quei della palude pingue,
Che mena il vento e che batte la pioggia
E che s’incontran con sì aspre lingue,[24]
e tre da vedere in tre cerchietti; la seconda tre già vedute, i rei del triforme amor del male, e quattro ancora da vedere, i rei di lento amore e di amore che troppo s’abbandona; che insomma l’una ha dietro sè quattro peccati e tre innanzi, e l’altra quattro innanzi e tre dietro; e che è fuor di dubbio che alle due spiegazioni tre sono comuni di questi sette peccati. Nove sono nell’inferno i gironi, ma i peccati di cui ragiona Virgilio, sono sette. Sette e non più, sette come quelli del Purgatorio.
IX.
Non è dunque assurdo tenere sin d’ora che la lezione dell’Inferno lascia qualche cosa da meditare al discente. È compiuta quella del Purgatorio? No; e noi potremo da ciò confermare la nostra opinione su quella dell’Inferno. Non è compiuta; e questa volta (per qual ragione se non perchè Virgilio non è più per essere con lo scolare dopo visitato il Purgatorio?) questa volta Virgilio ne ammonisce Dante:
Quanto ragion qui vede
Dirti poss’io; da indi in là t’aspetta
Pure a Beatrice, ch’opera è di fede.[25]
Che sia ciò che la ragione non vede e che solo Beatrice può dire, è accennato più sotto quando, dopo aver discorso della ‛virtù che consiglia, Che dell’assenso de’ tener la soglia’, donde in noi cagione di meritare, conclude:
La nobile virtù Beatrice intende
Per lo libero arbitrio, e però guarda
Che l’abbi a mente, s’a parlar ten prende.[26]
E Beatrice in vero gliene parla nel Paradiso (V 19) per affermare la nobiltà di essa virtù, che è il maggior dono che Dio fece agli uomini. Tuttavia sappiamo che in Dante era un dubbio; un dubbio che si riporta più alle parole di Virgilio, che a quelle di Beatrice; a ciò che egli dice
Quest’è il principio, là onde si piglia.
Ragion di meritare in voi.[27]
Non dubita Dante che noi non abbiamo facoltà di accogliere e vigliare buoni e rei amori: no; la spiegazione filosofica lo appaga nè d’altro richiede Virgilio. Ma ciò che a Virgilio avrebbe domandato invano e che perciò tacque, è cosa fuori di questa libertà di accogliere e vigliare, è oltre la filosofia e la ragione. Tutti hanno sì il libero arbitrio, e perciò cagione di meritare: or come alcuni e molti anzi, accogliendo tutti i buoni amori, non riuscirono e non riescono a meritare? Questo è il dubbio che Dante confessa di avere concepito, secondo la finzione poetica, a questo ragionamento di Virgilio, che ammonisce di non poter dire se non quanto ragion vede: questo
il gran digiuno
Che lungamente m’ha tenuto in fame,
Non trovandogli in terra cibo alcuno.[28]
Dante non ha bisogno di esprimerlo: l’Aquila lo solve e poi lo rivela:
tu dicevi: Un uom nasce alla riva
Dell’Indo, e quivi non è chi ragioni
Di Cristo, nè chi legga, nè chi scriva;
E tutti i suoi voleri ed atti buoni
Sono, quanto ragione umana vede,
Senza peccato in vita o in sermoni.
Muore non battezzato e senza fede;
Ov’è questa giustizia che il condanna?
Ov’è la colpa sua, s’egli non crede?[29]
Il dubbio di Dante è sciolto. Io non devo osservare altro, se non che questa risposta dell’Aquila alla pensata domanda del discepolo, è fatta, quando ad esso resta salire in tre sfere, Saturno, Stelle fisse, Primo Mobile; non contando l’Empireo, che tutte le comprende. Così nell’Inferno dopo la esposizione di Virgilio, Dante ha tre cerchietti da visitare. E sebbene nove gironi abbia l’Inferno, abbiamo veduto come tra esso e il Purgatorio che ha sette cornici, sia un’esatta proporzione di parti. Non sembri dunque che sì fatta corrispondenza sia compromessa dal numero nove delle sfere. Nove, ripetiamo, gironi ha l’Inferno, ma nella esposizione sua Virgilio non parla se non di sette peccati. E in vero i peccati dalla filosofia cristiana furono ridotti a sette. Nel Purgatorio Virgilio li fa discendere da una causa sola: l’amore che erra o per malo obbietto o per poco vigore o per troppo nel