegli imprudentemente dalle labbra. Sentì una fitta al cuore; chinò il capo sul petto e sospirò.
—Povero Abd-el-Kerim! esclamò Hassarn.
—Non compiangermi!… Ah!…. Se tu sapessi qual lotta ferve nel mio cuore! disse ferocemente l'arabo. Quale mai delle due?
—Tu pensi ancora ad Elenka, adunque?
—Forse. Non so, per quanto mi sforzi, non riesco a cancellarla totalmente. L'ho sempre dinanzi agli occhi, bella, divina…. Eppur non l'amo!
D'un tratto si arrestò, afferrando bruscamente la carabina. Erano allora arrivati sul limitare della grande foresta che si estendeva a perdita d'occhio dal sud al nord, seguendo il tortuoso corso del Bahr-el-Abiad.
—Che hai? gli chiese Hassarn, armando per ogni precauzione una pistola.
—Abd-el-Kerim si guardò d'attorno con circospezione, figgendo l'acuto suo sguardo sotto gli alberi che strettamente uniti toglievano quasi la vista.
—Mi sembrò d'aver udito un fruscio